Chi ha meno di 60 anni difficilmente può ricordare il ruolo del tacchino nella propaganda di Hollywood: esso compariva a tavola, almeno nella metà dei film  come segnale di opulenza inviato a tutto il mondo, l’arca della santa alleanza trasfigurata in arrosto fumante e tagliata a vivo. Anche nei Paesi europei dove pure c’era un boom economico l’emblema di questo inizio di benessere era costituito dallo slogan “un pollo su tutte le tavole”: ma era impossibile paragonare  il modesto volatile da cortile ancorché ancora ricco di sapore e di tradizione culinaria, con quell’enorme uccellaccio, stopposo e dal gusto scialbo che troneggiava sulle tavole americane, che era lì a fare figura o meglio ad essere l’archetipo dell’abbondanza.. Già vederlo con quell’aria di poter essere un intero banchetto riecheggiava lo stile di vita americano. In tutto e per tutto, nelle dimensioni: nella mancanza di eleganza  così come nell’animus visto che i coloni pensarono bene di sterminare le tribù di nativi che avevano insegnato loro l’allevamento del tacchino. E’ questo il bel ringraziamento che si festeggia e che oggi tocca agli europei subire con la loro rovina. educatamente accettata. Ma qui forse si parla di capponi.

Tuttavia le cose sono così rapidamente cambiate che adesso la metà della popolazione americana deve guardare il tacchino in cartolina o su Netflix senza sapere chi ringraziare per tutto questo. L’aumento stratosferico dei prezzi e la recrudescenza dell’aviaria  stanno rendendo impossibile ai più permettersi i mettere in scena e in tavola il rito nazionale: la tradizionale cena del Ringraziamento sarà fuori dalla portata di milioni di famiglie americane, già perigliosamente attaccate alla mammella degli aiuti alimentari , il che costituisce un vulnus non da poco non tanto sulle tavole ( se è per questo scarseggiano anche uova e burro) quanto nella catena simbolica che regge l’impero. Molti americani sono ormai fuori, sono esclusi. Sono ormai estranei esattamente come quegli abitanti del pianeta a cui Hollywood mostrava l’enorme arrosto per testimoniare della inarrivabile dovizia  garantita dal cosiddetto mondo libero.  Certo si tratta di problemi marginali se paragonati con la fame nel mondo che tuttavia aumenta in maniera drammatica sostanzialmente per le stesse ragioni che rendono il tacchino troppo costoso: la rottura delle catene di approvvigionamento innescate dalle campagne covid e poi esplose con il conflitto aperto dagli Usa in Ucraina. Adesso è in pericolo il tacchino, ma l’aumento di prezzo dei prodotti alimentari e i casi di carenza sono destinati ad aumentare in maniera esponenziale nel prossimo futuro mettendo in pericolo uno dei capisaldi della pace sociale americana : ovvero l’abbondanza alimentare che ha fatto dimenticare a molti l’esistenza di hdiritti, incomprimibili e tuttavia compressi oltre ogni immaginazione

Già quel tacchino straripante, adagiato sul piatto da portata come se si fosse alla corte di Nabucodonosor  era parte di un contratto sociale non scritto e certamente mai espresso con chiarezza che metteva l’abbondanza alimentare al centro di un sistema di assicurazione dello stile di vita: alle brutte ci si poteva pur sempre rimpinzare. Venendo meno questo è impossibile dire che cosa potrà accadere: certo qui e là i prati rasati stanno lasciando il posto ad orti che cominceranno a cambiare l’estetica stessa del paesaggio, almeno quello suburbano, ma si tratta di fenomeni marginali,  chi non ha né voglia né possibilità di dedicarsi alla produzione di cibo in proprio, potrebbe non stare più al gioco. Che è poi il gioco dell’andrà tutto bene grazie al quale molti hanno accettato cose inaccettabili: finora la crisi alimentare benché sempre più inquietante ha soprattutto provocato una ridislocazione dei consumi e dei luoghi di consumo  da quelli più cari a quelli più economici, ma ormai questo non basta più perché anche i minimi stanno diventando i massimi di ieri. Sembra insomma che niente  andrà bene, che anche questa promessa era solo aria fritta.