Anna Lombroso per il Simplicissimus
Chi come me non aveva partecipato all’edificante liturgia parademocratica delle primarie del Pd, si è doluto di averci rimesso amicizie, di essere stato tacciato di stolido snobismo, accusati di stare aristocraticamente appartati, in un accidiosa superiore marginalità, quella di chi per eccesso di critica preferisce il disincantato disimpegno e le dimissioni dalla responsabilità civile.
Avevamo ragione noi invece a non lasciarci incantare da una sacra rappresentazione, evocativa di partecipazione, festosa come una scampagnata domenicale, consolatoria come un rito di riconoscimento ed appartenenza. Il partito che aveva cancellato con l’articolo 18 lotte di anni per le garanzie e i diritti, il partito che con la manomissione sobria e silente della Costituzione aveva cancellato la sovranità dello Stato, il Partito che con la delega a Monti aveva cancellato le funzioni della politica e del parlamento, esigeva una cambiale in bianco, la sottoscrizione di un patto di ferro da parte dei suoi simpatizzanti rinviando al dopo, al dopo-dopo Berlusconi, al dopo tecnici, al dopo eclissi della democrazia, l’avvio delle grandi riforme, istituzionali ed economiche, che dovevano traghettare il paese fuori della crisi politica, economica e sociale. E infatti chi votava alle primarie, a quell’incantevole, occasionale simulazione che doveva riscattare dal disincanto della democrazia mediante una fila ordinata, era vincolato moralmente a sostenere il Pd nel suo percorso elettorale, di “lotta e di governo” con un atto di incondizionata fedeltà, la sottoscrizione di quella carta d’intenti che aspirava ad essere qualcosa di più del contratto con gli italiani di Berlusconi, un impegno che andava mantenuto nelle urne, quelle vere, ben oltre quel disinvolto spot di pubblicità progresso, anche se significava aderire a quello che puntualmente si è verificato, mettersi sotto padrone, e proprio quel padrone in contrasto, sia pure indeterminato ed esile, al quale avevano coagulato identità e consenso.
Va di moda la distruzione della carta, senza nemmeno riciclaggio, Carta costituzionale e carta di intenti, schede elettorali e referendarie, nella grande discarica del post democrazia, ridotte a rifiuti e come tutti i rifiuti soggetti a essere rimossi pudicamente, nascosti vergognosamente, accantonati castigatamente, perché non facciano tornare in mente idee di libertà, visioni di certezze e lavoro, desiderio di diritti, bisogno di legalità.
Da tempo abbiamo smesso di esigere autocritica dal piccolo irriducibile esercito dei notabili, intenti all’esercizio di disdicevole e risibile arrampicata su specchi sempre più impervi, disperati cialtroni aggrappati alla zattera di un sistema elettorale che ha garantito loro la sopravvivenza e di una illegalità resa legittima dal disfacimento dell’assetto democratico, dal leaderismo più bieco, dalla privatizzazione dei partiti e della politica, con l’indiretto sostegno di funzionali ribelli integrati, pronti al voto per carità di patria o malintesa lealtà, proprio come gli italiani persuasi della necessità del consenso in nome della necessità, incuranti delle classifiche di Trasparency che identificano i partiti come motori e “nutrienti” della corruzione. Figuriamoci se possiamo aspettarci autocritica dai loro elettori, dai militanti che si compiacciono del semplice esercizio del mugugno, di simpatizzanti ridotti tardivamente ad antipatizzare, contigui per disperazione, diserzione, piccoli interessi, voglia di “esserci” comunque, che sperano di essere redenti dai cinguettii di Civati, dalle “palestre” del montiano Barca, dalle acrobazie tardive di Cuperlo, dalla realpolitik briccona di Renzi.
Che poi chi sa più chi sono quei freddi contenitori arrangiati, messi su alla bell’e meglio intorno al proposito illusorio di un maggioritario egemonico e bipolare, inteso a una pacificazione arrendevole dei contrasti, regole e licenze, padroni e operi, pubblico e privato, destra e sinistra. E è sempre più volatile l’identikit dell’elettorato, sempre più esiguo, non più delimitato dalle antiche e sempre più esaurite fedeltà, non più strutturato intorno a interessi affini o appartenenze sociali e culturali, frastornato da un dissenso che non si esterna con un clic sul mi “spiace” non ancora previsto dai social network.
