Prove crescenti e sempre nuovi studi mostrano che l’immunità naturale al Covid è molto più forte e duratura di quella conferita dai vaccini, cosa che peraltro era nota già da da decenni ma gli esperti affermano che il Cdc americano sta ignorando tutto quanto sappiamo e sta alterando i dati per supportare l’imposizione dei preparati genetici anti Covid. Almeno questa è l’accusa che il dottor Marty Makary , professore di chirurgia e politica sanitaria presso la John Hopkins University, ha rivolto martedì scorso ai Cdc  ovvero quella di “manipolare le linee guida sulla salute pubblica relative ai vaccini e all’immunità naturale per supportare una narrativa politica”. Egli tra le altre cose dice che i Centri per il controlla e la prevenzione delle malattie forinosce indicazioni del tutto diverse per ciò che riguarda altre malattie: l’immunità naturale è sempre considerata migliore rispetto a quella vaccinale e si sconsiglia la vaccinazione  a chi ha già avuto la malattia.

La questione non è certo da poco visto che riguarda decine di milioni di persone nei soli Stati Uniti: secondo un articolo del 13 settembre del British medical Journal, quando  è iniziato a metà dicembre 2020, il lancio dei  vaccini anti covid più di un quarto degli americani – 91 milioni – era stato già infettato dal virus Sars -CoV-2, e questo secondo le stesse  stime del Cdc. Poi la percentuale delle persone naturalmente immunizzate è salita al 44% Ma considerare buona l’immunità naturale avrebbe significato rinunciare a un numero stratosferico di dosi dei preparati a mRna e per questo il Cdc ha buttato all’aria tutte le conoscenze scientifiche accumulate sostenendo la vaccinazione per tutti  indipendentemente dalla precedente infezione. Sul suo sito web, l’agenzia a gennaio ha giustificato questa decisione  affermando che l’immunità naturale “varia da persona a persona” e “gli esperti non sanno ancora per quanto tempo qualcuno è protetto”. Davvero una sfacciataggine senza precedenti perché il minimo che si possa dire e che la stessa incertezza vale anche per i vaccini. Ma questa è per l’appunto la scienza alla Fauci: il 10 settembre il dottor Sanjay Gupta sulla Cnn ha chiesto al capo consulente medico del presidente Biden, se le persone risultate positive al virus dovrebbero comunque ricevere un vaccino. Gupta ha citato dati recenti da Israele che suggeriscono che le persone che si sono riprese dal Covid hanno una protezione migliore e un rischio inferiore di contrarre la variante Delta , rispetto a quelle con l’ immunità indotta dal vaccino a due dosi di Pfizer-BioNTech .

“Non ho una risposta per te su questo”, ha detto Fauci . “Questo è qualcosa di cui dovremo discutere per quanto riguarda la durata della risposta immunitaria.” E’ del tutto evidente che si tratta di una pietosa bugia, anche perché è stato provato che per quando riguardo un virus assai simile, il Sar Cov 1 l’immunità naturale dura almeno 17 anni. Ma poi già nel novembre 2020, importanti studi hanno mostrato che le cellule B e T della memoria immunitaria si formano in risposta all’infezione naturale e le cellule della memoria rispondono producendo anticorpi anche contro le varianti. Inoltre uno studio finanziato dal National Institutes of Health e condotto dal La Jolla Institute for Immunology, ha trovato “risposte immunitarie durevoli” nel 95% dei 200 partecipanti fino a otto mesi dopo l’infezione. Anche uno dei più grandi studi fino ad oggi, pubblicato su Science nel febbraio 2021, ha scoperto che sebbene gli anticorpi siano diminuiti in otto mesi, le cellule B di memoria sono aumentate nel tempo e l’emivita delle cellule T CD8+ e CD4+ di memoria suggerisce una presenza costante. E infine in uno studio della New York University pubblicato il 3 maggio scorso gli autori hanno studiato il contrasto tra l’immunità vaccinale e l’immunità da precedenti infezioni in relazione alla stimolazione dell’immunità innata delle cellule T, che è più duratura dell’immunità adattativa attraverso i soli anticorpi prodotti inseguito al vaccino. Gli autori hanno concluso: “L’analisi dei repertori dei recettori delle cellule B e T ha rivelato che mentre la maggior parte delle cellule B e T clonali nei pazienti COVID-19 erano cellule effettrici, nei soggetti vaccinati, le cellule espanse clonalmente erano principalmente cellule di memoria circolanti”. Ciò significa che l’immunità naturale trasmette molta più immunità innata, mentre il vaccino stimola principalmente l’immunità adattativa, poiché le cellule effettrici innescano una risposta innata più rapida e duratura, mentre la risposta della memoria richiede una modalità adattiva che è più lenta a rispondere.

Potrei citare anche molti altri studi sul tema che peraltro era già stato indagato prima del covid, ma il fatto che tutto questo non venga preso in considerazione dal Cdc, peraltro esso stesso produttore in proprio di vaccini tanto per ribadire la totale confusione di ruoli tra controllori e controllati, dimostra che le cosiddette autorità mediche, non abbiano alcun  altro scopo che vendere vaccini e per fare questo sono disposte a fare qualunque cosa, anche quelle più pericolose per la salute pur di realizzare profitti.