Anna Lombroso per il Simplicissimus
Ieri una mamma ha annunciato la morte della figlia in un incidente d’auto sul suo profilo di Facebook. Lo stesso hanno fatto gli amici della donna vittima dell’ex compagno, rea di essersi costruita una identità sotto falso nome sul social network. Una giovane malata che ha difeso i test sugli animali è stata oggetto di una campagna denigratoria e bersaglio di minacce crudelissime ancora su Fb.
Pare che lo strumento di comunicazione più impalpabile, aereo, immateriale, sia quello che garantisce invece la permanenza, che nega l’oblio nel bene e nel male, a imperitura memoria di convinzioni e slealtà, di amori e tradimenti, di promesse e infedeltà, di viltà e coraggio.
Sono arcaica, non ho gli strumenti per interpretare con lungimiranza tutto questo, del pensiero liquido mi è affine solo una frase del suo guru, genio della propaganda e geniale titolista di fenomeni artificiali a cominciare dall’estimità: il futuro non esiste, bisogno inventarselo. Per me il Pc è stato una macchina da scrivere più efficiente, anche se dell’Olivetti rimpiango il padrone e il ticchettio, non so e non voglio leggere gli e book, nutro una diffidenza insanabile per le confessioni pubbliche e le conseguenti sentenza come i processi di London, non mi accontento di un “mi piace”, sospetto delle foto ritoccate così come vengono ritoccate le proprie esistenze per renderle più accettabili agli altri ma soprattutto agli autori di vite parallele. Prendo i social network per quel che sono, preziosi ripetitori di opinioni, insostituibili, ormai, canali di informazione spontanea, quindi concorrente con i media tradizionali, ne misuro i limiti, primo tra tutti quello di offrire una comunicazione grezza, istantanea e non ragionata né verificata, ma d’altra parte avrei timore di qualsiasi forma di selezione dei dati, che sottintenda una censura, come invece piacerebbe a un ceto che twitta ma ne vorrebbe circoscrivere la portata, che pubblichino foto taroccate di insulse e inoffensive nudità o mettano sotto accusa comportamenti castali. Mi ripugna un aspetto non marginale invece, il fatto che atti squisitamente privati – gli atti privati per eccellenza – siano rivelati e esposti in pubblico, in un’ostensione offerta a “amici” sconosciuti, come a chi si trovi a passare in quell’arena pubblica, uno spazio aperto ad ingressi incontrollati, per dare sfogo con spericolata voluttà a argomento di rilevanza, interesse ed emozione assolutamente personali.
Sono arcaica ma sono anche incantata da un nuovo mondo che vede la commistione tra reale e virtuale fino a confonderne i confini, da una rivoluzione digitale che ha determinato due universi paralleli con inattesi punti di incontro, che ha fatto di noi uomini a due dimensioni, con una vita online e una vita offline. Sono piena di sorpresa curiosità per un futuro da crearci, nel quale si muovono bambini che crescono senza nemmeno poter immaginare che la connessione al Web possa non esserci, a rischio di sentirsi globalmente spaesati fino essere inesistenti.
Sono arcaica e mi offende che si possa ridurre la partecipazione a un clic a un mi piace a un condivido, che come il voto è stato ridimensionato a pallida imitazione, a liturgia officiata per sentirsi affini, alla scelta di “preferiti” con le stesse modalità dei reality, così la democrazia è sminuita a una rappresentazione, a una raffigurazione che ne esalta gli aspetti formali e convenzionali.
Sono arcaica e mi dolgo che sia spettato ai social network intercettare le nostre paure, di non essere visti, di essere soli, di non essere ascoltati, di non essere graditi, come quando da bambini il trenino, la bambola che piange, il Lego, appena regalati a Natale, ci aiutano a fare amicizia, fino ad averne 5000 sui quali abbiamo un potere assoluto, se possiamo cancellarli con un pulsante.
Sono arcaica e mi turba l’immortalità inesorabile, implacabile, che ci fa imbattere in amici che non ci sono più, imbalsamati in profili che si aggiornano meccanicamente e perversamente, che qualcuno pietosamente alimenta, che altri sfuggono come in una pratica apotropaica, in un perpetuarsi del lutto, senza ricordo e senza dolcezza.
Sono arcaica e la rete mi aiuta ma non mi basta a sentirmi vicina a chi amo, che l’amore vuole carezze, bisbigli, sussurri, calore, sguardi, una felicità che si deve toccare, come quel futuro che dobbiamo crearci.
