Roberta Corradini per il Simplicissimus
In Italia la crisi non è solo economica. E’ un bel po’ etica (assolutamente non poetica).
L’aggettivo “popolare” ha perso qualsiasi orgoglioso significato che ha origine nell’insieme dei cittadini e ha, invece, esaltato le sue accezioni contraddittorie legate a concetti di “ordinarietà” e “notorietà”.
In Italia si è smarrita la dignità, la nobiltà morale, il rispetto per sé e gli altri. Il nostro Paese è sempre più un paese di furbi e di furti (di diritti, di salario, di valori, di speranza).
L’esempio offerto da alcuni governanti ha innalzato ai più alti onori il modello del “vince il più destro”, quello che maggiormente riesce a fregare, quello che furbescamente ottiene le cose senza sudore e senza pudore, meglio ancora se sotto le luci dei riflettori.
Nel Paese dell’apparenza è più importante prendere che apprendere.
Non occorre investire sulla scuola, l’istruzione, la ricerca, perché conoscenza non significa sapere, va a braccetto con raccomandazione e fa rima con connivenza.
Ultimamente anche con adolescenza.
La nostra penisola è diventata un’ isola della pena.
Non c’è solo la legge porcellum, ora ci sono regge porcellum, dove si spreca e si impreca, si profuma e si consuma, si fornica e si candida, si paga e si appaga.
Il paese delle scorciatoie si è trasformato nel paese delle “sorciatoie”, popolato di enormi roditori, dannosi sia per la loro voracità sia per le malattie che trasmettono, rimasti incantati dalla musica di un abile pifferaio che, per ora, non li fa morire affogati ma fa vivere avvocati