L’immagine della sconfitta è quasi plastica, la si percepisce nelle enormi difficoltà della ritirata fatta burocraticamente passare come una fine missione, nell’angoscia di scegliere una via sicura: la campagna afgana è finita in un disastro per la Nato e per l’Italia che dovrà impegnare una somma enorme in questo addio alle armi. Secondo calcoli riportati da L’Espresso e basati su uno studio dello stato maggiore francese il conto per portare via uomini e mezzi arriverà sui 700 milioni . Ma si tratta solo di costi diretti, considerando anche quelli indiretti potrà salire di molto.
Per portare la democrazia a Kabul abbiamo perso molte vite e abbiamo speso fino a ora quasi cinque miliardi solo di rifinanziamento della missione, saranno sei o sei e mezzo al momento dell’addio definitivo, ma in termini reali si rischia di arrivare al doppio. Buttati dalla finestra per un’impresa delirante, per un inutile, assurdo, disumano massacro che alla fine non ha scalfito il famoso terrorismo, un feticcio buono per tutte le stagioni, ma ci ha alienato dopo l’Afganistan anche il ben più grande e potente Pakistan. La guerra, perché di questo si tratta, altro che missione di pace, sta finendo con una bruciante sconfitta visto che il vero scopo della missione, il controllo dell’ Asia centrale e delle sue enormi riserve minerarie e petrolifere, è ora assai più lontano di dieci anni fa.
E a dimostralo sono i problemi logistici posti dalla ritirata: è assolutamente pericoloso farla attraverso il Pakistan che in primo momento, sotto la pressione dei ricatti di Bush aveva accettato di essere ponte per la campagna afgana, ma che ora è diventato terra incognita, dove agiscono decine di gruppi terroristici e si è radicato l’odio anti occidentale. Dunque si pensa di scegliere la strada più lunga quella che attraverso le repubbliche islamiche del nord, passa per la Russia e arriva al mar Baltico, la via che del resto già da anni assicura i rifornimenti alle truppe Nato.Naturalmente Putin chiederà delle contropartite di cui ancora non sappiamo nulla, ma che saranno pesanti, se non vogliamo rischiare di perdere altri uomini.
Del resto anche il progressivo smantellamento delle basi presenta molti pericoli visto che è già cominciata la guerra afgana per il dopo invasione e le insidie possono provenire da ogni parte, comprese quelle finora “amiche” anche se solo di facciata. Ci lasciamo dietro un numero immenso di vittime, un paese dove la democrazia che si voleva esportare è divenuta un’occasione per pochissimi e per i più qualcosa che ha a che fare con gli invasori, un governo fantoccio in mano ai signori della droga, un esercito locale destinato a vaporizzarsi in pochissimo tempo e un esigua, fallimentare quantità di aiuti reali. Insomma un avventura che sembra coniugare in sé non solo l’ombra di una violazione della Costituzione, almeno per quanto riguarda la nostra partecipazione, ma per tutti lutti enormi, sprechi di risorse preziose e una sonora sconfitta su tutti i fronti possibili.
Così i 5000 mezzi militari che dovremo trasportare per mezza Eurasia, attraverso le steppe, con trasporti trasporti confusi e disorganizzati sarà lenta, ma non per questo renderà meno l’immagine della ritirata dopo la sconfitta. Che è anche stata una sconfitta della ragione, dell’umanità, persino dei nostri stessi interessi. E il ritorno in patria dopo questa odissea farà scoprire che non solo la democrazia non l’abbiamo esportata, ma ne abbiamo perso un bel pezzo noi.
Chi ha avallato un simile scempio (a partire dalle massime cariche dello Stato, Berlusconi, Prodi, Ciampi, Napolitano), dovrebbe rispondere al Paese per una così palese violazione dei dettami costituzionali oltre che di una mezza dozzina almeno di leggi ordinarie (e taccio di quel che emergerebbe se se si facessero serie inchieste relative ad appalti per forniture, vettovagliamenti e Dio sa quant’altro: meglio non scoperchiare un simile verminaio…). La casta più intoccabile che c’è in Italia – sorpresa! – non è quella dei politici, o dei notai, o dei baroni universitari, o dei farmacisti, dei tassisti o degli uscieri di qualche parlamentino regionale. No: è la casta dei militari, ai quali, come i parenti più stretti del Gran Mogol nell’India che fu, i benefits non sono stati stati minimamente lambiti da alcuna “spanding rìviu’, anzi addirittura aumentati. Penso che neanche nella belluina Corea del Nord ci sia un generale ogni 300 militari di truppa. Oltre alla follia allo stato socio-psicopatico di buttare grana per i caccia di ultima generazione, bisogna assicurare tartine e champagne a questi tri-quadristellati con greche e decorazioni varie che tengono alto il buon (cattivo: vedi i marò che spararono ai pescatori del Kerala) nome dell’Italia in giro per il mondo.
Un ufficiale italiano impegnato un semestre nelle assurde operazioni in Afghanistan per arrotondare lo stipendio e finire di saldare più velocemente il mutuo (queste sono le “profonde” motivazioni dei militari comandati in queste missioni: esportare la democrazia? No, pagare il mutuo in 15 anni anziché in 20…), mi ha teneramente confessato: “quando cercavo di impartire un minimo di addestramento formale alle presunte forze dell’ordine di quelle regioni dove sono allocate le truppe italiane, questi non capivano quasi nulla, non si presentavano, perché avevano altro cui pensare, le difficoltà di comunicazione erano praticamente insormontabili”. Altro che quadretti di propaganda spacciati per informazione da giornalisti embedded, ma oramai non c’è quasi più nessuno, l’Afghanistan non è più notiziabile, figurarsi l’Iraq dove si continua a morire in decine al giorno, ma solo iracheni, per cui alla propaganda occidentale capeggiata dal NYT non frega praticamente più niente. Il militare di cui sopra, ha rischiato più di una volta la pellaccia, per qualche anno di mutuo in meno, il prezzo della democrazia…
In Afganistan ci siamo andato, comandati dagli USA, per imporre ai contadini di continuare a coltivare oppio i quali volevano invece convertirsi ad altra agricoltura.
Questo me lo fa pensare quando leggo che la produzione di oppio afgano è aumentata del doppio.
Come fanno a raddoppiare la produzione se sono occupati e controllati dagli occidentali in armi che si trovano in quelle terre?
L’indignazione per gli sprechi delle amministrazioni, le auto blu, stipendi ai parlamentari e benefit collegati sembrano solo la pallina con cui si fa giocare il gatto. Questo buco di soldi e di intelligenza, nonchè sberleffo alla Costituzione, dovrebbe indignare molto di più e giustificare un’iniziativa di obiezione fiscale sulle spese militari.