Anna Lombroso per il Simplicissimus

Vien proprio da desiderare un’invasione aliena che venga a defascistizzare l’Italia, liberandoci dalle gerarchie del totalitarismo tecnocratico, economico e finanziario, dai suoi sacerdoti e dai suoi ideologi. Ma non arriva nessuno, a conferma che altrove esistono intelligenze superiori poco inclini a perdere tempo con questi ridicoli corpuscoli, avanzi  di chissà che stravolgimento galattico.

Altrettanto sterilmente mi cullo nell’ipotesi che si possa istituire un obbligo per chiunque si azzardi a dichiarazioni di principio di esibire la dichiarazione dei redditi, ipotesi a dir poco ingenua conoscendo i mille sotterfugi e le  mille acrobazie a norma di legge che permettono a chi può essere assistito da prestigiosi studi di commercialisti di evadere, eludere,  rimuovere.

La verità è che un susseguirsi di altri Ventenni ci hanno tenuto a informarci che il fascismo è un fenomeno sigillato nell’archivio del secolo breve, che dunque non valeva la pena di criminalizzare e punire – le leggi ci sono – le ridicole esibizioni di nostalgici, mentre invece un Paese civile doveva fare i conti con il passato e promuovere un’opera di storicizzazione che portasse a una benefica riconciliazione delle “parti”, obiettivo questo della battaglia “culturale” condotta dal Pd.

Con il risultato che per un bel po’ illustri politologi amanti di ossimori e paradossi, si sono augurati che si materializzasse una grande destra moderna e democratica che favorisse l’aggregazione di una sinistra altrettanto moderna e progressiva, in modo che dalla fertile contrapposizione nascesse una nuova società “senza differenze”, senza pressioni e pregiudizi ideologici, preferibilmente senza idee.

Il risultato ha superato le aspettative: ormai siamo immersi nella poltiglia politica e culturale  di un regime monolitico, una discarica di pensieri e atti di un globalismo guidato dal mercato dove vengono conferiti tutti i valori e i principi del fascismo: sfruttamento, mercificazione, repressione, disuguaglianze, censura, nazionalismo e autoritarismo, culto della personalità e spersonalizzazione degli individui che non appartengono al ceto dominante, corruzione, militarismo, mire espansionistiche che si traducono in imprese coloniali fuori e dentro i confini, dove l’imperialismo si declina su scala favorendo il depauperamento e il consumo di larghe aree della nazione, considerate parassitarie.

E per persuadere il popolino che idolatra le sardine, Greta, le fondazioni che esigono sms, le associazioni green che ci risparmiano dai veleni dell’olio di palma ma non da quelli dell’Ilva, i pacifisti armati fino ai denti, i cantanti di Bella Ciao in poggiolo, gli addict del Supergreen pass  che ci garantisce la libertà e il riconoscimento dello status di “responsabili”,  viene indicato  come pericolo “fascista” a intermittenza il prezioso alleato di governo irrinunciabile, la  nuova vaiassa in sostituzione della nipotina del Duce, che esulta per l’empatia con Letta, mentre celebrano i martiri ucraini ipertatuati, inanellati e ingioiellati con croci uncinate, redenti in qualità di eroici partigiani.

Ora, potremmo temporaneamente passar sopra alla eclissi della Ragione e alla rimozione della molesta Storia, se non fosse che ormai le voci concesse  e abilitate a esprimersi da ogni tribuna sono solo quelle degli usignoli dell’imperatore d’Occidente -demente, dei suoi scherani, ufficialetti di giornata, divulgatori, addetti agli arsenali e alle salmerie, autori coattivi di pamphlet pronti all’uso, figuranti di ogni talkshow.

E’ c’è da credere  davvero in Italia ormai siamo messi peggio che altrove a vedere un accorato e toccante appello per invitare al sacrificio rituale, a firma congiunta di Nadia Urbinati e Roberto Esposito, un manifestino della razza superiore, pubblicato da MicroMega che giudica osceni i  comunicati dell’Anpi e che chiama alle armi contro chi ha l’audacia di esprimere dubbi sull’indubitabile delle “orrende stragi” immortalate da Stampa e Repubblica.

Se l’invio delle armi crea una ritrosia non immotivata in chi la intende come una guerra per procura – un prezzo di vite umane fatto pagare ad altri anche per difendere i nostri valori, scrivono i due , non resta che l’opzione dell’embargo del petrolio e del gas. Ma questo è un costo – si dice – che pagheremmo noi. È proprio per questo che non ci vergogniamo di proporlo. Che ci sentiamo di doverlo chiedere!”.

