Ciò a cui siamo di fronte è l’estinzione di una specie politica, anzi di molte specie tra loro collegate: l’asteroide greco ha colpito duramente dopo mesi di tira e molla e in un attimo ha posto ufficialmente fine al grande mastodonte della socialdemocrazia. Ne ha svelato la vecchiaia e l’impotenza, l’anacronismo di tesi, strategie, sistemazioni intellettuali buone per il capitalismo produttivo, ma del tutto inutili dentro quello finanziario e globalista. La resa di Tsipras – come del resto avevano immaginato molti commentatori – è di fatto quella di un intero atteggiamento di fronte ai problemi della democrazia e dell’eguaglianza che si pensava di poter affrontare e risolvere gradualmente dentro il contesto e il paradigma della produzione.
La Grecia si è alla fine arresa non perché non potesse andare alla guerra, visto che anche i creditori hanno armi affilate, ma perché resistere davvero e non mandare avanti un bluff nella speranza che gli altri ci caschino, era nell’essenza e nella natura di Syriza che faceva conto come un Rousseau collettivo sulla natura sostanzialmente “buona” e riformabile dell’Europa, dell’euro e dei corollari sociali ad esso collegati, quasi che l’austerità fosse un incidente di percorso e non una velenosa sostanza politica. Alla fine non è riuscita a contrastare l’egemonia culturale dominante, trascinando anche i greci che hanno votato per lei a sperare nella possibilità di compromesso ed anzi vedendo in esso l’unica strada. E’ sembrato di assistere a uno di quei documentari in cui si vanno a filmare gli squali per dimostrare che dopotutto non sono pericolosi e non attaccano l’uomo. Il capitalismo finanziario lo attacca eccome invece e il non accorgersene è dovuto solo alle distorsioni prodotte dal controllo culturale stabilito dal pensiero unico.
E’ umano, troppo umano come direbbe Nietzsche – sempre a proposito di nuovi miti della sinistra – che all’inizio del declino dell’Urss e ancor più dopo la sua implosione, con la mancanza di un oggetto di fede ancorché criticato e criticabile all’infinito, ma pur sempre impalcatura destinata a sorreggere la legittimità concreta di speranze, si sia dato vita alla danza dei dervisci narcotizzati da fine della storia, fine delle ideologie, postmodernismo, società liquida, non senso della distinzione destra -sinistra e infine decrescismo da disperazione e immolazione. In sostanza a una lunga resa tra ipocrisia e disorientamento.
Ora sappiamo che qualsiasi movimento politico pratichi queste vie è così intriso di pensiero unico da non riuscire a trovare in se stesso la forza di sottrarsi al ricatto e che senza un’idea di società radicalmente differente, anche solo come grenzbegriff, come concetto limite, non può che sventolare bandiera bianca di fronte alle logiche finanziarie. Oltretutto è politicamente e anche psicologicamente impossibile gestire la necessaria gradualità di uscita dal paradigma della massima diseguaglianza come motore economico, senza essere collegati a un’idea forte e alternativa. E la vicenda greca dimostra come questo non sia solo impossibile in tempi normali, ma lo è anche nel cuore dell’emergenza, dell’impoverimento, della crisi umanitaria.
Del resto sperare in una rivoluzione in mancanza di un soggetto rivoluzionario è un prendersi in giro, al massimo si può far conto su un ribellismo che certamente può cambiare qualche carta in tavola, ma che inevitabilmente – dopo tanto latitare della sinistra – non può che essere gestito dalla destra, ovvero da chi della disuguaglianza e dell’esclusione – “a casa nostra”- è ben convinto e rifiuta la globalizzazione solo perché troppo impari ormai. Insomma si è sperimentato fino in fondo che la classica socialdemocrazia, assieme ai suoi parenti, derivati e quinte colonne del grande capitale incistate a sinistra, non è in grado nemmeno di creare il terreno sul quale può essere seminato il germe di un cambiamento, anzi finisce per assolvere alla funzione dei corvi che becchettano il seme tra i solchi.
