Anna Lombroso per il Simplicissimus

Quando due mezze tacche si mettono insieme invece di farne una intera, producono danni doppi. Peggio che mai se due, affetti da narcisismo e megalomania da piccoli napoleoni, aspirano ad entrare nel Pantheon continentale grazie alla firma congiunta di un trattato  bilaterale, a imitazione di quello siglato un tempo (1963) da  De Gaulle ed Adenauer, agli albori della Comunità europea, taroccato come una Louis Vuitton  nel 2019 con il patto di Aquisgrana tra Francia e Germania.

Ieri mattina nel cieli di Roma sfrecciavano aerei militari e ronzavano gli elicotteri per garantire la sicurezza dell’augusto ospite, in attesa della cui visita, si dice, sarebbero state testate le misure di sostegno all’occupazione dei netturbini, impegnati a rimuovere cumuli di rifiuti che avrebbe offeso la sua vista e macchiato la nostra reputazione.

I tempo sono difficili e malgrado le elevate aspettative del tirannello francese si è ritenuto di non sventrare i Fori per dare la degna cornice al passaggio dei due, sotto una copiosa pioggia attribuibile di certo ai novax, che avrebbe scompigliato il riportino di Monsieur le Président suscitando ormai le sue proverbiali reazioni isteriche.

Così la messa in scena del patto d’acciaio de noantri si è svolta serenamente senza intoppi e secondo il copione già annunciato da mesi all’insegna del “tu fai un favore a me io faccio un favore a te”.

Un proverbio francese recita “cousinage fait mauvais voisinage”  e c’è da temere  che Draghi guardi con ammirata invidia e spirito di emulazione ai cugini d’oltralpe per realizzare l’auspicio del Giorgetti con la felice sintesi delle due autorità in un’unica incarnazione presidenziale. Quanto al reuccio, si sa che non perde occasione per un red carpet che metta qualche pezza a colori sulla sua immagine compromessa dalla resa alle proteste popolari, per rammentare un ruolo assunto da qualche tempo, quello di interpretare e capeggiare le  richieste del gruppo latino-mediterraneo compatibilmente comunque con la corretta manutenzione della tradizionale asse franco-germanica.

Ed è evidente che tutti e due condividono la stessa ambizione, la leadership post carolingia del piccolo impero in declino orbato della Merkel, contattata telefonicamente durante il meeting forse su Wa, e  segnato dai complessi di due personalità distruttive che guardano al loro tristo trionfo ergendosi sulle rovine comuni della gestione pandemica.

È che poco ci vuole a indovinare quale sia l’asta che li tiene dritti, impettiti fino a sfidare il ridicolo, è quella hybris demoniaca che possiede i mediocri e che li spinge a ripetere i “luoghi comuni” delle tirannie: colonialismo, oggi declinato anche nell’occupazione militare dei corpi, imperialismo, anche nella versione interna che promuove realtà territoriali e industriali strutturate e potenti a danno di periferie e soggetti marginali condannati a essere cannibalizzati e sparire, militarizzazione della società anche grazie a derive discriminatorie e repressive, autoritarismo esercitato anche nella nuova forma della medicalizzazione forzata, razzismo e xenofobia che si manifestano secondo le regole della correttezza politica, predicando integrazione e assimilazione quando serve un esercito di riserva che si metta in competizione con i lavoratori locali e siglando patti infami con tiranni sanguinari quando li si aiuta a casa loro grazie alla cooperazione allo sviluppo, si, ma di corruzione e sfruttamento predatorio.

E basta guardare quello che succede con i migranti   al confine tra la Polonia e la Bielorussia,  per capire che (ne ha scritto il Simplicissimus qui: https://ilsimplicissimus2.com/2021/11/19/bruxelles-berlino-il-folle-asse-del-freddo/)  se perfino Prodi li vede come le vittime del “duello sull’energia”.

I siriani, gli afgani e gli irakeni che prima venivano contesi come rifugiati eccellenti buoni per la pubblicità progresso (anche se poi si foraggiava generosamente  la Turchia per tenerli nei lager o conferirli in Grecia) adesso nessuno li vuole più, adesso che l’Europa irriformabile ha altro cui pensare a cominciare dallo shopping compulsivo di energia extra-russa, per finire ai debiti che continua a contrarre con la Nato, militari, commerciali e “morali”, quelli dei doppiogiochisti che  reclamano il riconoscimento della loro superiore sovranità regionale continuando a fare sissignore comprando armamenti obsoleti, assicurando sostegno, risorse e uomini per tutti gli Afghanistan presenti e futuri, allo scopo di assicurarsi protezione sotto l’ombrello atlantico per sporche  operazioni commerciali salvaguardate da occupazioni e spedizioni militari in Africa.

