Anna Lombroso per il Simplicissimus
Per mesi superciliosi chiosatori del primo libro dei Grundrisse di Marx, opinionisti dediti a sofisticate speculazioni sulla fine suicida del capitalismo e sulle possibilità di redenzione armata delle masse sfruttate, pronti a guidarle una volta materializzatosi un focoso blocco sociale, si sono consacrati con solerte determinazioni a dimostrare come il green pass possedesse le medesime finalità sociali e di tutela della patente, a salvaguardia della salute pubblica minacciata dal morbo ma ancora di più da disobbedienti sobillatori, incresciosi trasgressori che volevano persuadere la collettività dei rischi insiti in uno strumento di controllo della legalità e di conferma della volontà di osservare regole ispirate alla responsabilità civile e sociale.
Era il loro modo di sottoscrivere i comandi imposti da uno stato di eccezione, scandito da una serie di prese di posizione del ceto incaricato di portare acqua all’establishment arrivato perfino alla promozione di inediti appelli a sostegno di governi e capi del governo, a esibizioni grottesche di conformità al pensare di regime corredate dalle foto dell’avambraccio simbolicamente trafitto e così via. E era anche una maniera aggiuntiva di occupare lo spazio pubblico minacciato da rozzi fermenti dei margini, che avrebbero ostacolato le magnifiche sorti e progressive della scienza “applicata” alla farmacopea, cui aderire senza remore per garantire un futuro medicalizzato assicurando la difesa da ogni possibile morbilità In realtà, che servisse a ratificare differenze, disuguaglianze e discriminazioni si capiva subito a vedere con che entusiasmo veniva offerto alla “vidimazione” virtuale, a conferma dell’appartenenza del possessore alla maggioranza dei cittadini responsabili, intellettualmente e socialmente superiori, abilitati a lavorare, produrre, farsi sfruttare in qualità di capitale umano insieme ai loro figli dei quali veniva automaticamente riconosciuto il diritto allo studio, alla palestra all’Erasmus, con viaggi e gite non solo virtuali nella classe allestita come il pullman per assisi
Ai dissidenti restava di interpretare il ruolo di rappresentanti di un pensare irrazionale, rozzo, arcaico e barbaro, come è inevitabile sia quello di soggetti da Tso, posseduti dai demoni di una cospirazione. Eppure già da un bel po’ si era capito quali sarebbero stati i fertili sviluppi di quello strumento di misurazione dell’idoneità a essere bravi cittadini, della sua trasformazione in tessera a punti da far vidimare per guadagnarsi con fidelizzazione e obbedienza il riconoscimento delle prerogative di appartenenza e delle opportunità che comporta: somministrazioni discrezionali, vaccini, acquisti online, movimenti interni e esterni, coerenti con i canoni del cosmopolitismo che impone mete turistiche e di studio, senza contare la tempestività di pagamenti e il godimento delle occasioni offerte dal sistema finanziario, impiegando l’unico nostro status che interessa al sistema dominante, quello di “dati” da far circolare a scopo commerciale e di controllo, da intercettare per vendere informazioni su desideri, atteggiamenti, comportamenti e inclinazioni e per rendere fertile la sorveglianza, distinguendo il bacino dei profittevoli obbedienti dai target molesti di disobbedienti, ribelli e eretici. Come al solito si è imposto il modello emiliano, quello progressista e riformista: i cittadini virtuosi di Bologna sono beneficati da un’app per pc e cellulari “che offre più servizi di quelli in presenza”, informando in tempo reale sulle opportunità della “mobilità intelligente” che consente di sopravvivere ai cantieri dei prossimi anni (tram e Passante innanzitutto), in grado poi di svilupparsi «premiando» i meritevoli con “agevolazioni e scontistiche”. E poi lo smart citizen wallet, il « portafoglio del cittadino virtuoso», un sistema di raccolta punti come le tessere fedeltà della Coop, grazie al quale il bolognese scrupoloso e dotato di superiore senso civico otterrà un riconoscimento “se differenzia i rifiuti, se usa i mezzi pubblici, se gestisce bene l’energia, se non prende sanzioni dalla municipale, se risulta attivo con la Card cultura”.
Anche l’Aper è sul campo con l’adozione “di una patente a punti sul modello del credito sociale cinese, per gli inquilini assegnatari delle sue unità immobiliari. Dal 19 marzo è stata assegnata una carta a punti agli inquilini, che hanno un bonus iniziale di 50 punti per ogni nucleo familiare. I punti aumenteranno o diminuiranno a seconda del comportamento dei componenti del nucleo. Ad esaurimento dei punti, decadrà il diritto ad avere l’alloggio, con conseguente sfratto”. Adesso tocca a Venezia, investita dal processo di riconoscimento di diritti e doveri in merito al suo uso e abuso. Per entrare in città, dal 16 gennaio ci si dovrà equipaggiare di un Qr-code, “comodamente scaricabile” dall’ apposito portale del Comune – che attesterà di aver pagato il nuovo contributo d’accesso o di esserne escluso o esentato. Lo dovrà fare l’avvocato che arriverà per un’udienza negli uffici giudiziari lagunari: anche se escluso dal pagamento, per motivate ragioni di lavoro, dovrà comunque munirsi di codice.
Lo dovrà fare anche il veneziano che volesse ospitare a casa degli amici stranieri e un parente come me, la cui famiglia ha scelto Venezia come porto sicuro da persecuzioni nel 1492. Secondo la Giunta si tratta dell’estremo tentativo di contrastare l’overtourism, governando i flussi della marmaglia con berrettino e guida con l’ombrellino e premiando invece con sconti e facilitazioni i visitatori che portano quattrini, che comunque vivono la loro vacanza in enclave romite e solitarie. Non so voi ma io sospetto che presto l’uso si estenderà a tutti i centri storici, per selezionare gli ingressi a tutela del decoro e della quiete di chi ha e vuole sempre di più, scoraggiando chi avrebbe diritto e pretende il suo riconoscimento.