Quando i social vogliono esercitare un’illecita censura di appellano ad alcune formule magiche, ad abracadabra che nella loro intenzione possono giustificare la censura in nome di ipotetiche regole della community che sarebbero state violate, anche se il più volte si tratta proprio di una pura e semplice  menzogna. Ad ogni modo una delle frasi preferite è che vengono presentati “argomenti divisivi”. In questo modo sembra quasi che i social non prendano posizione, ma in realtà non ci potrebbe essere espressione migliore per illustrare il livello di degrado culturale nel quale sguazzano, ossia la versione american pop della falsa democrazia:  infatti ogni argomento è di per sé stesso divisivo, se non lo fosse non sarebbe un argomento, qualunque aspetto razionale od emotivo della vita unisce e divide allo stesso tempo per cui è fin troppo chiaro che la community alla quale ci si riferisce non è propriamente umana, ma formata da zombi e aspiranti tali privi di qualsiasi argomentazione e motivazione. Se non sapessimo che la frase è utilizzata semplicemente per coprire una volontà censoria si direbbe che è questa la nuova promessa del sistema, il nuovo patto sociale che promette piena libertà di parlare di gattini, purché ovviamente se ne parli bene, ma di nient’altro perché tutto ciò che ha senso nella vita può dividere e ai social le vite con un senso non piacciono.

Altra frase ricorrente che ormai sentiamo insistentemente da un anno e mezzo, ma che  è stata messa a punto già da prima è l’accusa di fare “disinformazione in campo medico e scientifico”. Non si tratta di una frase banale e buttata lì tanto per trovare una formulazione qualunque, ma è stata attentamente studiata per fornire una via d”uscita in caso la narrazione pandemica saltasse e i narratori più assidui e più determinanti rischiassero un bel calcio in culo della storia: come si può notare è stata completamente abbandonata la definizione di fake news con la quale erano cominciate le esercitazione della censura sul web, perché ciò sarebbe molto compromettente e pericoloso per i social. Per esempio se uno mettesse insieme dei dati ufficiali e mostrasse che essi dicono l’esatto contrario rispetto all’interpretazione ufficiale, l’accuse di dare notizie false potrebbe esporre You tube, Facebook e compagnia  alla necessitò di comprovare provare l’accusa di falsità e dunque al pericolo di dover finalmente ammettere. Al contrario “disinformazione” è molto più sfumato e non si riferisce direttamente alla realtà e men che meno alla verità, bensì appunto all’informazione ufficiale e a ciò che essa dice in campo medico – scientifico che peraltro potrebbe anche essere totalmente fuorviante, come  è accaduto molto spesso  nel campo della scienza: la volontà censoria non cambia minimamente, anzi forse si aggrava facendo riferimento a un’autorità senza appello che nella scienza per sua intrinseca natura non esiste, ma da un punto di vista formale sgrava da qualsiasi responsabilità diretta e appare credibile ai più ottusi.

Ma queste formulazioni non basate sulla realtà, ma sulla “conformità” ottengono.anche un altro effetto, quello di trasferire il discorso  da un piano razionale dove possono essere esaminate varie ipotesi a uno puramente cultuale e fideistico. capace di innescare un processo di regressione ed evocare  un mondo dove esistono solo bene e male: in questo universo primitivo si può solo parteggiare non ragionare. C’è una frase che viene attribuita a Voltaire e che dovrebbe metterci in guardia e farci  molta più paura di un virus dell’influenza: “Chi ti fa credere assurdità ti fa anche fare mostruosità”. Pensiamoci tutte le volte che sentiamo le frasette magiche della vergogna.