Anna Lombroso per il Simplicissimus

C’è una scuola storiografica che ha accreditato l’immagine dell’Italia come di una nazione mite, brava gente, pacifica, dotata di virtù civiche così presenti nella lunga tradizione di autogoverno urbano che toccano l’apice nel patriottismo difensivo delle repubbliche democratiche di Venezia e Roma nel 1848-49, che si materializzano nella resistenza sì da farne non solo una lotta di liberazione dallo straniero ma nella costruzione ideale di una società libera dallo sfruttamento e dall’ignoranza, libera, giusta e solidale.

La realtà dei fatti contraddice questa narrazione, a cominciare dalle “imprese” dei liberatori garibaldini nel Sud, dall’adesione incondizionata al fascismo corredata di delatori, spioni, collaborazionisti, dalle campagne coloniali cui vengono tuttora dedicati monumenti e strade.

Per non parlare della permanenza nel dopoguerra e fino ad oggi dei caratteri che si associano al fascismo, culto dell’uomo forte e successiva demolizione del suo monumento, razzismo e xenofobia, autoritarismo, bigottismo di comodo che fa dell’ipocrisia moralizzatrice una costante del pensiero comune, disincanto accidioso e conseguente disinteresse per il bene comune e la partecipazione attiva ai processi decisionali, delegati a un ceto politico contro il quale è concesso mugugnare, ma obbligatorio votare grazie a un susseguirsi di leggi elettorali che hanno trasformato il voto in timbro notarile e in virtù di un perenne stato di “necessità” incompatibile con la libertà e l’autodeterminazione.

Volessimo proprio individuare un carattere nazionale potremmo forse parlare della lentezza, pensando al passato anche recente  che è stato segnato dal riscatto o dall’elargizione da parte di soggetti esterni di interventi che hanno posto fine a alcune ere storiche alcune di durata  ventennale, caduta del fascismo e resistenza, Mani Pulite e demolizione forzata della Prima Repubblica, Europa incarnata da Draghi, sempre lui, e Trichet che abbattono la statua equestre per privatizzare e svendere il paese che merita la recessione a espressione geografica, a modo loro, secondo i canoni del totalitarismo economico e finanziario.

Eh si gli italiani ci mettono un bel po’ a prendere coscienza di come li stanno ingannando, di come sono sul mercato, prodotti di poco conto da quando gli è stato fatto perdere potere di acquisto e consumo nel processo da cittadini a clienti e ora schiavi del cottimo e del caporalato, pazienti in stato di perenne pericolo da fronteggiale grazie a una medicalizzazione della società, sorvegliati speciali per via della trasformazione fertile in “dati” da rivendere, far circolare e mettere a frutto nel grande suk della digitalizzazione.

In questi giorni a guardarsi intorno si vede qualche segnale: deve aver suonato qualche sveglia perfino nelle menti più narcotizzate, se i centri vaccinali sono deserti e nessuno risponde alla chiamata alla leva della quarta dose vaccinale. E siccome gestione pandemica e conflitto in Ucraina sono i due campi di battaglia della guerra di Draghi e dei suoi padroni contro gli italiani, qualcuno tira fuori il capino dalla tana da sorci in cui ci hanno concesso di passare l’estate e si interroga sulla bontà dell’interventismo armato e dei costi che comporta per la gente, anche quella mite e sottomessa che fino a poco tempo fa pensava così di sopravvivere e mettere al sicuro qualcosa.

Qualcuno – in fondo è bastato ricevere le prime bollette con i consumi dell’anteguerra – ha iniziato a mettere in dubbio le rassicurazioni del sicario in elmetto, quando ci ha tenuto a dirci che le sanzioni moralmente ineluttabili e doveroso saranno sopportabili, perché “anche se dovessero cessare le forniture russe oggi, siamo coperti fino al tardo ottobre grazie alle nostre riserve  e quindi le conseguenze non le vedremmo fino all’autunno

Affermazione che non si capisce se più spericolata o delirante a conferma che l’idolo della stampa è affetto da narcisismo patologico o da demenza senile come il suo suggeritore alla Casa Bianca, se contemporaneamente il presidente di Confindustria denuncia che ancora quando il gas russo alimentava a regime il nostro sistema industriale, oltre il 16% delle aziende aveva tagliato o chiuso le produzioni, ammonendo che “se si continua così”  prima dell’autunno un altro 30 per cento di imprese avrà un tracollo dimostrando  che ormai ”Produrre e’ diventato antieconomico“. Nel frattempo i prodotti agroalimentari registrano aumenti di oltre il 50%, e le aziende del settore (il solo comparto ortofrutticolo assicura 440.000 posti di lavoro) cominciano a licenziare.

Unica consolazione le sorti progressive del sistema industriale “sanitario”, impegnato su un nuovo fronte:  la baronessa von der Leyen da brava madre di famiglia e sposa di un prestigioso esponente del settore merceologico addetto a garantirci l’immortalità, ha   pensato bene di istituire un organismo  la Health Emergency preparedness and Response Authority (HERA), incaricata degli approvvigionamenti  con un investimento iniziale di 540 milioni e mezzo di euro, in equipaggiamenti, farmaci, vaccini e terapie (tachipirina e vigile attesa della pace?) indicate per la cura di soggetti esposti a Cbrn,  gli agenti Chimici Biologici Radioattivi Nucleari.

E mentre la stampa ufficiale esulta per l’arrivo del tanto rimpianto turismo americano, che popola festosamente Venezia, Roma, Firenze, riconfermando che nel migliore dei casi il nostro destino è diventare il parco tematico e l’albergo diffuso del nuovo Rinascimento, ben protetto grazie alle basi e agli arsenali Usa-Nato, la Banca d’Italia fa sapere che solo se il conflitto finisse oggi, santa Pasqua,  la crescita del Pil si attesterebbe quest’anno intorno al 3% (rispetto all’ottimistico 4,2% delle precedenti previsioni).

Ma se invece vince il partito della guerra, se  le armi occupassero lo spazio politico e militare, come sembrano volere tutti gli attori sulla scena,  ancora due o tre mesi, la crescita non supererebbe il 2%. E se hanno ragione quelli che profetizzano una durata a bassa o media intensità di due o tre anni, verremmo assorbiti da una spirale recessiva con un calo del Pil di almeno lo 0,5% all’anno.

Non è più tempo di opposizione slow e di critica light, men che mai di mitezza. È ora davvero di difendersi da chi ci ha dichiarato guerra.