Il Vaticano non parla, la Cei tace, alcuni sacerdoti si apprestano allo sciopero della messa, in vaste aree del mondo cattolico serpeggia l’inquietudine. Ma lo sfascio morale del potere a tutti i livelli non pare interessi molto alle gerarchie ecclesiastiche che intervengono su tutto, tranne quando dovrebbero.
Non è una sorpresa che la piccola babilonia vaticana si sia sempre arricchita con la vendita delle indulgenze, pur non essendo affatto indulgente. E se una volta si diceva che non appena la moneta tintinna nella cesta, l’anima vola via dal Purgatorio, oggi lo stesso effetto viene ottenuto dai fruscianti decreti del governo e dal vorticare dell banconote. La sostanziale differenza è che il Paese va in purgatorio invece di esserne liberato.
Del resto le cifre sono mica da ridere e solo una minima parte va alle opere di bene, tanto vantate da una pubblicità più bugiarda di quella di Vanna Marchi. Una raccolta colossale e investita in attività economiche graziosamente esentasse serve a dotare i 532 cittadini vaticani di un reddito pro capite medio di 407 mila euro il che permette loro di onorare il Signore con lussuosi ammenicoli, scarpette comprese.
Ma è solo l’inizio. Dall’ 8 per mille Il Vaticano introita 1 miliardo e 67 milioni (2010), di cui il 33% va al sostentamento dei preti, il 47% alle esigenze di culto e appena il 20% ( comprensivo di spese pubblicitarie che si aggirano sui 9 milioni di euro) alle opere di bene. La cifra raccolta è comunque frutto di un inganno perpetrato con la complicità del governo: solo un terzo degli italiani devolve l’otto per mille alla Chiesa, ma il Vaticano si prende l’85% grazie al meccanismo della ripartizione della quota dell’8 per mille non assegnata perché i contribuenti non hanno espresso preferenze).
Poi ci sono i 530 milioni direttamente conferiti alle scuole private in gran parte cattoliche, senza tenere conto di contributi regionali o comunali, in un momento drammatico per il sistema scolastico che si prepara ad espellere 140 mila precari. E vanno aggiunti al conto i 650 milioni di euro agli oltre 22 mila insegnanti di religione, tutti di ruolo ancorchè nemmeno laureati, i 110 milioni alle università cattoliche, i 50 milioni all’Università Campus Bio-Medico, università privata che si autodefinisce “opera apostolica della Prelatura dell’Opus Dei”.
Ci sono persino i 30 milioni di euro per dotare il Vaticano di un impianto di depurazione (e come si vede ce n’è bisogno) oltre all’acqua fornita gratuitamente.
Questo per quanto riguarda gli introiti diretti e senza contare le spese eccezionali come il miliardo e 600 milioni di contributo per il Giubileo. C’è tutto il capitolo delle esenzioni che è ancora più gravoso per lo stato italiano, visto che la Chiesa è al centro di vastissimi intrecci economici.
Un miliardo tonto tondo deriva dall’esenzione dall’Ici per i 90.000 edifici di proprietà della Chiesa. Esenzione estesa anche alle tantissime attività commerciali, comprese lussuose cliniche e alberghi a 5 stelle. Tanto basta mettere un altarino e miracolosamente diventano non commerciali. Miracolo anche questo permesso da governi amici, anzi ricattabili con cifre marginali di voto.
Una cifra non esattamente determinata, ma certamente non inferiore ai 2 miliardi, per stare bassi, deriva dall’elusione fiscale. L’attività principale è il turismo con 250.000 posti letto in quasi 4 mila strutture e 40 milioni di turisti da e per l’Italia. Tutto questo gigantesco complesso fa capo l’Opera Romana Pellegrinaggi, e all’Apsa, l’amministrazione patrimoniale della Santa sede. Essendo vaticane oltre all’esenzione Ici, non hanno bisogno di presentare bilanci e pagare Irpef, Ires, Irap e altre imposte.
Ogni anno insomma il Vaticano costa all’Italia una finanziaria “pesante”, mentre se vigessero le regole in vigore nel resto d’Europa la Santa Sede vedrebbe ridotti gli introiti e i risparmi di circa 4 miliardi tra minori introiti e maggiori spese. Ovviamente una cifra uguale verrebbe incassata dallo Stato.
Berlusconi insomma val bene una messa. Ma anche una bestemmia. Figuriamoci il silenzio.
Il prete della parrocchia del rione in cui abito ieri ha scritto una lettera al quotidiano della mia città in cui invita i suoi fedeli, che forse hanno qualche perplessità, a non giudicare e non condannare ma pregare per “l’amico ferito”…….Del resto il don è recidivo poichè ai tempi dello scandalo parmalat aveva apposto un cartello fuori dalla chiesa in cui si invitava a pregare per il “povero Callisto”.
Poveri noi!!!!