Sì, l’asteroide che molti tenevano si è effettivamente abbattuto e il fatto che uno dei più intransigenti sulla resa della Grecia sia stato proprio Rajoy, insidiato da Podemos, fa capire che l’estinzione di speranza non è destinata a fermarsi ai confini ellenici quanto meno nelle intenzioni dei poteri europei. Ci si può consolare con il chiacchiericcio di chi, in spregio di ogni realtà, vede nella resistenza alle imposizioni durata pochi mesi una vittoria comunque: dopotutto l’allenamento alla rassegnazione e a contentarsi di ciò che passa il convento non manca. E le cose stanno ancor peggio di quanto non si pensi perché le contraddizioni interne al sistema sia su scala globale che europea finiranno in pochi anni per esplodere lasciando spazio ad ogni specie di avventure, né di destra, né di sinistra, in località fine della storia, in braccio a qualche liquida d’alto bordo. E certamente con una grande decrescita per i ceti più poveri. Vale a dire la mercanzia che offre oggi la socialdemocrazia, alias riformismo, alias bandiera bianca incorporata nella dotazione di servizio.
Molto lentamente mi sono avvicinata al tuo blog e mi spiace: mi sono persa molto. Recupero di certo perche’ mi piace leggerti. Ciao,65Luna
Rivoluzioni? Da che mondo è mondo.. solo quelle con il “culo” degli altri!
I “bulletti di Bruxelles” potrebbero rimpiangere amaramente ciò che stanno facendo alla Grecia (già fatto all’Italia che ha un debito pubblico anche più alto) se con la loro politica faciliteranno nel Mediterraneo la presenza una base militare di Putin insieme al metanodotto da 2 miliardi di dollari!
a sto punto non ci si venga a parlare di politica piuttosto che di pastroccfhi politicanti, o di etica sociale, collettiva… qui siamo in presnza di politicanti , direi specialmente in itaGGlia che si comportano come asociali o
sociopatici verso le classi subalterne!
La soluzione era semplice: implementare al 100% il programma di Salonicco con un decreto immediatamente esecutivo e cautelativamente bloccare gli spostamenti di capitale all’estero non motivati da reali esigenze di scambi commerciali supervisionando o contingentando al contempo il ritiro di depositi bancari da parte dei privati. Tempo tecnico per realizzare questa soluzione: un paio di giorni al massimo. In due giorni Tsipras e Varoufakis avrebbero cambiato gli scenari perché a quel punto erano gli avversari a dover reagire a un “fatto compiuto” del tutto lecito in democrazia: rispettare gli impegni presi con gli elettori.
Purtroppo Tsipras e Varoufakis non erano stati messi lì per implementare ma per temporeggiare, che è un’altra cosa.
Non credo che Tsipras e Varoufakis siano due burattini nelle mani dell’UE.
Probabilmente hanno cercato di trovare una soluzione, ma l’avversario da affrontare era troppo forte.
Non parlo dei bulletti di Bruxelles, deboli con i forti e forti coi deboli, ma della grande finanza, che tira i fili della politica europea e che può scegliere il modo migliore di distruggerti: una bella vendita di titoli di Stato, una sommossa popolare finanziata dalle Ong di qualche banchiere, un prelievo forzoso stile Cipro oppure in casi estremi un imprevedibile incidente in bicicletta, auto o aereo a scelta.
Mettiamoci il cuore in pace, il sistema del capitalismo finanziario può solo crollare per implosione interna; il potere economico di cui dispone, derivante dalla possibilità di creare denaro all’infinito, e il collegamento col potere militare americano, sempre pronto a spedire eserciti dove gli interessi dei banchieri sono minacciati, garantisce allo 0,1% di happy few un futuro libero da minacce esterne.
