Anna Lombroso per il Simplicissimus
Sfila a pochi metri da casa mia, l’ho lasciata irrompere nel mio salotto tramite Tv la parata militare del 2 giugno. Ciononostante l’impressione è quella di un rito lontano, estraneo, dimentico dell’occasione, la festa della Repubblica nata dalla Resistenza, che vuole invece esaltare la muscolarità militare di una potenza, ormai retrocessa a stare dietro le quinte del contesto occidentale. E che schiera in prima fila le icone istituzionali, i mandarini accanto al presidente, oggetto di quella metamorfosi sacra che oltrepassa la vecchiaia per mutare in statua d’avorio, la Boldrini, come una imperatrice della dinastia Ming, e gli altri, remoti, lontani e respingenti, i soldati che passano, alcuni con la mano sul cuore e i sorrisi irradianti come reclute di West Point, come i berretti verdi di John Wayne, perché ai generali della nazione mite piace andare al cinema e poi imitare i polpettoni bellici di Hollywood.
La guerra da noi e nella nostra contemporaneità è un argomento intrattabile, sensibile, tanto che ci si va sfidando il dettato costituzionale e superando le ritrosie del dopoguerra, ci si va eccome, in Iraq, Somalia, Bosnia Erzegovina, Kosovo, Afghanistan, Libano, Libia, i si va magari facendo solo gli sbriga faccende, dando “appoggio logistico”, ed anche, lo apprendiamo dolcemente, dopo che è accaduto, sparando e mitragliando. Però “mimetizzati” da quel morbido repertorio di eufemismi: missioni di pace, export di democrazia, sostegno e contributo al rafforzamento istituzionale, fino a quel magnifico equilibrismo, il più ardito: guerra umanitaria.
È per questo che una liturgia che qualche anno fa sembrava francamente un po’ ridicola, estemporanea e arcaica, oggi suona invece oltraggiosa. Per i costi elevati: il risparmio è stato limitato al taglio delle Frecce tricolori e non all’acquisto degli F35, ritenuti indispensabili e inviolabili; e per l’ostinata riaffermazione del messaggio militarista, impiegato a improbabile memoria di una vittoria della pace e dell’armonia, sudatissima e ancora molto discussa.
Il percorso verso il partito unico, coagulante in nome della conservazione, è fatto anche di questo, della definitiva condanna del pacifismo come screditato residuo dell’epoca delle ideologie e delle appartenenze, che si combina con l’entusiastica integrazione tra i valori di regime del pensiero forte della destra, autoritarismo, nazionalismo, potenza e prepotenza, insieme alla colpevolizzazione della resistenza, all’erosione dei principi costituzionali e alla privatizzazione della Carta, grazie anche a un presidenzialismo strisciante e a uno svuotamento del parlamentarismo.
Si, una volta sembrava un po’ patetico, un po’ ridicolo che un popolo considerato inaffidabile, sleale, codardo e antropologicamente pigro, a detta perfino dei suoi inopportuni governanti, scegliesse per festeggiare la repubblica – nata dalla sua fase epica, dal suo affrancamento eroico, la Resistenza – una parata militare, coi soldati impennacchiati, le divise da operetta, i medaglieri conquistati chissà dove, a dimostrazione che ci piacciono i travestimenti, forse anche quelli usati nelle cene eleganti?, la teatralità, le marcette, gli squilli di tromba che tanto l’Italia non si desta facilmente.
Oggi suona stonata, forse perché c’è poco da celebrare una Repubblica impoverita dei suoi principi democratici, avvilita dalla corruzione e ferita dall’illegalità. E c’è poco da festeggiare la memoria di una pace conquistata dai nostri padri e dai nostri nonni, una pace che doveva essere fatta non solo del silenzio dei cannoni e degli stivali sul selciato, ma di uguaglianza, solidarietà, istruzione, lavoro, armonia, libertà. Mentre invece è stata dichiarata una guerra. Destati Italia.
Ho da poco letto con bile montante un articolo in cui il serafico Sardo
notava l’inevitabilità di questa magnificenza di governo e l’opportunità delle dichiarazioni così accorate di Napolitano.
Se vi aggiungo
la “sobria parata” +
l’aumento delle spese militari+
i lamenti di Squinzi+
i risvegli “camussiani” con esternazioni di astrologia economica +
i “bene” “benino” “bravo” di Damiano a Letta dopo i “bene” “benino”
“bravo” a Monti, come se il suo blog fosse lo sfogatoio degli sfigati e lui
un maestrino che – non volendo fare nulla per gli sfigati -fa un Invalsi casereccio per i non sfigati……
il semipresidenzialismo già deciso dopo aver sperimentato un po’ di monarchia napolitiana….
metterei uno scolapasta in testa
e a cavallo di una vecchia bici
salirei il Quirinale
a dirne
quattro
Non so se ci arriverei
abitando i lembi estremi
del piccolo regno…
Chi nella storia ha creato delle autentiche alternative al sistema capitalista, da Lenin a Mao, non si è mai illuso che si potessero conseguire senza l’uso delle armi, non fosse altro perché il capitalismo è il primo a coltivare la superiorità degli armamenti come mezzo di sopravvivenza, oltre che di espansione. Peraltro l’uso delle armi può essere sia aggressivo che deterrente. In altre parole, si deve dire sì al pacifismo inteso come assenza di volontà di dominio sugli altri ma non si deve dire di sì all’assenza di deterrenza. Se una nazione non ha armamenti e tecnica militare sufficiente a garantire un effetto di deterrenza su chi potrebbe essere tentato di limitarne la libertà è inutile che finga di essere una nazione, è solo una pedina liberamente spostabile nello scacchiere geopolitico. Oggi l’Italia è, in effetti, una pedina di questo tipo e può anche darsi che agli italiani piaccia questo ruolo deresponsabilizzato. Se dall’orbita americana fossimo destinati in futuro a passare a quella cinese, non ho dubbi sul fatto che gli italiani faranno sempre quello che sanno far meglio, ossia il vaso di coccio in mezzo ai vasi di ferro. Però questo atteggiamento, che è un tratto tipico del carattere nazionale, davanti alla crisi attuale mostra i suoi limiti e non ci aiuta a sviluppare la politica che servirebbe per reagire alle pressioni predatorie dei neoliberisti verso i soggetti nazionali storicamente più deboli e calpestabili, come appunto la Grecia o l’Italia. Eravamo abituati ad essere eterodiretti dagli Stati Uniti, ora siamo eterodiretti da Stati Uniti, Unione Europea, FMI, agenzie di rating e Francia/Germania che ci stanno collettivamente spingendo verso la rovina. Anche la tradizionale abilità del vaso di coccio italiano nel districarsi tra più padroni sta dimostrando degli evidenti limiti di efficienza, ed è un peccato non aver modo di dire un sonoro stop! ai neopadroni. Altri paesi, dotati di armamenti nucleari e pertanto di un potere di dissuasione molto più convincente, stanno reagendo decisamente meglio e neppure la Germania li può costringere o umiliare, anzi, non ci prova neppure. Perché la deterrenza ha questo di miracoloso: che crea dei partner uguali dove prima esistevano solo servi e padroni.
e lo ripeto n’altra volta, non esiste il popolo italiano! è un’invenzione della propaganda, non esiste! ciao 🙂