Ogni volta mi sorprendo di come sia malato il rapporto che abbiamo con l’America di cui non riusciamo a cogliere la mediocrità, la volgarità e i limiti  sempre più vistosi dell’ ideologia di fondo che esprime la sua elite o gli approdi grotteschi se non criminali della medesima. Quest’ alfa e omega del nostro immaginario provincial -coloniale ha a volte risvolti davvero strampalati  come quando si sente qualche critico della vicenda afgana e dei suoi inattesi sviluppi  dire che gli Usa hanno lasciato sul campo una panoplia di armi che adesso a disposizione di russi e cinesi che potranno studiarle. Ma davvero pensiamo che l’humwee o il vecchio Chinook siano fuori dalla portata di Mosca e Pechino? Che insomma il materiale lasciato al cosiddetto esercito afgano e subito finito in mano ai talebani sia strategico e che i presunti avversari non abbiano di meglio, quando lo stesso Pentagono sia pure tra le righe, ammette di essere rimasto indietro?

Questa iper valutazione dell’ America che si scontra giornalmente con una realtà di declino, a volte sfiora il patetico e credo che non ci sia niente di meglio per illustrare tutto un pezzo fortunosamente ritrovato negli archivi, scritto pochi giorni prima della seconda guerra dell’Ossezia svoltasi dal 1° al 12 agosto del 2008 in cui si sosteneva che la Georgia, la quale si voleva appunto annettere l’Ossezia del Sud, sarebbe stato un osso durissimo per la Russia. Questo perché le truppe georgiane erano direttamente addestrate delle forze speciali statunitensi e dai marines secondo gli standard Nato. “Sono finite le tradizioni sovietiche dei soldati che non sparano mai con le armi fino allo scoppio della guerra o dei carri armati troppo preziosi per essere scacciati dal parco macchine.”, diceva questo anonimo profeta. E poi: “Utilizzando piani di addestramento standard familiari alla recluta media dell’esercito o della marina statunitense, gli educatori (sic) si sono concentrati sulle basi: insegnare ai soldati georgiani le tattiche delle piccole unità, l’abilità di tiro e l’iniziativa individuale. Gli istruttori statunitensi hanno anche portato a scuola il corpo degli ufficiali georgiani, promuovendo lezioni e parole d’ordine apprese dall’America nelle sue recenti guerre”. Un panegirico così paradossale che arriva a citare come fonte di forte credibilità militare  il fatto che la Georgia dal 2003 fosse “tra i più entusiasti sostenitori delle forze internazionali degli Stati Uniti in Afghanistan, Kosovo e Iraq.” Notare quell’inciso sulle forze internazionali Usa che è un vero capolavoro. 

E non basta ovviamente perché: “I soldati georgiani di prima linea indossano uniformi della NATO, elmetti in kevlar e giubbotti antiproiettile uguali a quelli usati negli  Stati Uniti e portano il fucile automatico M-16 fabbricato in Usa: una svolta drammatica rispetto al modo in cui la maggior parte delle ex repubbliche sovietiche equipaggiano le truppe, con un mix di sovietici di seconda mano dell’era e attrezzatura russa o cinese più recente” Nella sostanza si vuole far intendere  che la guerra potrebbe durare a lungo grazie a un sostanziale equilibrio tra i soldati georgiani toccati dalla benevolenza e dalla potenza degli Usa e i russi che hanno ancora quei fetidi Kalashnikov con i quali del resto non si esercitano mai a sparare e dunque nonostante la differenza di potenziale militare ci sarebbe stato il tempo di portare avanti la questione osseta e di trattare.

Non è andata così: dopo scaramucce tra i separatisti osseti e le forze georgiane iniziate il primo agosto, il sette  le truppe di Tiblisi hanno invaso l’ Ossezia, il giorno seguente i russi hanno contrattaccato e ne giro di 24 ore hanno letteralmente spazzato via l’esercito georgiano con i suoi elmetti in kevlar, i giubbotti e i loro istruttori. Se non fosse stato per il tentativo diplomatico francese (ovviamente sollecitato da Washington che aveva sbagliato tutti i i suoi piani) il 9 agosto i russi sarebbero stati a Tiblisi e al confine turco. E oggi di fatto la Georgia è diventato un Paese tradito e uno stato inesistente.  Chiunque lo avrebbe capito ma non gli “amerikani” sparsi per il mondo i quali  non sono in grado di contemplare un declino che è anche il loro.