Orgogliosamente la Farnesina ha definito l’accordo tra i due napoleoncini “pazzesco”, perché secondo Draghi  “Segna un momento storico delle relazioni” con la creazione, lo dice Macron “di una visione geopolitica comune, anche su Difesa, sicurezza, immigrazione”.

Invece, niente di nuovo sul fronte occidentale, a meno che non rappresenti una novità il peggioramento dei vincoli comunitari : “Le regole di bilancio in vigore fino alla pandemia, già allora non erano sufficienti, erano regole procicliche che per certi aspetti aggravavano il problema invece di aiutare a risolverli”, ha minacciato Draghi annunciando la necessaria, inevitabile “revisione” del patto di stabilità basata sui numeri della maggioranza dei Partner latino-mediterranei. O l’impegno a realizzare una “difesa europea comune più forte che contribuisca alla Nato  grazie alla costituzione di una nuova forza armata di pronto intervento europea con seimila effettivi tra esercito-marina-aeronautica, che dovrebbe contribuire non solo simbolicamente a tutelare la sovranità regionale e a sostenere quella “cooperazione rafforzata”, indispensabile  “nella lotta contro le migrazioni illegali e i trafficanti  e per proteggere le frontiere esterne dell’Europa”.

“Siamo alleati nelle grandi sfide mondiali, dalla gestione della pandemia alla lotta al cambiamento climatico…. I nostri obiettivi sono la transizione ecologica, la transazione digitale, la ricerca di una sovranità europea”, ha proclamato l’ex marinaretto del Britannia che di sovranità “sovranazionale” se ne intende avendo contribuito a cedere quella patria ai potentati trasversali del mercato, finanziario e di rapina, quello in cui primeggia ancora la Goldman Sachs,  di cui Mario Draghi è stato vicepresidente.

Si proprio quella che ha avviato una straordinaria  operazione speculativa insieme alle principali banche europee per superare la fase delle sanzioni, intraprendendo quella delle concessioni di “fondi fedeltà” ai paesi che si prestano all’atto di fede nell’«Indice ESG: Ambiente, Società, Governance», che stabilisce i comandamenti cui attenersi per contrastare la catastrofe climatica e adottare “comportamenti virtuosi” sui temi del rispetto dei diritti umani, quelli garantiti da uno dei soggetti che hanno identificati criteri e requisiti dell’Indice, il Dipartimento di Stato Usa.

In questo incontro dove hanno fatto da padroni l’uso istituzionale della menzogna e dell’ipocrisia di Stato e l’abuso di parole d’ordine e slogan “umanitari”, a coprire l’intento di guidare la realizzazione di un ordine pubblico comune basato su una comune repressione e una comune sorveglianza «per sostenere le forze dell’ordine in funzione di obiettivi comuni, in particolare nella gestione di grandi eventi e per contribuire a missioni internazionali di polizia», esemplarmente anticipato dalla istituzione comune di un persecutorio Green Pass, non sono però mancate alcune notazioni di irresistibile comicità.

All’elencazione dei padri fondatori dell’Europa, Jean Monnet e Robert Schuman, Altiero Spinelli e Alcide De Gasperi, il nostro Presidente del Consiglio non ha resistito ad aggiungere insieme a Stendhal e Umberto Eco, Mastroianni,  Belmondo e Claudia Cardinale, rappresentanti di un amore per la nazione sorella testimoniato da rotocalchi e rubriche di gossip. E allo scopo di favorire il fertile scambio cosa hanno pensato le ancora più fertili immaginazioni delle due diplomazie? È semplice, l’Erasmus dei ministri:  è stato proprio il Draghi creativo fino alla visionarietà ad annunciare  la nascita di «un meccanismo per cui, almeno una volta ogni trimestre, un ministro italiano parteciperà a un consiglio dei ministri del governo francese, e viceversa».

Così a beneficio di chi esibisce le citazioni storiche sul profilo, voglio ricordare il leggendario moto d’orgoglio del Generale Cambronne a Waterloo: “Merde”!