Stamattina mi sono divertito a leggere i giornali e a guardare le tv per godere l’imbarazzo che ha suscitato la vittoria di Obama negli Usa nella battaglia per la sanità pubblica, ma soprattutto quella travolgente della sinistra in Francia.

E ho anche potuto constatare a che punto l’informazione italiana abbia un rapporto irrisolto con l’aritmetica, salvo quando si tratta di compiacere il potere e l’utilizzatore finale. Dal primo turno al secondo il discorso non è cambiato: la resurrrezione della gauche è effetto dell’astensionismo record. Osservazione scontata e che tuttavia non tiene conto di qualche evidenza per dare minor peso politico al risultato.

Rispetto al primo turno l’astensionismo si è ridotto del 3%,  eppure il divario fra sinistra e destra si è allargato invece di ridursi:  38,7 % contro 51,9  % una settimana fa,  54% contro 36% ieri.  Potrebbero sembrare percentuali piccole, che spostano di poco l’analisi e invece la cambiano completamente: non si tratta più di una scontentezza del’elettorato di destra che non va alle urne per protesta, ma di una vera e propria traslazione politica.

Come dice Martine Aubry “Stasera i francesi hanno respinto una politica ingiusta, fatta di regali fiscali per i più privilegiati a detrimento della lotta alla disoccupazione e al sostegno al settore pubblico. Stasera la Francia ha chiesto di cambiare profondamente politica”.

Non ci resta che invidiare la velocità elettorale dei Francesi: in tre anni hanno sgamato Sarkozy, mentre da noi non sono bastati 15 anni per accorgerci dei denti del caimano.