monti-babbo-nataleAnna Lombroso per il Simplicissimus

Monti? Ma Monti chi?
È questo che temeva, per questo se da un lato, a dimostrazione della sua indispensabilità passata, evocava i buoni esiti delle sue punitive misure di austerità, dall’altro, per sancire la sua indispensabilità futura, brandiva la sua agenda come un’arma, o Monti o morte.

Beh non dite che non ve l’avevano detto. Anzi ci avevano mostrato attraverso degli opportuni trailer, come sarebbe andata a finire. Uno, un colossal sulla storia della democrazia, mostra un posto dove è nata la democrazia e come l’hanno annientata, con una guerra senza quartiere e a un popolo, alla sua sovranità, alla sua autoderminazione e alla sua stessa sopravvivenza.
L’altro più che un “prossimamente” è un parabola, didascalica e dimostrativa: la storia di una fabbrica il cui gestore aveva promesso in regalo agli operai in cambio delle garanzie, e agli italiani in cambio dei diritti degli operai, un megalomane piano industriale da 20 miliardi di euro, l’ottavo piano di un palazzone-patacca da rifilare allo stato e ai governi eterodiretti, convinti facilmente che così si che si entrava nella globalizzazione, che in fondo il gioco valeva la candela di mortificare con i lavoratori, il lavoro stesso. Così a nessuno del ceto dirigente più credulone degli ultimi 150 anni è venuto in mente di chiedersi da che cilindro avrebbe tratto quel 20 miliardi, né chi avrebbe, in questa recessione della quale non si vede la fine, comprato cattive auto, e nemmeno in che pianeta moderno e senza confini se con quelli della guerra per la competitività, avrebbe dato credito all’innovazione praticata affamando gli operai, punendo la ricerca come nemmeno in un dispotismo asiatico si fa più.
Si sono presentati insieme l’altro giorno con il bagaglio delle loro sconfitte rivelate: Marchionne con il bidone vuoto che ha portato solo lacrime e sangue: violazione delle regole della contrattazione e delle sentenze dei tribunali, peggioramento delle condizioni del lavoro, abolizione della negoziazione. E Monti dal quale cominciano a prendere le distanze perché anche il suo bidone ha svelato la tossicità dei suoi centinati, i Crescitalia, le liberalizzazioni, i Salvitalia, le semplificazioni, tutte monete di princisbecco che potevano ingannare solo gazze ladre particolarmente avide e sprovvedute, lasciando solo macerie, quelle dell’occupazione, della sanità, dell’istruzione, dell’università, del territorio sulle quali si tira su l’edificio dell’irreparabile iniquità, debito pubblico incolmabile anche grazie al fiscal compact e al pareggio di bilancio, alle regalie a banche imprudenti e impudenti, il saccheggio delle Casse Depositi e Prestiti, gli investimenti per mantenere gli sleali parassiti che vivono alle spalle di grandi opere irrealizzabili.

E ieri il professore testimonial del transito di una democrazia malata dalla politica avvelenata a un’economia mortale, si è presentato con l’onere delle sue disfatte, ma ciononostante protervo, che anche se smascherato dai più, compresi alleati e affini, non è solo. Perché è vero che la politica ha perso la potestà conti pubblici, sui movimenti dei capitali, sugli investimenti… e gli impoverimenti, ma ha voluto farlo, ha voluto per via di classi dirigenti inette e opposizioni invertebrate, delegare il potere sostitutivo ai contabili, ai ragionieri, a personalità attenete solo all’interesse personale, lasciando che si creassero funzioni “superiori”, commissariamenti, ruoli eccezionali sempre meno straordinari e provvisori, sul cui terreno di coltura potrebbe continuare a germinare e consolidarsi perfino lui, con le sue incapacità perfino a far di numero.

È Natale, perfino Berlusconi pensa di dover regalare agli italiani il sogno di un gioco delle tre carte che ci liberi dall’Imu. Lui invece ci regala un quadernetto di impegni dovuti, di quelli con le orecchie girate, passato per troppe mani e troppi padroni, dove l’unica idea presente e miserabile, consiste nella criminalizzazione definitiva della politica, che potrebbe salvarsi dalle sue colpe solo mediante altre rinunce, altre penitenze, affidando a lui la “tecnicità” del governare, attribuendo il primato alle cifre truccate, alla contabilità monetaria dei ragionieri all’europea, ai sacrifici offerti alla divinità del bilancio in pareggio.
Allora l’unico regalo che invece può farci è scomparire, lui la sua agenda e i suoi scolaretti. Perché anche noi possiamo dire: Monti? ma Monti chi?