Può apparire come una modesta notizia che Uber sia per l’ennesima volta in rosso di miliardi. Certo, visto che ormai da tempo nella comunicazione delle major l’espressione taxi sta lasciando il posto a Uber, il marchio che sfrutta le nuove povertà e i nuovi disagi per offrire un servizio di trasporto al di fuori di ogni regola che non sia una regola interna, si fa fatica a pensare che non abbia il vento in poppa, e che anzi sia in gravi difficoltà . Questo nonostante che uno dei principali lobbisti della società, Mark McGann, abbia reso pubblici circa 120 mila documenti segreti nei quali si mostra come la società abbia operato in modo aggressivo in almeno 40 Paesi dell’Europa e del Medio Oriente , “corteggiando” primi ministri, presidenti, miliardari e oligarchi ( ma anche personaggi minori come sindaci e r presidenti di regione) per ottenere l’accesso al mercato dei trasporti passeggeri nonostante molto spesso le leggi lo vietassero. Ancora più straordinaria è un’altra notizia che dovrebbe essere nota: Uber non è mai stata in attivo fin da quando è stata fondata nel 2009 e secondo i resoconti economici la società aveva già registrato una perdita di oltre 10 miliardi di dollari quando è stata quotata in borsa nel 2019.
Ora tutto questo ci dice molto sulla natura dell’ipercapitalismo che domina incontrastato fin dalla caduta del muro di Berlino: per quale motivo Uber abbia raccolto una mole straordinaria di investitori che vanno dal gruppo Vanguard, alla Morgan Stanley, da Blackrock, a Google , PayPal e Toyota? In questa pagina potrete trovare tutti gli investitori, ma la domanda è appunto chi ha voglia di buttare denaro per una società che è in perdita costante non essendo riuscita a creare l’immagine di un servizio realmente professionale e anzi non privo d incognite come farebbe pensare la multa di 59 milioni per varie aggressioni sessuali in California e poi misteriosamente rifotta a soli 150 mila dollari? Proprio la generosità nei confronti di una società in perdita dimostra come agisce il capitalismo che ha ormai tanti di quei soldi in cassa da non avere paura di buttarli fuori dalla finestra se questo vuol dire affermare il proprio potere, È ragionevole presumere che Uber e i suoi numerosi azionisti non puntino a una rivoluzione nel trasporto passeggeri, come affermato, ma a un dominio a lungo termine sul mercato globale di questo settore per poter infine dettare i prezzi e le condizioni.. Per raggiungere questo stadio di monopolista del trasporto privato urbano, facendo fuori tutti i concorrenti, non importa se all’inizio si buttano via un po’ di miliardi: il vero profitto lo si avrà dopo, una volta raggiunta la possibilità di fare i propri prezzi. Così come un profitto economico e di bilancio dei giornali e di molti altri media, compresi i social è ormai impossibile da raggiungere, ma sono egualmente profittevoli per altra via.
Questo senza nemmeno tenere conto di un’altra importante fonte di potere: i dati che continuano a essere raccolti diligentemente sia dai passeggeri, sia dai conducenti. Come rivelato da Fabien Nestmann, capo di Uber in Germania, in un post che è stato poi cancellato, i dati passati dai conducenti vengono accuratamente filtrati per sapere chi va dove e possibilmente perché: sono state persino censite le probabili avventure di una notte. Tutto questo viene ovviamente giustificato con il pretesto che carpire tali informazioni serve ad ottimizzare il servizio, ma in realtà si tratta solo di acquisire potere. E allora non stupisce vedere tanti e importanti investitori, mettere soldi nella start – up che ha il record assoluto di perdite giornaliere. A questo punto il problema non sono i soldi che vengono ormai creati per germinazione spontanea, a questo punto è importante il potere nei settori chiave per poter preservare questo sistema. Non si contano le società in perdita e/o in sonno in numerosi campi, compreso quello medico, che vengono “risvegliate” al momento opportuno. In Europa Uber forte di operare in un contesto “facile” dal punto di vista della “persuasione” delle autorità ha cercato in tutti i modi di scavalcare leggi e regolamenti. si è arrivati al punto che nel 2019 la società che ha la propria sede europea ad Amsterdam si è rifiutata di accettare un’ingiunzione del tribunale distrettuale di Colonia, secondo cui Uber non poteva più utilizzare la sua app per noleggiare un’auto in Germania, con il pretesto che nessuno conosceva il tedesco. Poi è bastato modificare un po’ l’App per continuare ad usarla come se nulla fosse. Cosa che sta accadendo anche in Italia visto che i tassisti, almeno quelli romani hanno deciso di suicidarsi consentendo di essere chiamati con l’app di Uber. Per non parlare del tentativo di diversificare l’offerta nel campo del lavoro schiavistico.
Tutto questo non accadrebbe di certo se Uber fosse solo una società in perdita e probabilmente destinata all’estinzione: ciò accade perché dietro le sue spalle c’è il potere finanziario che in diversi modi e su diversi fronti sta cercando di controllare gli spostamenti dei cittadini: Per cui Uber viene pompata dalla comunicazione, mentre viene trascurata dai media dell’informazione che com’è noto fanno parte di un medesimo circuito afferente alla finanza, cioè agli stessi investitori nella società. alla fine, essi sperano che le difficoltà crolleranno e allora ci sarà da godere del raccolto.