Soggetto rivoluzionario? E chi potrebbe creare un soggetto rivoluzionario oggi se non il capitalismo, come del resto ha sempre fatto? I soggetti rivoluzionari non sono mai esistiti, questa è la realtà che neppure le più fini menti hanno il coraggio di ammettere a sé stesse. Ogni “rivoluzione” nella storia è stata pianificata contro qualcosa che dava fastidio all’avanzata del capitalismo. Quando sui media leggiamo di rivoluzioni arancioni, verdi o d’altro colore molti di noi hanno ormai capito da chi e perché queste pretese “rivoluzioni” sono sponsorizzate, tuttavia abbiamo una certa resistenza ad applicare il nostro disincanto anche al passato. Ci rendiamo conto che non esistono più eventi genuini e che i giornali sono pieni zeppi di fiction, dalla Grecia all’Ucraina, ma stentiamo a riconoscere che anche il passato non è fatto di eventi genuini e che, anzi, allora creare delle fiction era incomparabilmente più facile. Perché non solo le rivoluzioni non sono quello che sembrano ma lo stesso concetto di rivoluzione è un’invenzione di marketing politico ante litteram per trascinare la gente a sbarazzarsi dei poteri tradizionali (il clero, gli zar ecc.) facendo un grande favore ai nuovi poteri emergenti e facendo credere al popolo che il potere sarebbe finalmente passato nelle sue mani.
Per quanto riguarda Tsipras considero patetici o disinformati i tentativi di farlo credere uno che ci ha provato in buona fede, un politico volonteroso ma forse un tantino un po’ ingenuo. Tsipras è invece uno scelto dall’alto, come tutti gli altri che si affacciano in politica. Ma la cosa che lo condanna di fronte al tribunale delle persone razionali sono le sue stesse affermazioni. Il prima e il poi, le cose che ha detto e promesso per andare al potere e le cose che ha detto o ritrattato dopo che aveva preso il potere. Grazie ad internet chi sa il greco (ma anche chi non lo sa e magari si limita ad usare uno dei vari traduttori automatici esistenti) è in grado di capire che faccia di tolla sia stato Tsipras. I greci che soffrono sono i primi ad adorarlo e non si rendono conto della falsità senza scampo di un signore che avrebbe potuto tranquillamente adottare per decreto molte delle misure che aveva promesso nel manifesto di Salonicco ma che ha invece temporeggiato in modo da prendersi il Guinness dei primati del dolce far niente politico nei primi 6 mesi del suo mandato. Ed ora farà pure qualcosa di buono ma solo perché la Troika glielo approverà (se glielo approverà!). Ah, giusto, dimenticavo. Tsipras (e il fido Varoufakis) qualcosa di positivo sono riusciti ad ottenere nei primi sei mesi: cambiar nome alla Troika che adesso si chiama “le istituzioni” (tezmòs), habitus linguistico a cui tutti i greci si sono istantaneamente uniformati per cui di Troika non si parla più (non a caso “ipocrisia” è una parola greca!).
Le nuove misure proposte seppelliscono di nuove tasse i greci (con qualche piccolo correttivo favorevole in casi particolari) e, soprattutto, seppelliscono l’idea che esistano dei leader europei al potere o all’opposizione in grado di fare qualcosa di diverso dall’imbrogliare il popolo. Non illudiamoci quindi né con i Grillo né con i Podemos. Anzi, illudiamoci così ci sentiremo tutti meglio.
Sia pure con tutte le limitazioni dovute alla non-conoscenza diretta, Fidel Castro e Che Guevara non credo fossero stati scelti dall’alto. Ne’, almeno in gran parte, Lenin, o, per andare un po’ piu’ indietro, Robespierre. Quanto a Syriza non credo fosse necessario chiamare in causa l’oracolo di Delfo per prevedere come sarebbe andata a finire (http://wp.me/p2e0kb-1Jq). Alla storia lasceranno il nobile retaggio di un primo ministro senza cravatta edi un altro ministro con la camicia fuori dalle braghe. Perfetti simboli della societa’ dello spettacolo.