
In questi giorni di bazar e di mercato, di festa grande per l’autunnale ricorrenza dell’onorevole sudaticcio con contorno di porcini, si vede bene come le tentazioni più basse e i conflitti d’interesse, serpeggino dentro le viscere della politica.
Non voglio occuparmi dei comprati, basta guardarli per capire che avrebbero fatto la felicità di Lombroso. Ma invece è interessante spostare lo sguardo su un terreno vergine, dove la malattia non dovrebbe attecchire: su quella parte “nuovista” che invoca la rottamazione del vecchio.
Mi riferisco ovviamente al viaggio di Renzi ad Arcore che il querulo sindaco di Firenze difende proprio in nome di una etichetta istituzionale più libera. E già qui vediamo baluginare un vizio vecchissimo: quello di non saper ammettere i propri errori.
Ma Renzi non lo considera tale e dice che invece il Pd lo ha lasciato solo, frase il cui significato mi rimane misterioso, se non fosse per quel tocco d’infantilismo che vi si legge. Allora forse bisognerebbe spiegare al sindaco di Firenze le ragioni per le quali non avrebbe mai dovuto andare ad Arcore.
Ragioni generali di cui si è discusso a lunghissimo in questi giorni, ma anche ragioni personali che fanno di Renzi una delle persone che non avrebbe mai dovuto fare quel pellegrinaggio. Già perché come forse non è universalmente noto, il sindaco e la sua famiglia hanno un azienda che si occupa di promozioni editoriali. La quale, tra i propri clienti, annovera Il Giornale, la Mondadori, Il Tempo, La Nazione, Il Giorno, Il Resto del Carlino, il Piccolo, per citare solo qualcuno dei nomi che fa parte dell’editoria di osservanza berlusconiana.
Ora proprio questa circostanza sconsiglierebbe abboccamenti in case private, anche con le migliori intenzioni. A meno che nel “nuovismo” non sia compresa anche la completa metabolizzazione e normalizzazione dei conflitti di interesse, tanto da far apparire queste circostanze come prive d’importanza.
Forse un po’ di sano ed etico “vecchismo” non farebbe male. Specie in periodo di mercato.