E continuano implacabili e determinati come certi preti missionari, certi teologi feroci, certi prefetti dell’Inquisizione o del Tribunale Speciale per la difesa dello Stato:  “le conseguenze- l’ha detto Feltri su Domani -secondo le proiezioni dello stesso governo, sarebbero gravi, ma non catastrofiche. Ciò rafforza la necessità di questa scelta. Ma non ne costituisce il motivo primario. Che riguarda il rapporto tra convenienza e vita umana. Come durante la pandemia si è detto che alcuni diritti alla libertà individuale possono essere per un certo periodo sacrificati alla sopravvivenza di molti, ciò vale a maggior ragione per la convenienza economica”.

Ma chi sono questi Savonarola, questi catto fascisti, predicatori della dottrina della rinuncia penitenziale a carico della povera gente, come predicato dall’austerità redentiva dei peccati del passato dai quali loro sono esentati in quanto meritevoli per obbedienza e soggezione di privilegi, rendite, licenze?

Presto detto: da anni Nadia Urbinati classe 1955, nata a Rimini e naturalizzata statunitense,  ammaestra i cittadini italiani sui temi del pensiero e delle istituzioni democratiche e della rappresentanza politica dal buen retiro della cattedra di  scienze politiche della Columbia University di New York da dove di tanto in tanto rientra in patria in qualità di visiting professor presso atenei pubblici e privati prestigiosi.

Sarebbe dunque approssimativo parlare di lei come di un cervello in fuga e in esilio malgrado superiori talenti non riconosciuti sull’ingrato suolo natio: qui si tratta di affinità, empatia, per non dire affiliazione a quel progressismo neoliberista che ha trovato una greppia cui nutrirsi proprio là, da dove l’egemonia del capitalismo globale si è costruita attraverso  un  processo di colonizzazione anche ideologica, che ha investito violentemente gli Stati occidentali ben prima della crisi finanziaria del 2007/2008, passando attraverso lo smantellamento progressivo di tutti gli istituti della protezione sociale instaurati dal welfare State e la demolizione delle democrazie nazionali, costrette all’abiura di sovranità e poteri.

Che l’occupazione militare delle menti di certi pensatori sia progredita con successo provocando la rimozione e il tradimento di studi e esperienze culturali e politiche lo dimostra l’accelerazione che ha subito quando un susseguirsi di emergenze ha portato gente che ha avuto dimestichezza con Rosselli, Bobbio, Ginzburg, a accogliere con responsabile entusiasmo la retrocessione dei diritti in licenza arbitrarie concesse a chi si uniforma o mette l’uniforme. A promuovere la creazione di gerarchie e graduatorie che collocano in cima la salute o la “pace” armata, a tollerare la cancellazione del potere decisionale dei parlamenti in favore di quello assoluto dell’Esecutivo giustificato da un infinito stato di emergenza che risparmia o addirittura favorisce un ceto esclusivo che non teme i rincari delle bollette,  i razionamenti, le carestie, perché ci sarà sempre una borsa nera per le élite autoproclamatesi tali.

Ancora più significativo il profilo dell’altro bigotto del sacrificio per conto terzi,  quel Roberto Esposito, sacerdote della corrente dell’Italian Theory, non a caso detta e scritta così, nel più puro slang imperiale, una “scuola” filosofica i cui proseliti condividono un rifiuto categorico dell’esperienza storica del socialismo reale e  la conseguente pretesa  di assolvere in proprio alla funzione morale e culturale di ripensare la politica, ora che che le categorie principali della modernità, democrazia, rappresentanza, Stato, rivoluzione hanno perso significato.

Punto di riferimento più o meno idolatrato o denigrato, comunque irrinunciabile è Toni Negri restituito ormai alla legalità e legittimità morale, anche lui influenzato dalle severe e frugali abitudini del cattolicesimo militante ma cui va riconosciuta una lettura della Guerra incontestabile, che pare Esposito non riconosca,  e che supera la natura di conflitto dichiarato tra differenti stati-nazione e strumento per la salvaguardia e l’estensione di interessi imperialistici di una sola nazione, “ma guerra globale permanente, caratterizzata dall’ossimoro dell’emergenza come norma necessaria a gestire globalmente i flussi di materie prime, delle merci, dei capitali e, ovviamente, delle persone… con una  gestione policentrica di conflitti regionali, guerra asimmetrica, attività di repressione poliziesca, controllo delle frontiere, guerra al terrorismo: tutte attività considerate specificazioni del medesimo conflitto globale permanente”.

Tocca dar ragione a Negri, contro le renitenze modaiole del clero della Italian Theory che sputano su Gramsci e storcono il naso sulla scuola di Francoforte, in modo da giustificare il disprezzo per la moltitudine e la sfiducia nelle possibilità che si crei un blocco sociale che rovesci il tavolo dove sono attovagliati.

E che approfittano delle opportunità morali offerte dal conflitto per rafforzare la guerra interna dell’oligarchia contro sfruttati da condannare al maglione e alla fame, all’umiliazione e al bisogno.