Anna Lombroso per il Simplicissimus

Offro alla riflessione di quanti si sono scandalizzati per raffronti e confronti tra la condizione di apartheid introdotta nel Paese da due anni e il processo di emarginazione, isolamento e discriminazione che ha preceduto le leggi razziali del ’38,  un fatterello eloquente. Da giorni i cancelli per il passaggio degli studenti nella facoltà di ingegneria dell’Università di Tor Vergata sono presidiati da altri studenti incaricati del controllo del Green Pass, mansione premiata con la concessione di crediti formativi.

Da sempre nella storia esistono queste figure, quelle di un personale scelto tra i sorvegliati che assicuri due benefici: non costi se non in favori miserabili quanto la loro accondiscendenza a un compito infame e traditore, e  l’opportunità di poter spiare e conoscere umori e indole dei custoditi, in modo da prevenirne trasgressioni e ribellioni e contribuire a repressioni e castighi esemplari.

Mi sottrarrò alla tentazione di fare un paragone tra i futuri ingegneri cui sarà affidata la transizione verso un universo digitale e i Kapò dei lager, soltanto perché anche la vergogna ha delle gerarchie e i Kapò (Kamerad «camerata» e Polizei «polizia») almeno si prestavano sperando di prolungare la vita concessa nel campo e di ottenere con l’abominio una scodella di cibo.

Invece questi ragazzi in vendita non meritano l’indulgenza che si deve riservare ai ricattati, peggio dei capireparto che denunciavano i compagni, pensando di poter fare qualche salto di carriera o guadagnarsi qualche straordinario, più spregevoli dei vigilanti di Amazon che fanno la spia se il magazziniere si assenta per la pipì invece di conferirla nella bottiglietta della minerale adibita all’uso contando di poter parcheggiare il camper dove dorme, dentro al parcheggio dell’azienda, come condizione di favore.

Il fatto è che hanno l’attenuante di essere loro stessi vittime, non solo di un’istruzione e  di un modello di futuro che li prepara alla servitù e nel quale i diritti sono stati retrocessi a prerogative concesse e meritate grazie a conformismo e obbedienza e alle virtù che devono caratterizzare il capitale umano: ambizione, competitività, arrivismo, spregiudicatezza.

E d’altra parte come condannarli se aspirano a faticare il meno possibile, a far fruttare espedienti e furbizie quando l’esempio che viene esibito è quello di un ceto politico disonesto, briccone e sleale che ha contribuito alla svendita  dei beni comuni e della  sovranità del Paese, o di una classe imprenditoriale che si arraffa aiuti pubblici, agguanta i benefici di legge per poi darsela a gambe in siti più propizi, ormai abituata a investire nella roulette degli azionariati, trascurando innovazione, ricerca e sicurezza dei lavoratoti.

Se hanno come modelli  medici rintanati che omettono il soccorso e la cura che devono recare nel rispetto di un giuramento e che per questo vengono premiati economicamente e moralmente, o  giornalisti che mentono, che hanno  rinunciato a  dignità e onore, prestandosi a fare i passacarte di regime in cambio della forma di assistenzialismo più corrotta e corruttrice, quella che orienta e condizione l’informazione.

E che dire degli insegnanti, baroni o maestri, accademici o professorini,  che hanno collaborato attivamente alla demolizione dell’istruzione pubblica, accettando la conversione della scuola in diplomificio, in fabbrica di addetti a funzioni esecutive. Proprio loro che dovevano essere i primi a esigere il rispetto del loro ruolo e della funzione dell’istruzione pubblica, combattendo l’adozione  di strumenti e procedure che svalutano i valori della conoscenza e del sapere, per esaltare quelli della formazione al lavoro, della messa al bando di spirito critico e indipendenza di pensiero.

Besta pensare alla paghetta offerta gli studenti romani, gli stessi magari che a intermittenza manifestano contro l’alternanza scuola-manganello, o solidarizzano con i maturandi che rifiutano la prova scritta, che protestano per la repressione poliziesca in piazza, e poi si fanno intervistare per indicare come figurina del loro pantheon il bi-presidente che ha messo il timbro su tutti i decreti sicurezza e i loro aggiustamenti ipocriti.

E difatti ogni esame universitario è associato un certo numero di crediti di formazione, ognuno dei quali è pari a 25 ore di “impegno”. Ciascun anno accademico consta di 60 crediti formativi, maturati secondo criteri  stabiliti dagli organi collegiali competenti per i singoli corsi di studio), rappresentati da studio individuale, da lezioni frontali: esercitazioni in aula, seminari, cioè quanto dovrebbe essere  erogato dall’università, e oggi materialmente condizionato del possesso del Green Pass, o da particolari   attività a elevato contenuto sperimentale o pratico, o ottenuti grazie a  “esperienze professionali e/o lavorative”.

Va a sapere questo test anticipatore di altre delicate prove di senso civico e responsabilità personale e collettiva, come verrà valutato e ricompensato.

Ma di una cosa possiamo essere certi, che un paragone legittimo da fare è quello tra il lavoro come veniva interpretato dalla scritta che campeggiava all’ingresso di Auschwitz, Dachau, Flossenbürg e pure di Terezin dove erano “accolti” i più giovani, e quello che devono aspettarsi i giovani, quando solo la sopportazione di volontà generate dall’alto e l’ottemperanza dei comandi e delle regole ingiuste costituiscono l’unica garanzia di godere di una libertà condizionata a aggiudicarsi salari umilianti, mansioni avvilenti, incarichi alienanti e ripetitivi.

Quelli che rifiutano certi confronti per non affrontare il paragone tra la loro indifferenza o il loro accanimento contro gli “altri” di oggi con l’accidiosa ignavia di ieri sfociata in collaborazionismo, interpretano la storia come il presentarsi inatteso di  incidenti imprevedibili dei quali non possono essere considerati in alcun modo responsabili e soggetti attivi e che il fatto che possano ripetersi è ammissibile solo a patto che si riaffacci alla ribalta della tragedia il burbanzoso duce che falcia a torso nudo o il fuhrer isterico coi baffetti, che l’emarginazione, la criminalizzazione, l’esclusione e il linciaggio sfocino nei campi, nei treni piombati, delle camere a gas.

Solo così possono evitare di avere coscienza di appartenere a una maggioranza – che va restringendosi al cospetto di rivelazioni di danni e crimini che non possono più essere nascosti – che condivide le idee e le azioni che stanno dando luogo a una separazione, giudicandole necessarie, anzi doverose per il bene comune, meritate dai nemici, eretici, disertori, sociopatici, psicolabili fino a scegliere il suicidio, come il dipendente del kebab di Oderzo, che si è dato fuoco dopo essere stato multato perché privo di green pass,  subito retrocesso a squilibrato come l’insegnante di Rende, catalogato come Fake.

Solo così si accetta che i propri figli si sottomettano a un ricatto vergognoso , si prestino a una sopraffazione esecrabile proprio nei luoghi dove si dovrebbe insegnare e apprendere la lezione della Ragione, della Conoscenza che alimenta la coscienza, della Libertà.