Su Facebook, Google Plus o Twitter l’importante è non dare troppi dettagli su di sé, non perdere mai il pieno controllo di quello che si dice, chiedersi sempre se quello che si sta scrivendo o dicendo può essere davvero condiviso con tutti i nostri amici.
Dobbiamo sempre avere la consapevolezza che qualunque cosa inseriamo su Facebook o Twitter potrà sempre essere fatta valere contro di noi perché, su internet, la privacy non esiste e anche un’innocente battuta fatta soprappensiero potrà crearci infiniti problemi in futuro vista l’impossibilità di cancellare le frasi che abbiamo scritto e vista le regole contrattuali che ci siamo impegnati a seguire e che spesso danno a Facebook, Google Plus e Twitter la possibilità di usare tutto quello che abbiamo pubblicato per i propri scopi promozionali e commerciali.
Compiango i giovani d’oggi che scrivono ingenuamente delle assurdità su Facebook ignari del fatto che un domani (anzi, un oggi, visto che già succede e non solo negli Stati Uniti) i datori di lavoro pretenderanno di avere accesso al loro account Facebook come precondizione per dare l’ok alla loro assunzione. Allora chi si sarà espresso su internet in modo sguaiato, superficiale, violento ma anche solo eccentrico o politicamente scorretto sarà penalizzato. Senza contare che un insulto su Facebook, l’ammissione di aver scaricato un film o una canzone da un sito pirata o il racconto di come un chirurgo plastico ci ha rovinato per sempre la faccia rimarranno scolpiti per sempre nella nostra pagina internet a disposizione di tutti coloro che si sentono danneggiati dalle nostre affermazioni o che hanno un interesse a colpirci.
Di solito toccava alle generazioni non più giovani il compito di orientare i propri figli tenendoli al riparo dai pericoli del mondo. Con l’avvento di internet genitori e insegnanti non sono più neanche al corrente dei pericoli che si corrono su web e, consci della loro assenza di esperienza, non si arrischiano nemmeno ad intervenire. In questo modo nasce una generazione che assume acriticamente i nuovi stili di vita inventati dai grandi del web, pericoli inclusi, e internet non diventa quella cosa liberatoria che avrebbe potuto essere ma l’ennesima ragnatela dalla quale difendersi, specie e soprattutto se non si può più fare a meno di usarla.
Condivido perchè anch’io sono “arcaica”, innanzitutto anagraficamente. C’è qualcosa di spaventoso ma anche di affascinante nel ritrovarsi in un mondo diverso da quello in cui abbiamo imparato a camminare.
Finchè siamo qui ne siamo parte, lo influenziamo e ne siamo influenzati come chiunque altro.
Finché la curiosità verso le dinamiche future prevarrà sul timore di sentircene esclusi, noi “arcaici” non saremo mai un semplice fondo di padella da raschiar via.
E’vero purtroppo che il mondo di Faceboock è artificioso e virtuale e personalmente ne faccio a meno per quel tanto di “recitato” e ostentato che vi si percepisce. Ma è altrettanto vero che la solitudine e la noia di vivere sono più diffusi di quello che si pensa e sono frutto di situazioni esistenziali di grande grigiore umano. Perciò, se un mezzo come F. può lenire in qualche modo la pesantezza di vivere nell’isolamento , ben venga.
Hai tradotto perfettamente ciò che è una mia riflessione ogni qualvolta il privato più privato – quasi sacro – diventa di dominio pubblico, mangiato da occhi che nemmeno abbiamo mai visto, di cui non conosciamo lo sguardo; ogni volta mi chiedo come sia possibile affidare ad una bacheca davanti a cui tanti transitano, i propri momenti più intimi, o le proprie esperienze più intangibili. Sono arcaica anch’io, pur apprezzando tutto il potenziale che ci viene offerto da forme e modi di incontro inimmaginabili fino a pochi anni fa; ma – come te – detesto l’e-book, il *mi piace* come sbrigativa forma di apprezzamento senza impegno o per ipocrita allineamento, i pulpiti virtuali, la ricerca di consensi o di considerazione in qualsiasi modo, lecito e illecito. Sono arcaica, e non me ne dolgo, se questo mi permette una ferrea auto-censura.
ma il tempo ci macinerà, come ha fatto con i maniscalchi. Rivendichiamo la nostra arcaicità, non possederemo il futuro, ma viviamo il presente.