Anna Lombroso per il Simplicissimus

Uno rivendica, sia pure compostamente,  sul blog Carmilla, sottotitolo “letteratura, immaginario e cultura d’opposizione”:  non sono mai andato nelle piazze no vax, non è il mio contesto o il mio lessico, arruolandosi senza remore nell’esercito di quelli che usano il termine negazionista per definire chi contesta i dati ufficiali contraddittori, le statistiche inattendibili e le conseguenti misure di repressione che nulla hanno a che fare con principio di precauzione o tutela sanitaria, o di quelli che mettono insieme chi non vuole sottoporsi a nessun vaccino con quelli che hanno fatto un ragionevole calcolo del rapporto rischi benefici della somministrazione del prodotto anticovid, o con quelli che, pur avendo denunciato da anni l’assoggettamento della comunità scientifica alle leggi della produzione e del mercato, offrono legittimazione alle misure di emergenza nel contesto di uno stato di eccezione con conseguente sospensione della democrazia, perché, infine, “la pandemia c’è ed è prioritario fermarne ad ogni costo e a qualsiasi prezzo la diffusione”.

Si è capito, i duri & puri schifano ristoratori, baristi, pizzaioli e pure le partite iva che manifestano per guerricciole di retroguardia, forse  perché, alla faccia di decenni di compunto dibattito su Sohn Rethel, Panzieri, Tronti, Alquati e ci metto pure Ichino e Giavazzi ,  dopo la proclamazione della fine delle classi in modo da esorcizzare il fantasma dell’omonima lotta,  per una élite intrattabile e irrecuperabile alla realtà amara,  gli unici veri lavoratori cui guardare in funzione di blocco sociale in grado di rovesciare il tavolo, sono le tute blu, purchè non sia lo stesso colore delle divise dei magazzinieri di Amazon, dei rider di un qualche Glovo, colpevoli di assoggettarsi al più infamante dei padronati.

Argutamente e sprezzantemente ridicolizzano le proteste contro il green pass che occupano  quelle piazze che da anni lasciano vuote o consegnano alla sardine, perché si tratta di un tema che alimenta la falsa coscienza, quella determinata dal “comitato d’affari della borghesia” in modo da distrarre e nutrire divisioni velenose.

E per quello  prendono le distanze dai risibili complottisti come se fosse il frutto  di una ossessione cospirativa  ritenere che  le emergenze, vere o artificiali o manipolate, servano per pompare denaro della collettività  a sostegno dell’interesse privato, per rinviare il crollo di sistemi capitalistici in crisi, o osservare che con i confinamenti si sia contenuta a forza  la produzione industriale per smaltire l’esuberante sovraproduzione, o convincersi che siano serviti a potenziare il mito della digitalizzazione finalizzata a far crescere quel comparto ma anche a rafforzare il controllo sociale, o sostenere che a fronte della penalizzazione di interi settori economici, oggetto delle attenzioni di compratori in forza al capitale finanziario, industria farmaceutica, Big Tech, multinazionali del commercio online e della logistica hanno infiltrato e occupato ogni spazio, o reputare che la combinazione dello stato di eccezione rinnovato, con l’indebitamento “concesso” dalla superpotenza che ci ha espropriati della sovranità, ha promosso la gestione pandemica a opportunità per imporre più feroce austerità e più rapaci privatizzazioni.

Ma si,  che figura ci farebbero a credere a una macchinazione, loro che si sono fatti passare sulla testa ogni sorta di complotti, dalla liberalizzazione della circolazione di capitali, alla conclamata virtù delle svendite di settori parassitari, dalla finanziarizzazione alla necessità di licenziare per aiutare un ricambio qualificato e generazionale, della opportunità di affidare i destini delle nazioni a un personale non politico, quei tecnici e competenti autori dei più leggendari fallimenti della storia, per finire con la madre di tutte le congiure, quella che ha convinto pensatori, intellettuali e filosofi dell’impossibilità non solo di determinare una alternativa allo status quo, ma addirittura di immaginarla, colonizzati come siamo dell’ideologia neoliberista.

Così si è sgombrato il campo da ogni ipotesi oppositiva, da ogni azione critica concreta in attesa di “agire l’insurrezione”, affidata non si sa a quale blocco autorevole, dal quale andrebbe esclusa una massa differenziata che socialmente e culturalmente non è assimilabile a quello tradizionale, anche se in gran parte si tratta di ceti proletarizzati, sfruttati talmente da ridurli a nude vite grazia alla precarizzazione.

Vagli a dire che, sia pure nel rispetto di gerarchie trascurate quando si è scelto di non reclamare il rispetto di diritti fondamentali che si credevano inviolabili e che sono stati cancellati via via, dal lavoro alla scuola, dalla casa ai servizi, all’assistenza e alla cura, per accontentarsi di elargizioni a forte contenuto individualistico, necessarie per carità ma solo se conquistate sottraendole allo status di  dazioni arbitrarie, in certe piazze ci dovrebbero andare contribuendo a creare un fronte popolare di opposizione.

Ormai il green pass è diventato un patente di appartenenza a una ideologia e a motivo di ciò va combattuto, perché in maniera grossolana, rozza, disonorevole convince che per vincere la guerra contro il virus occorre imprimere lo stigma, criminalizzare e emarginare il nemico in casa, dubbioso, disubbidiente, critico, che non si adopera per contrastare il contagio e la minaccia della morte del corpo, che quella della mente pare diventata un pericolo marginale.

Così si è costituita una alleanza opaca tra chi ritiene irresponsabile fare opposizione, disturbando il tranviere che ci sta guidando fuori dall’emergenza a colpi di Pil, sussulti di borsa, licenziamenti e persecuzioni dei “portatori di morte”, e chi lo ritiene patetico, infruttuoso, deviante dall’utopia antagonista e insurrezionale.

Non vale la pena denunciare che nel Def e ancora meno nel Pnrr non si prevedano stanziamenti per la sanità, che la spesa per la ricerca è limitata al sostegno alla digitalizzazione e all’assistenza benevola a multinazionali dell’Hi tech, dell’informatica, ormai simbiotiche con l’imprenditoria della sorveglianza e con l’industria della medicalizzazione, che non ci sia traccia di investimenti per la tutela del territorio mentre si eroga carburante per le grandi opere infrastrutturali riconosciute macchine da corruzione e malaffare, che si decanti la bontà dei fondi per gli asili a sostegno delle donne imprenditrici e dirigenti, segmento privilegiato della riscossa di genere secondo il femminismo di Draghi, mentre l’unico provvedimento per l’avvio del nuovo anno scolastico prevede la vaccinazione di insegnanti e ragazzi, quando non è stata avviata nessuna azione per intervenire sul numero e la qualità delle aule, per assumere personale docente, per la scansione degli orari, per il rafforzamento della rete dei trasporti.

Va a sapere se i governi occidentali sono tirannie autoritarie che vogliono vedere, controllare, dirigere e decidere tutto senza interferenze dei cittadini, al servizio del sistema economico e finanziario, se invece sono strateghi senza strategia, ridotti all’impotenza dagli stessi vincoli e dagli stessi patti che hanno stretto coi padroni, che si dibattono come fiere morenti e perciò si rivelano sempre più repressivi, censorii, accentratori e intransigenti.

Sappiamo invece che è il sonno della ragione che ha generato i mostri e se ne possediamo ancora un po’ e ancora sveglia abbiamo il dovere e la responsabilità di combatterli.