Anna Lombroso per il Simplicissimus

E cosa dovevano fare? Troppi ostacoli si erano frapposti alla realizzazione del sogno ereditato dal Cavaliere, quello di mettere un definitivo bavaglio che impedisse la rivelazione delle magagne,  alzando una rete di protezione  che desse riparo da una conoscenza diffusa di  fenomeni di corruzione, conflitti d’interessi, evasione fiscale, sopraffazioni privatistiche. Così si sono accontentati di un bavaglino, più consono alla salvaguardia delle macchie, evidente riprova delle marachelle di un ceto di governo di bulli e pupe continuamente sorpreso con le dita nel barattolo della marmellata.

Così abbandonata l’ipotesi di un provvedimento organico che “disciplinasse” la materia delle intercettazioni telefoniche, telematiche, ambientali,  della comunicazione e del connesso rispetto della privacy dei cittadini – chiamata in causa solo per meglio esaltare le doverose differenze tra noi e i cosiddetti detentori di “guarentigie”, secondo l’arcaica semantica del privilegio.

Dismessa per un po’  la  determinazione ad infliggere un’altra ferita a morte esemplare alla Costituzione con la modifica dell’articolo 68, grazie a una serie di proposte presentate da fiancheggiatori spavaldi, da associati a ministri preoccupati per intemperanze domestiche,  da qualcuna di quelle vezzose gregarie sempre pronte  a porgere la borraccia   ai campioni del liberticidio, hanno furbescamente infilato   i captatori informatici – definizione usata quando i trojan, software malevoli che infettano un pc o uno smartphone e lo controllano da remoto, sono usati dall’autorità giudiziaria a fini investigativi –  nel provvedimento di modifica del processo penale, durante una letargica seduta notturna della commissione Giustizia di Palazzo Madama. Come? ma  grazie a un proditorio emendamento, presentato, indovinate un po’, dal Pd. Cosa che poco ci meraviglia: si chiamasse Pds, Ds, o Pd nulla aveva fatto di concreto per ribattere alle richieste pressanti contro le invasioni della privacy nei vizi dell’utilizzatore finale, proprio come nulla era stato fatto per risolvere la questione del conflitto d’interesse, della corruzione, del malaffare, anche quelli ereditati e esercitati con l’entusiasmo di chi vuol battere il maestro.

Preferendo allora lasciar correre, o meglio ancora godere di descrizioni pruriginose, di cronache di cene eleganti, travestimenti combinati con lo stesso esibizionistico uso di mondo nello sbrigare affari sporchi, stringere patti osceni e scellerati. E figuriamoci adesso che sono toccati nelle loro prerogative, nei loro privilegi, nelle loro guarentigie e nei loro loschi traffici, adesso che grazie a intercettazioni sappiamo delle manovre per far fuori Letta, delle trattative premier-guardia di Finanza, dell’occupazione mafiosa della Capitale, tramite Coop, delle baruffe domestiche di una ministra e del suo prestigioso quanto avido gigolò, figuriamoci se adesso non partivano alla carica.

Così, fatti salvi i reati di mafia e terrorismo le intercettazioni  tramite  programma-virus saranno “consentite soltanto qualora ivi si stia svolgendo l’attività criminosa”. Inoltre non saranno divulgabili – la pena prevista è 4 anni – e sarà un decreto ministeriale a decidere gli strumenti per poterle eseguire

È un bel risultato: con  un colpo solo si limitano le funzioni della magistratura e il diritto a “sapere” dei cittadini. E fa davvero sorridere l’esibizione vanitosa, l’ostensione narcisistica di un ceto che comunica in rete, su Facebook, con i Tweet preferendoli agli strumenti della comunicazione istituzionali, che annuncia nel web leggi e provvedimenti, che dice e disdice tramite post, sentiment e sms, mentre appena l’informazione esula dall’ambito di quello che si vuol far conoscere, per accreditare l’immagine benevole e domestica di “uomini qualunque”, di gente comune, allora scattano restrizioni, censure, rivendicazioni dei diritti di riservatezza.

Quella riservatezza negata a gente comune di serie B, a uomini qualunque di fibra sintetica, ai lavoratori, la cui privacy è stata cancellata autorizzando la raccolta di dati relativi all’uso di computer, telefoni cellulari, iPhone, iPad, permettendo  una sorveglianza continua su ogni mossa del singolo lavoratore,  legato da una sorta di guinzaglio elettronico a chi vuole controllarlo. Quella preclusa a noi, spiati perennemente da telecamere, monitorati a ogni transazione commerciale e a ogni operazione bancaria, sotto  osservazione continua per quanto riguarda gusti, inclinazioni, scelte, consumi, credo religioso o comportamento alimentare, grazie all’invadenza insostenibile esercitata da chi sovrintende alle nostre vite con il commercio insano di mailing list, estratti conto delle carte di credito, perché  nulla sfugga al dio mercato e ai suoi sacerdoti.

E non a caso la squallida acrobazia dei funamboli del Pd è affidata a un emendamento, a confermare la volontà di un ulteriore accentramento di poteri nelle mani del partito del premier, che così si libera del Parlamento di cui viene certificata l’irrilevanza, all’insegna di una totale perdita di trasparenza del processo legislativo nel suo insieme, con il passaggio dalla sede parlamentare, comunque controllabile dall’opinione pubblica, alle opache stanze del governo.

È che a loro si addicono le disuguaglianze, le gerarchie, le graduatorie, le differenze, così devono essere disuguali anche le libertà, le loro, perché sono “loro”, le nostre controllate, represse,  sorvegliate, ridotte, controllate, perché siamo “noi”.