Anna Lombroso per il Simplicissimus

Una volta c’era un rito domenicale che ricordano tutti quelli che hanno una irriducibile nostalgia dei luoghi, dei modi e dei dialoghi della politica. Parlo di dialoghi perché che cosa si può immaginare di più vicino al parlarsi, al ragionare insieme, allo stringere amicizia della gentile e generosa militanza di gente di tutte le età che suona alla porta la domenica per vendere il giornale fondato da Antonio Gramsci? Che poi era un bel modo appunto per far circolare idee pensieri malumori e passioni?

Deve essere successo qualcosa di orribile nel nostro paese se questo rito domenicale è annegato nel frastuono petulante delle polemiche sulle primarie si primarie no, se il dialogare è evaporato  nei rissosi schiamazzi dei salotti televisivi.

E se proprio in una domenica nella quale  tutto quel malmostoso rumore di fondo viene  coperto dal rombo dei bombardieri, se anche in quel giorno una tragedia ci scuote  – nella certezza dimostratasi vulnerabile delle magnifiche sorti e progressive di uno sviluppo che ha rivelato l’inquietante doppiezza  di Giano bifronte – insomma se oggi  proprio quel giornale,  con un certo orgoglio da addict dello scoop,  propone ai suoi lettori preoccupati amareggiati scontenti avviliti turbati e non numerosissimi una primizia tante volte annunciate da sembrare già antica.

Recita il “soffietto”:  Interni di villa San Martino, Arcore, la residenza del presidente Berlusconi. La mattina del 24 ottobre 2010 alle 4 e 44 del mattino, il 12 luglio all’1 e 48, il 23 agosto, solo alcune delle tante serate bunga-bunga secondo le indagini della procura di Milano. Si vede un letto sfatto in una camera arredata con mobili e tendaggi e tappezzerie antiche, sulla libreria le foto di un giovane Silvio Berlusconi; le gambe nude di una ragazza (la stessa Barbara Guerra) sdraiata che guarda lo schermo di una televisione; i baci saffici di tre ragazze che mimano scene intime; Barbara Guerra strizzata in una divisa da poliziotta che gioca con un paio di manette quasi fossero un oggetto erotico; Lele Mora che fa ginnastica con un amico.

L’Unità dunque propone il repertorio iconografico delle non sempre occasionali partner nelle imprese sessuali del premier, con un accorgimento, quello di “mascherare”  i volti,  che rivela una ipocrisia degna  di quei vecchi settimanali sporcaccioni. Quelli che mostravano congiungimenti e le pose di un repertorio di corpulente in pose sconcertanti, salvo piazzare una mascherina sugli occhi delle spogliatissime, con la doppiezza beghina di quelli che  esclamano “cavoletto” anziché abbandonarsi a un liberatorio turpiloquio.

A che cosa può servire la pubblicazione di immagini offensive, più che per le ragazze o il vecchio sporcaccione patologico, per la nostra sensibilità di cittadini feriti nella dignità  dal baciamano a Gheddafi certo più che dal bacio sulla bocca di  due ragazze?  Cosa può aggiungere al nostro sdegno di persone offese perché non è compromesso solo il futuro di quelle sciagurate che comunque il loro destino se lo saranno anche scelto, ma è depauperato il domani di noi tutti donne uomini giovani generazioni a venire che avranno una vita più povera di sicurezze, garanzie, sapere, bellezza?

Come possiamo convincere giornali autorevoli o giornali che godono di una credibilità sancita dalla loro storia, che non devono tradirla approfittando di una rendita avvilente. Perché si tratta di un  credito, il loro, accumulato non solo grazie a chi li ha fatti, scritti, stampati e anche distribuiti porta a porta, ma anche con il sostegno di chi si è riconosciuto nelle loro pagine, si è sentito rappresentato dalle loro battaglie, ha pensato che chi ci scriveva era un testimone cui si poteva credere per essere aiutato a guardarsi intorno, a capire e a  farsi un’opinione.