Subito a pensar male. In realtà il beghino è gigantesco, flaccido, debordante. E  infatti deborda, ora anche al Tg 1 di Minchiolini, tanto per riferirsi al cuore della politica italiana. Ma Ferrara che fa troppo l’intelligente per esserlo davvero, anche se maramaldeggia su una tribù di clientes della camera e delle telecamera, anche se dà vita a un uomo morto, non è che il correlato oggettivo del berlusconismo.

Il Cavaliere come autobiografia esplicita di una nazione, Ferrara come l’inconfessabile diario segreto. Parti apparentemente invertite, eppure complementari. E poco importa se il fumo che vendono sia quello della pignatta dei ciccioli con cui Silvio contratta il consenso o quello del mezzo toscano del direttore del Foglio, soffiato in faccia per coprire il lezzo di grasso.

In ogni caso è il fumo di un arrosto che manca da molti decenni. Non è l’ultima giravolta di Ferrara convertitosi dalle sottane cardinalizie alle sottostanti mutande, che lo dimostra: quello è solo un  gioco e asino chi ci casca. No, la vacuità dell’elefantino viene alla luce quando vuol fare discorsi seri, quando parla di puritani e di giacobini, come l’altra sera al tg1:

“Una Repubblica della virtù, puritana nella sua ideologia, è il contrario di una Repubblica liberale e tollerante dove la legge vale per tutti”

Che strano, sembra che Ferrara non abbia mai letto Max Weber, nè un manuale di storia per i licei. Perché non si spiega altrimenti come non sappia che proprio dal puritanesimo protestante sono nate le società liberali. E proprio perché senza il senso di una responsabilità personale, non affrancabile e negoziabile, ogni forma di libertà diventa piuttosto un arbitrio o una concessione.

Non è che stiamo a fare il ripasso di storia, è che queste perle elefantiache ci portano alla trama sottostante, ci fanno comprendere il meccanismo che ha portato un enfant gaté tra politica e giornalismo ad acquietarsi solo a servizio di un padrone. Perché Ferrara rappresenta al meglio il peggio del carattere italiano: l’impossibilità di credere a qualcosa. La necessità di sostituire con gli idoli, le convinzioni. La ricerca con la devozione.

Ed è questo il terreno che ha permesso la crescita del berlusconismo. E proprio per questo che di fronte al mercato macello di Arcore una parte degli italiani si sente disorientata piuttosto che indignata. Ed è anche per questo che si possono prendere cantonate sui puritani e sostenere che una società libera nasce dalle mutande. Le beghine di un tempo masticavano chilometri di rosari non sapendo una parola di latino e ritenendo che non fosse necessario: tanto a Dio era chiara l’intenzione di onorarlo. Cosi come a Silvio è chiaro l’intendimento del beghino sull’altare televisivo. Al diavolo i puritani, stiamo in mutande et nunc et semper.