Anna Lombroso per il Simplicissimus

In Portogallo dal 1910 al 1926 si successero 45 governi, sostenuti dai militari. Nel ’26, il portafoglio delle Finanze viene offerto a un professore di economia, che si dimette clamorosamente dopo 13 giorni. Lo riprende nel 1928, introducendo misure di rigore severissime per fronteggiare il deficit di bilancio, e, nel 1932 viene nominato Presidente del Consiglio. In questa veste, introduce una nuova Costituzione che gli dà i pieni poteri ed il controllo totale dello stato. Da allora manterrà il potere fino alla morte, grazie al sostegno della Chiesa e degli agrari, sopprimendo i sindacati, la libertà di stampa ed ogni altro tipo di opposizione politica o di dissidenza, dando licenza di vita e morte alla polizia segreta e ai militari, perché è “l’ordine a rappresentare la condizione indispensabile della bellezza”. E infatti il suo ordine fascista durò 36 anni, sanguinoso, repressivo e regressivo e i danni incalcolabili, economici, sociali, civili che Salazar – quello era il nome di quel professore di economia – hanno prodotto effetti a cascata che la rivoluzione del ’74 non ha sanato e che oggi si ripercuotono ancora sulla società portoghese.

Il suo intento era quello di stabilire un controllo totale della società, mediante una struttura super partes capace di riunire in sé tutte le correnti nazionali e di sostituirsi ai partiti, attuando una politica di rigido contenimento della spesa, per riportare il bilancio non solo in pareggio, ma addirittura in attivo, abbattendo l’edificio di diritti e garanzie, scardinando ogni tipo di rappresentanza, nel buio di un dispotismo ottuso e millenaristico.
Siamo molto vicini a tutto questo. Con una differenza, forse: ieri ne abbiamo avuto contezza, il professore di economia chiamato a far regnare l’ordine nei conti a ogni costo, ancora una volta si è rivelato incapace e inadeguato perfino nella realizzazione del suo disegno di iniquità. Grazie all’incapacità conclamata del governo tecnico ci salviamo dal pareggio di bilancio in Costituzione, lo strumento micidiale, insieme al fiscal compact, studiato appunto per scardinare la democrazia, l’autogoverno, la possibilità per i cittadini e i lavoratori di decidere il proprio destino. Con quelle due misure grazie ai prelievi effettuati ogni anno dalle tasse, cioè dai bilanci di chi le paga, si dovrebbero “realizzare” quasi 100 miliardi di interessi e altri 45-50 di ratei, per versarli ai detentori del debito: in larga parte banche e assicurazioni sull’orlo del fallimento per operazioni avventate e altri grandi speculatori nazionali ed esteri. Non può sfuggire che il real business cycle è stupidamente irrealistico: nessun paese al mondo, nemmeno la Germania di Weimar, condannata al pagamento dei danni di guerra, nemmeno il salazarismo ha mai rimborsato un proprio debito, che è stato invece sempre ridimensionato o riassorbito dalla «crescita» del Pil – quando c’è stata – o dall’inflazione, o da un condono, o da un default.

Ma gli orbi al governo, pur avendo sotto gli occhi il trailer della disfatta greca, pensano davvero di sottoporre a un salasso funesto un paese con un debito di oltre il 120 per cento del Pil, condannandolo alla rovina, mentre esemplarmente occupazione, redditi da lavoro, produzione, bilanci aziendali, Pil e debito pubblico precipitano verso il baratro.
Siamo sempre là, sono orbi e anche inetti, inadeguati perfino alle mansioni di maggiordomo, di esecutore, di zelante stuoino, la loro realpolitik non dovrebbe escludere interventi di politica economica, prevedendo pur sempre la necessità che si compiano investimenti pubblici, sia pure soltanto dal lato del miglioramento/irrobustimento delle condizioni di contesto della libera competizione di mercato, intervenendo cioè su quegli elementi che consentano di assorbire gli effetti negativi sulla produttività totale dei fattori indotti dallo shock esogeno: quindi, investimenti pubblici su infrastrutture più o meno sedicentemente “strategiche” (TAV) o su R&S, innovazione tecnologica, formazione continua, reti telematiche ed energetiche, ben accetti, se non necessari. Ma per loro vale solo far bella figura, rispondere grossolanamente alle aspettative dei mercati finanziari riguardo alla crisi del debito sovrano, privilegiando una politica di tagli su tutto, imponendo una ristrutturazione sociale, con l’obiettivo di accrescere la produttività del lavoro rispetto al suo costo, smantellando i diritti del lavoro, per renderlo più precario, ricattabile, sfruttabile.

Dr._Strangelove_-_The_War_Room-600x450Non ci sanno fare, sbagliano i conti, si confondono, si smentiscono, e ogni tanto riaffiorano dalla loro hybris per dichiarare nei fatti e perfino con inopportune e esplicite parole la loro impotenza, la loro incompetenza e la loro inadeguatezza, come fossero virtù pubbliche, che li distinguono da politici arruffoni e sbafatori.
Sempre ieri, infatti, il ministro Catania deliziato dalla saggezza popolare che ricorda che l’occasione fa l’uomo ladro, ha dichiarato di non «aver avuto sentore della corruzione» che aveva intriso un settore strategico del suo dicastero, venuta alla luce con gli arresti del “Centurione”, questo il soprannome di Giuseppe Ambrosio, ex potentissimo capo di gabinetto dei ministri Zaia e Galan, e della moglie Stefania Ricciardi, dirigente dell’ufficio di promozione e valorizzazione della qualità agroalimentare. Ma rivendicando di aver deciso, al suo insediamento, di azzerare le spese per comunicazione e promozione previste dalla legge 499/99, “un’attività ad alto tasso discrezionale che non me la rende simpatica”. Per questa ragione da quando sono ministro – ha detto – ho praticato una radicale conversione nell’approccio su questa materia con l’azzeramento degli stanziamenti», in linea con l’approccio del governo Monti e cioè “togliere di mezzo le spese pubbliche che si prestino a utilizzi impropri. Ottima norma per chi gestisce denaro pubblico”.

Eh si, è proprio nello stile dei pasticciocrati di tutti i governi e di tutti gli orientamento preferire l’inazione alla gestione, ma soprattutto la neghittosità supponente alla responsabilità: lo si vide con la candidatura alle Olimpiadi, scansata per dichiarata incapacità a fronteggiare probabili complessità. Mentre non si vede con la Tav, le grandi opere inutili, le proposte indecenti agli sceicchi, i regali agli amici “privati”, insomma tutto quello che fa cassa, subito e sicuramente, perché mica sono Salazar e non è detto che ci tocchi aspettare la primavera per deporli.