Anna Lombroso per il Simplicissimus

Nel giorno in cui è entrato in vigore il decreto annunciato da Draghi che rende necessario il Green Pass per molte attività, nelle piazze d’Italia hanno sfilato in 80 mila uniti da un forte collante: dire no a quell’obbligo. A guidarli soprattutto organizzazioni dell’ultradestra. È un movimento composito, quello dei No Pass, ma con forti screziature nere, dove l’Inno di Mameli si conclude con troppe braccia tese al cielo”, circola gran nervosismo tra  le mosche  che ronzano sulle esternazioni  delle autorità che, come è naturale puzzano, dello sterco del diavolo.  Questo è Molinari che si era commosso per la potente forza  dialettica e emotiva dell’appello del presidente a “vaccinarsi per non morire”, che pare il ritornello di una canzone più che lo slogan dei nuovi Piagnoni.

Eh si, perché se il vaccino  è la sola strada “per non richiudere tutto”, come raccomanda Confindustria, oltre che per “richiamare l’intera maggioranza a un metodo che immagina il percorso della messa in sicurezza del Paese e delle riforme di cui ha bisogno lungo un sentiero di inclusione, convergenza e mediazione che non contempla strappi, fughe in avanti, o ambiguità di lotta e di governo”, come perora il Governo indifferente al via libera europeo a protocolli terapeutici che segnano la fine della ineluttabile fatalità dei prodotti antiCovid, allora il green pass, il salvacondotto, il lasciapassare non è solo un banale strumento di controllo “sanitario” che prelude ad una efficace estensione in gradi di garantire che siamo tutti di sana e robusta costituzione adatta a contribuire alla ricostruzione e allo sviluppo. È invece la sottoscrizione dell’adesione ideale e identitaria al partito unico della nazione, la cambiale che attesta la fiducia alle misure in atto e future, la consegna del proprio corpo e della propria autodeterminazione alle autorità cui è doveroso delegare decisioni e scelte.

La firma sotto il patto è siglata col sangue, poco, dell’iniezione e, molto, della doverosa rinuncia a dei diritti che solo apparentemente riguardano il caffè al bar, i ravioli di cervo nello chalet vicino al fuoco, il fine settimana low cost a Ibiza dove sono aperte le discoteche.

Perché la pratica discriminatrice minaccia di essere estesa ai luoghi di lavoro nei quali per un anno e mezzo sono stati disattesi i più elementari criteri e requisiti di sicurezza, proprio come si è sempre fatto a vedere le statistiche delle morti bianche e con la correità dei sindacati, in modo da facilitare una selezione del personale, quello precario, soprattutto, oggetto così di una nuova forma di turn over. Forse vorranno il green pass controllato dalle forze dell’ordine, anche pe ri manifestanti della Gkn, per quelli di Voghera, per i magazzinieri di Amazon cui permettiamo di protestare una volta l’anno compatibilmente con i Black Friday.

Mentre sappiamo già che verrà adottato nella scuola (al vaglio dell’esecutivo  c’è anche l’obbligo vaccinale per il personale scolastico nelle regioni dove l’adesione finora è stata bassa) mentre è ipotetico se si vorrà applicare ai mezzi di trasporto pubblico, tuttora assimilabili a carri bestiame con ancora minore attenzione al benessere delle mandrie: ma è probabile di sì, in modo da esonerare da costi e iniziative i comuni oppressi dia debiti che devono investire nelle infrastrutture identificate dai programmi della ricostruzione, e per favorire il ricorso ai mezzi privati.

L’offesa più grave alla nostra intelligenza, distribuita, ce ne accorgiamo in tempi di emergenza, in modo disuguale come tutti i beni del mondo, consiste nel voler dare a tutto questo un valore morale e infatti le milizie del popolo dabbene, degli italiani bravagente, si compiace che venga riconosciuto quello che immagina essere uno spirito comunitario, una manifestazione di senso civico, ma che assume sempre di più il carattere di una rivincita su chi osa pensare e agire diversamente, che va penalizzato e criminalizzato,  costretto a pagarsi le cure, come se gli italiani vaccinati e non, non lo facessero già in forma privata, per supplire alla carenze, ai tagli, all’incompetenza, inadeguatezza e impotenza  che non solo ha dispensato il sistema sanitario dal curare i malati di Covid, ma che ha trascurato criminalmente gli affetti da gravi patologie. Ormai è un concorso collettivo a esigere per gli eretici “meritate” discriminazioni, in ufficio, a scuola, all’università in ospedale, alla Asl, e anche rappresaglie, pedagogiche punizioni, didattiche esclusioni dal consorzio civile.

E per giunta è loro proibito appellarsi a diritti, sospesi salvo quello alla sopravvivenza, alla parola, essendo giustamente oggetto di censura e di ostracismo, alla libera espressione del culto della libertà, sostituito dagli atti di fede nella scienza, nei poteri temporali e confessionali, Vaticano, Banche, Patria e Esercito.

Non è permesso appellarsi alla libertà per chi ostacola quella degli altri a recarsi con animo puro e superiore dotazione di anticorpi, in palestra, nella milonga, al caffè, in pizzeria, mentre non si fa menzione delle biblioteche pericolosi ricettacoli di aspirazioni licenziose. Lo sostiene il ministro Brunetta, l’adoratore dei tornelli, il profeta dei contratti anomali i cui codicilli si arricchiranno di riferimenti vincolanti all’anamnesi del pubblico dipendente, l’aspirante al Nobel per la selezione di utili idioti e furbetti funzionali: “Il libero dibattito su questi argomenti si deve fare nei luoghi della scienza, non sui social o nei talk show, e ogni affermazione deve essere verificabile”.

Eh si, è consentito esprimersi solo ai competenti, in economia dove ogni profezia, è stata smentita, ogni teorema ha avuto dimostrazione di essere falso, ogni paradigma si è rivelato fallace, nelle discipline scientifiche che una volta consegnate all’industria e al mercato hanno perso per strada i loro irrinunciabili capisaldi legati alla ricerca senza concessioni e ispirati al dubbio, perfino in storia, ormai depredata e manipolata dal suo uso politico, sicché si può abusare del termine negazionismo per definire ogni ricerca di una verità che no sia quella delle fonti ufficiali seppure non certificate, per non parlare della filosofia in mani mercenarie che la applicano a sostegno dell’anatema contro i dissidenti da sottoporre a Tso, e che avocano a sé il monopolio di libertà, ridotta a un prodotto di consumo che va contingentato.

Ogni giorno tocca dar ragione a chi ha osato dire che intellettuali con le firme in calce a ogni appello, i sapienti chiamati a reggere le sorti di imprese e paesi, i tecnici specializzati sono con tutta probabilità degli emeriti cretini. Ma cosa dire di quelli che danno loro retta, che gli permettono  di decidere in loro nome, che gli danno credito e fiducia?