Ci sono molte tesi su quali possano essere i fondamenti dell’occidente e se essi esistono realmente o non siano un comune miraggio, ma una cosa è certa:  uno degli indiscussi profeti su cosa sarebbero diventate le democrazie occidentali è stato Idi Manin Dada feroce dittatore dell’Uganda per tutti gli anni ‘7o , nonché sospetto di cannibalismo, perché si dice, ma senza prove concrete, che  amasse assaggiare i suoi nemici politici, una volta fatti a spezzatino. Nel nel ’72, all’inizio della sua carriera di tiranno – ambiguamente amico di Gheddafi e di Mosca, segretamente papa e ciccia con la Gran Bretagna e Usa tanto che poi fini con una pensione conferita dal maggior amico di Washington, l’Arabia Saudita – di fronte alle accuse di non permettere la libertà di parola, rispose: “C’è libertà di parola, ma non posso garantire la libertà dopo la parola” . Con questa frase così sfacciata e così lungimirante consegnò un ritratto di ciò che sono le “libere” democrazie occidentali 50 anni dopo. La narrazione pandemica e la guerra in Ucraina hanno mostrato che esiste la libertà di parola, purché essa venga esercitata solo tra le proprie quattro mura, purché vicini ed estranei non sentano, altrimenti subentra la censura e l’attacco personale, il discredito e la diffamazione o persino vicende giudiziarie. Lo spirito critico è stato abolito e lo scambio razionale di argomenti reso impossibile. Insomma una sorta di cannibalismo morale, politico e sociale.

Improvvisamente una mentalità assertiva e allo stesso tempo passiva, prodotto antropologico dei media, si è rivelata in tutta la sua pervasività nella supina accettazione della rigidità con cui è limitato ciò che si poteva dire  pubblicamente e ciò che invece meritava la censura e la pubblica denigrazione. Bastava dire che l’epidemia di Covid era sostanzialmente riconducibile a una sindrome influenzale, cosa che oggi viene comunemente ammessa, per essere accusati di dire cose pericolose  e destabilizzanti, di essere considerati quasi come dei terroristi: e badate bene non a torto, la verità infatti è rivoluzionaria e  mai come in questo frangente è stata nemica del potere perché anche un minimo di scetticismo avrebbe potuto deturpare una narrazione così perfetta e così irreale, strappare lo scenario fasullo e mandare all’aria tutti i piani.  E proprio come le orchestre del panico i grandi media che avevano alimentato con successo i timori del “virus killer”, c’è stato un passaggio senza soluzione di continuità al panico sui “russi assassini”. Se prima la discriminazione verso in non vaccinati veniva considerata eticamente accettabile  ( e questo in un mondo dove l’inclusività è diventata ossessiva e pretestuosa anche se di preferenza si situa sotto l’ombelico) ora gli attivisti per la pace e quelli che si oppongono alla prosecuzione del conflitto e all’invio di armi,  sono egualmente insultati senza alcuna traccia di discussione libera o di aperto scambio di argomenti. In questo modo è riuscita una formattazione senza precedenti delle masse, creando una sindrome di Stoccolma collettiva: la “libertà” non doveva più essere garantita perché le vittime simpatizzavano con coloro che dentro una narrazione rudimentale e rozza oltre ogni immaginazione, attentava alla solidarietà e  soprattutto all’ubbidienza sociale. Del resto se solo si applicasse per un attino la ragione si capirebbe che appoggiare con tutte le proprie forse e scapito della rovina economica una guerra inutile, impossibile da vincere e in realtà voluta proprio dalla Nato, sia una follia e una macchia per l’occidente.

C’è davvero da meravigliarsi visto che questo degrado delle libertà fondamentali va di pari passo con quello economico, che la fine mondo unipolare vada accelerando con la Cina che mette pace tra nemici giurati come l’Iran e l’Arabia saudita, mentre l’Europa unita è attraversata da almeno una decina di di linee di faglia? Alla fine il distacco della realtà e l’adesione a narrazioni  bugiarde provoca i suoi effetti e non permette riequilibri e così accade che la presidente della commissione europea Ursula von der Leyen, la truffatrice dei vaccini, sua andata in visita in Cina con Macron, ma sia stata del tutto ignorata e abbia dovuto lasciare il Paese facendo la fila come i viaggiatori ordinari. Era folle di rabbia, ma purtroppo è anche l’unica cosa vera che abbia mai dimostrato, il simbolo della dissoluzione europea di cui è stata l’epigono. E tutte le sue mosse per instaurare una censura europea sulla pandemia, sui vaccini e sulla guerra, arrivando a vietare qualsiasi sito russo, ne fanno una figlia ideale di Idi Amin Dada. Aleno però non è cannibale si dirà: ma non ne sono certo: qualche volta il pollo lo avrà pure mangiato.