Anna Lombroso per il Simplicissimus
Abbiamo ormai una consuetudine con i falsi: promesse, lauree, decreti, annunci. E non può dispiacerci un falso che calza perfettamente alla condizione attuale: «All’ordine “Facite Ammuina”: tutti chilli che stanno a prora vann’ a poppa / e chilli che stann’ a poppa vann’ a prora: / chilli che stann’ a dritta vann’ a sinistra / e chilli che stanno a sinistra vann’ a dritta: / tutti chilli che stanno abbascio vann’ ncoppa / e chilli che stanno ncoppa vann’ bascio / passann’ tutti p’o stesso pertuso: / chi nun tene nient’ a ffà, s’ aremeni a ‘cca e a ‘ll à”.
Non si ripeterà mai abbastanza che l’incidente eretico “occorso” alla democrazia nasce da calcoli meschini, da una finzione che sarebbe scoperta e risibile, se non pesasse come un macigno sulle nostre esistenze. Una tela di Penelope dovrebbe tessere la trama e l’intreccio di quanto non si è voluto fare in decenni o di quanto si è purtroppo compiuto in un anno di manomissioni di diritti e garanzie: la legge elettorale, la diminuzione del numero dei parlamentari, l’abolizione delle provincie, la riduzione dei costi della politica, la riforma del bicameralismo, e poi i crediti alle imprese, la questione degli esodati, la revisione del sistema degli ammortizzatori sociali, l’allentamento del vincolo di stabilità, senza però toccare l’ineleggibilità, il conflitto di interesse e gli altri nutrimenti artificiali dell’alimentazione forzata di Berlusconi, tramite Monti e i “facilitatori” – mai nome fu più appropriato – che da anni lo sostengono con entusiasmo bi-partisan.
L’establishment, sembra vivere in un mondo sparito e dissolto – vecchi e nuovi entranti già contagiati dei fumi che vi si respirano – separato da un elettorato non più riconducibile alle antiche fedeltà, ma nemmeno consolidato su fondamenti visibili di interessi comuni o da appartenenze culturali.
Proprio come nella Repubblica di Weimar anche i pochi illuminati vedono i danni e l’offesa costituzionale dello “stato di eccezione” che si replica e perpetua, con un trasferimento di sovranità, ancora più offensivo quando lo Stato ne era stato depredato in materia di decisione economica e dunque sociale.
Ma sembrano subire l’illegittimità come ineluttabile conseguenza, non contrastabile e inoppugnabile, dello “stato di necessità”, oggetto di quel mantra recitato da tutti i fan dell’assoggettamento: non ci sono soldi, non ci sono i numeri, non c’è l’Europa che però ce lo chiede, non ci sono più i partiti e se ci sono, sono liquidi, magmatici, non ci sono le leggi, o ci sono troppe leggi, e così via. L’Europa fa come i vecchi capitalisti, sempre attuali: vuole pagare bassi salari per godersi gli elevati profitti, ma al contempo vorrebbe che altri pagassero retribuzioni elevate in modo che i consumi dei lavoratori sostengano la domanda. E’ una contraddizione insanabile cui si è risposto in passato in modo più virtuoso accrescendo la spesa sociale e quindi il salario indiretto, e ora con il sistema più iniquo, attraverso l’indebitamento delle famiglie.
L’ammuina serve a questo, a non creare le condizioni per il rifiuto politico e istituzionale del rigore, per il rigetto dell’austerità come sistema di governo, per perseguire l’equità come condizione necessaria per la crescita.
C’è da dolersi che nel suo vortice di fare e disfare, nel gioco di prestigio delle distrazioni e delle manipolazioni, il Movimento 5 stelle riveli la scarsa convinzione con cui sostiene le sue parole d’ordine. E si manifesti la debolezza di quell’insieme magmatico che con una stanca formula viene chiamato società civile, ormai inabile non solo a pretendere qualcosa, ma anche a difendere qualcosa, come invece aveva fatto in passato con i referendum, dall’aggressione della voracità della finanza che ha ridotto i governi a semplici agenti d’intermediazione e i partiti a custodi del presente immutabile.
E pare che la parte che sembrava più viva della società non si sia preoccupata di costruire una democrazia oltre i partiti e oltre lo stato preferendo il sogno perverso di una democrazia contro i partiti e contro lo stato.
ah… punti da risolvere prioritariamente da un’ipotetico governo di scopo
( durata un’anno ca. ) sono :
reddito di cittadinanza, rinegozizione del Fiscal Compact con notevole attenuazione in periodo idi crisi economica, o in alternativa, uscita dall’euro,ipristino dell’effettività dell’art. 18…queste ed altre sono e priorità…
A me sembra di vedere parecchia approssimazione e paura di prendersi responsabilità politiche da parte dell’M5S e di Grillo…quella responsabilità che se non basata su reale competenza e buon senso, potrebbe costare parecchio cara alle poltrone parlamentari dell’a M5S… a me sembra che questa sia la principale paura dell’M5S….da un governo di scopo per realizzare dei punti simili a quelli da me elncati, l’M5S, avendone la capacità non avrebbe nulla da perdere, e ripeto che attualmente Bersani e PD sono sotto schiaffo per il malgoverno Monty, quindi sarebbe parecchio influenzabile dall’M5S laddove proponesse qualcosa di buono…
Alle prossime elezioni l’M5S potrà solo scordarsi di ottenere la maggioranza assoluta, seppure quella fittizia constituita con la legge elttorale “porcata” , poco democratica…
Si direbbe che prevalga la conservazione del vecchio sistema di partiti capaci di ambizioni e livore, ma non di amore per il paese, non di pensiero, non di progetto. Da parte mia penso che non siano attrezzati né di cultura né di coraggio civile.
La logica della poltrona cede, nel momento massimo dell’impegno, alla logica della panchina; e non è incoraggiante.
Grazie.
Una pagina che è il concentrato d’un ventennio.
Trasuda di dolore.
Geme.