Sono come tutti gli italiani tramortiti dalla perdita di ogni certezza, annichiliti dalla scoperta, con la miseria, che i loro bisogni non sono rappresentati o testimoniati da nessuno, intimiditi dalla prevalenza del ricatto come sistema di governo. Eppure oltre il ricatto c’è il riscatto, se si fa sentire la propria voce, se si fa pagare la slealtà commessa rompendo patti antichi e facendo a brandelli la carta, quella vera, Costituzione e schede, che sono nostre.
Mi dispiace Kinder ma i tuoi “antisonomica”, “epitome” e “concetto polisemico” nulla hanno potuto contro i “simpatizzanti ridotti tardivamente ad antipatizzare”. Per la verità, anche la “pacificazione arrendevole dei contrasti” ti surclassa nettamente. Però, con impegno, costanza e un po’ più di creatività, ce la potrai fare. Non ti scoraggiare e insisti: sei sulla buona strada.
sono d’accordo su tutto, con una riserva: Berlusconi è un volto prestato a rappresentare se non un’indole certo un comportamento antropologico, presente della nostra autobiografia nazionale, furbizio, istinto all’accomodamento, trasgressione di comodo, disinteresse per regole cui si trasgredisce dandosi giustificazioni. Ha contribuito largamente a legittimarlo e consolidarlo, insieme allo sdoganamento di altri vizi e purtroppo anche di qualcosa di peggio, autoritarismo, razzismo, disprezzo per leggi e rappresentanza
Quando al seggio farlocco della presa per i fondelli delle primarie, oltre ai due euro, questi ineffabili peracottari imposero, ai gonzi che felicmente facevano la fila per assecondare quella parodia di democrazia, di sottoscrivere un documento-capestro ove si accettavano tutti i diktat della Troika (un vero e proprio manifesto della Destra più becera e antisonomica), mi sono chiesto (nel mandarli dove meritavano, in quel posto dove non batte mai il sole…): e questo sarebbe il programma del CentroSx? Un’epitome dei più triti luoghi comuni della Destra liberticida oramai in discussione nei posti che contano?
Vi sono due tipi di elettore medio del PD (Pacco Doppiopacco):
a) il pidiota che ancora se la beve e crede che questa banda di falsari della politica stia lì a “liberarci da Berlusconi”…
b) il reazionario-riformista che…”Berlusca è il male minore, piuttosto che quel populista di Grillo”, insomma gli scalfarotti dei miei stivali.
Un partito, o meglio un comitato d’affari, un’accozzaglia di buoni a nulla pronti a nulla, calabraghe, cacasotto che non avendo uno straccio di idea, né d’ideale, né di niente (sempre rifugiandosi dietro la chimera del concetto polisemico di riformismo, che vuol dire tutto, quindi nulla, ma è buono per acchiappare i tordi che ancora lo votano), hanno “pensato” (pur limitatissimi nella facoltà suddetta) bene di far proprie le idee della loro controparte (si fa per dire…) politica, tanto che oramai il Capo di questa brancaleonesca coalizione di utili beoti è Re Silvio. Forse Berlusconi I è al tramonto (vedremo), se gli va male in Tribunale ha già il salvacondotto per qualche isola paradisiaca delle Antille (senza trattato di estradizione con l’Italy, ‘of course’…), stando a quanto sostenuto da Antonio Martino in queste ore, ma già ne è pronto un clone: Berluschino Renzie (ecco cos’ha prodotto un ventennio di berlusconismo inoculato nelle viscere degli italidioti!).
In ogni modo, dopo il Congresso del PD (Poveri Derelitti), si dovrebbe tenere la pantomima delle primarie, che (spero vivamente) andrà semi-deserta, perché per fortuna il numero dei gonzi, nonostante tutto, tende ad assottigliarsi. Da lì potrebbe finalmente partire la fine di questa banda di ruffiani che hanno infangato tutta la storia della Sinistra italiana e l’inizio di qualcosa di più credibile.
Sperem…