Anna Lombroso per il Simplicissimus
Accecata dal bieco pregiudizio, ebbra, come una baccante, di risentito malanimo ho denunciato l’ inclinazione del premier a privatizzare la cosa pubblica, piegando stato, istituzioni, poteri, relazioni internazionali ai suoi bisogni affaristici e giudiziari.
Incurante del bene generale, ha stravolto regole e leggi, gestendo cinicamente ogni settore della società come “roba sua”, affermando il primato indiscutibile di un familismo favorevole al costituirsi di cricche politiche,economiche, finanziarie, accademiche intrecciate tra loro, grazie a relazioni protette sostenute da vincoli basati sull’affiliazione, la fidelizzazione e la corruzione.
E conducendo così un’opera di distruzione dello spirito generale e della coesione sociale, sostituiti da accordi opachi e patti scellerati con despoti affini all’estero e con soggetti a dir poco discutibili in patria.
È senz’altro così. Ma l’uomo è dinamico e a volte anche contraddittorio. Così ha al tempo stesso “prestato” alla politica i suoi affari, e non solo quelli di cuore, collocando le sue conquiste negli ambìti e redditizi ranghi delle cariche elettive e del governo. Eh si ogni giorno l’operazione epocale di trasformare il nostro mondo in un talk show, quella spregiudicata spettacolarizzazione delle esistenze che ci ha trasformato da cittadini in spettatori passivi, confermano la volontà del presidente del consiglio di mettere a disposizione del paese, con magnanima liberalità, risorse umane servizi e competenze della più prestigiosa delle sue aziende.
Un governo ombra, fatto di sceneggiatori, costumisti, truccatori, suggeritori, addetti agli effetti speciali, rumoristi, scenografi sta girando l’Italia contemporanea, come una gran brutta soap opera, scrivendo le infami battute che la Gelmini travestita da signorina Rottermeier legge stentatamente sul gobbo o allestendo il set di un Forum speciale per la “giustizia fai da te” di Alfano.
Il copione non fa ridere, gli attori sono a malapena dei figuranti, le barzellette sono indegne dell’animatore del più scamuffo dei villaggi turistici. Ma questo sarebbe il meno: è che pare proprio che lo stesso staff di Mediaset scriva le riforme epocali, il rito abbreviato e il catalogo dei reati da depenalizzare, anche quelli commessi contro il buon gusto, la riforma del calendario per invecchiare le escort, quella della scuola per mettere un po’ di ordine tra tutti quegli indisponenti esuberi nelle file degli insegnanti, il mille proroghe o le localizzazioni delle centrali nucleari.
È lo spettacolo bellezze: i programmi di governo diventano videomessaggi buoni per una convention di venditori “piramidali”, il dialogo parlamentare è sostituito dai salotti televisivi e come nel mai rimpianto Ok il prezzo è giusto avviene anche la compravendita poco occulta dei deputati.
Senza scomodare Platone, qualcuno ha detto che la democrazia si sta trasformando in teatrocrazia: le sue procedure decadono a rituali, i luoghi della vita democratica diventano uno schermo che riflette immagini fasulle di un potere che pensa di trovare legittimità presentandosi al pubblico pagante, mentre dietro le quinte come nell’orecchio di Dionisio si giocano partite senza regole la cui posta in gioco è il mantenimento dello status quo, l’arricchimento dei suoi addetti, la loro affermazione prepotente. E contano l’astuzia, l’inganno, le combinazioni, i patto, le alleanze, le complicità, le mediazioni. È la forza, è la prepotenza, che non hanno nulla a che vedere con il diritto e i diritti, a celebrare i loro riti e a vincere nelle procedure visibili della democrazia in un’opera di tradimento delle aspettative, della cittadinanza, del futuro, che ci disonora.
Non basta fischiarli in piazza, bisogna interrompere la commedia che sta scivolando in tragedia. E riaccendere in noi il desiderio di vita autentica e non raccontata, di libertà vera e non rappresentata.