Di una vita fatta di spaghetti western e parti di belloccio stagionato un solo titolo degno emerge nella filmografia di Franco Nero: Il giorno della Civetta, tratto dal celebre libro di Sciascia. Li il capitano Bellodi, in mezzo a un mondo dominato dall’omertà e dalla corruzione ad ogni livello, fa la parte dell’ “ommo” : un straordinario sforzo interpretativo visto che nella vita non si tira indietro quando si tratta di fare il quaquaraquà.
Si perché Franco Nero, in cambio evidentemente di qualche particina negli sceneggiati di Mediaset si è lasciato ingaggiare dai nemici ideali del capitano Bellodi e rivela al Giornale e a Libero che durante una cena di due anni fa avrebbe sentito dal giudice Antonio Esposito, giudizi contro Berlusconi. Oddio la cosa non è poi così chiara, Nero non ha quella nettezza di mira che lo contraddistingueva in Vamos a matar compañeros o in Cipolla colt: «Sinceramente non ricordo le frasi esatte che ha pronunciato Esposito, sono passati due anni, e non mi ricordo tutto quello che è stato detto durante la cena. Però mi ricordo che da parte di Esposito c’era antipatia nei confronti di Berlusconi».
Insomma qualcosa di vago e di risibile visto che l’eventuale antipatia di Esposito c’entra poco con le carte e con tre gradi di giudizio, tutti finiti con la condanna del Cavaliere, ma di sufficiente ad alimentare la macchina del fango dei giornali di Berlusconi e a perpetuare modi e prassi di questa Italia da schifo. Certo è penoso che 73 anni suonati un uomo, che dopotutto si è creato una non disprezzabile carriera, si presti a queste ignobili parti, accetti di stare nel sottoscala del berlusconismo più volgare. Eh si è arrivato il giorno del civetto.
In termini strettamente logici deduttivamente ci sono dei fatti accertati anche perché ammessi dallo stesso cavaliere: c’è stata evasione fiscale per circa 7 milioni di euro ed è accertata. Quindi è stato nascosto un reddito di non meno di 20 milioni di euro. Il problema è: a cosa sono serviti questi soldi? In termini di valutazioni logiche induttive si ritiene normalmente che l’evasione accertata sia il 5% del totale. Pertanto sembrerebbe che gli importi nascosti ammontino a 400 o 500 milioni di euro. La domanda ovviamente è: come è stata usata questa enorme provvista? La risposta starebbe, sempre in termini di valutazioni induttive, nei processi in corso a Milano e a Napoli. A questo punto, se il cavaliere rifiuta di dare un rendiconto del “nero” che ha fatto, qualcuno potrebbe presumere che è stato origine di corruzione. Ma la cosa che più colpisce è che chiunque faccia o dica cose a favore del cavaliere potrebbe suscitare iniqui pensieri quali: ma quanto gli avrà dato il cavaliere per fargli prendere questa posizione? E se venisse salvato potrebbero sorgere pensieri di logica induttiva che darebbero ai salvatori una aureola certamente non di santità. In altri termini per uscire da questa situazione occorre che il cavaliere faccia un passo indietro e alla svelta altrimenti l’induzione logica potrebbe portare a far considerare tutto il sistema dello Stato un sistema di sola corruttela.
Povero Franco Nero. Non conosceva il proverbio “Ghi ‘sse fa i’ affari sui, gampa gent’anni!”. Su questo blog molto in voga.
in prima pagina su Giornale e Libero!… stanno proprio a pezzi! ;- )
Mi sembra che le colpe del magistrato non siano paragonabili alle colpe di silvio…quindi assolvo il magistrato Esposito e dico che Franco Nero è in bolletta?
Il commento è mio, sono Maria Serena Peterlin, mi ero loggata, ignoro le cause per cui risulto anonima.
Posto che sia sincero quanto il Nero (nomen omen…) in questione afferma, a me sembra che se è vero che in teoria un magistrato non dovrebbe provare antipatia per una persona sottoposta al suo giudizio è altrettanto è più vero che chi ha espresso il paese in quanto presidente del consiglio ed è e si candida, da sempre, a leader politico, non esprime certo un esempio corretto di cittadino con i suoi continui attacchi alla magistratura in generale e a “certi magistrati politicizzati), come ama dire, in particolare, e respingendone le decisioni in modo spesso offensivo.
Talché, come dicevano i vecchi prof che ho frequentato, non si può non osservare che coloro che si riconoscono in silvio si sentono un tutt’uno con lui (“siamo tutti”, dicono, “puttane, delinquenti, silvio” e ribadisco lo dicono loro) mentre a me e a molti altri potrebbe venir da dire “siamo tutti Esposito”. Se non ché personalmente non mi riconosco nella riduzione grottesca-farsa di eventuali dottrine superomistiche e mi limiterei a confermare rispetto alla magistratura, e al giudice Esposito, e disgusto per i servi di silvio: civettoni o corvacci che siano.