L’immagine di apertura è davvero impressionante perché unisce due eventi separati da mezzo secolo e da migliaia di chilometri, ma uniti da un’iconografia quasi identica, quella della fuga in elicottero degli occidentali e del personale locale reclutato per tenere insieme i regimi fantoccio a Kabul a sinistra e a Saigon a destra. Due sconfitte molto differenti per tanti versi e che tuttavia hanno in comune lo smacco subito dal modello occidentale che non è riuscito a a fare breccia anche perché  è stato accompagnato da stragi e da distruzioni che ne hanno messo a nudo l’anima di rapina che noi facciamo fatica a cogliere dall’interno benché tantissimi siano ormai rapinati di diritti e di libertà vuoi a causa di sedicenti “leggi dell’economia”, vuoi  a causa di epidemie narrative. Le conseguenze della prima sconfitta furono il decollo dell’Asia orientale e soprattutto della Cina non più completamente circondata da colonie di Washington, quelle di questo nuovo smacco vogliono dire la perdita dell’Asia centrale. dell’Hearthland come viene chiamato tradizionalmente dai geopolitici anglosassoni che è ormai una questione di  Russia, Cina, Iran e anche India. Questo lo capiscono tutti, salvo i bene informati che ci vengono a dire che i Talebani sono stati favoriti nella conquista del Paese in poche settimane per far un favore al Pakistan che è il Paese chiave sul quale può far perno l’occidente. Ed è forse vero che Islamabad vede con favore un ritorno dei Talebani al potere per evitare una possibile  guerra di indipendenza della regione Pashtun, tuttavia sarebbe stato molto più contento se l’occupazione occidentale avesse avuto qualche altro effetto oltre  l’odio perché questo avrebbe smussato il problema che invece con i talebani rimane tutto in campo.

Ma lasciamo perdere queste sciocchezze alla Limes che appunto trasporta tutto il  limo fangoso del pensiero unico come dell’eccezionalità Usa e della condizione subalterna del nostro  Paese il quale anche in questa occasione ha voluto mettere in mostra un po’ di grottesco visto che in pieno stile coloniale si è portato  dietro 228 afgani che hanno collaborato con noi che a nostra volta eravamo lì solo e soltanto in quanto colonia degli Usa ad occupare militarmente il Paese e dunque con un ruolo attivo anche se non diretto nella sua distruzione. L’ultima volta che questo è accaduto è stato con il generale Graziani, autore peraltro della più grave sconfitta militare mai subita all’Italia, cosa per la quale gli è stato anche dedicato un mausoleo con l’approvazione di un qualche sindaco demente .

La verità è che il governo fantoccio di Kabul  era corrotto fino all’estremo limite così come l’esercito di 400 mila uomini, armato dagli Usa che avrebbe dovuto difenderlo, che l’odio verso gli stranieri era diffuso ad ogni livello, che anche chi aveva collaborato sperando in riscatto del Paese dalla arretratezza era totalmente disilluso e negli ultimi tempi dopo le dichiarazioni di abbandono si è per giunta sentito tradito: per questo nessuno ha fatto la minima resistenza. Ciò che davvero stupisce quelli che si abbeverano acriticamente  alla stampa occidentale e alle sue sciocche demonizzazioni è che in queste ore la vita a Kabul scorre normalmente, i telefoni cellulari funzionano, internet funziona, i negozi e i ristoranti sono aperti, il traffico è normale e i talebani hanno preso possesso della città senza sparare un solo colpo, senza uccidere o ferire nessuno, semplicemente sostituendosi al regime fantoccio svanito nel nulla e concedendo  un’amnistia generale. Solo gli Usa a questo minacciano ancora bombe, comme d’habitude, non avendo ormai che quelle e non  avendo mai spesso uno spicciolo per la ricostruzione e la rinascita del Paese che hanno distrutto. Adesso invece ci sono già molti piani di investimento con la Cina che si è impegnata a ricostruire e a sviluppare le infrastrutture e di certo non ha paura ad investire a fondo perduto visto che l’ ‘Afghanistan collega l’Asia orientale, l’Asia meridionale, l’Asia centrale,  la Russia e  l’Eurasia,  è insomma uno snodo essenziale per il futuro.