Anna Lombroso per il Simplicissimus
Nel novembre del nostro scontento illuminato è vero del licenziamento di Berlusconi operato dalla vendicativa cancelliera, ma subito rientrato nelle tenebre della crisi, che ha espresso dei dubbi è stato irriso, contestato, accusato di essere un pericolosi disfattista, insomma un incontentabile professionista dell’insoddisfazione.
Improvvisamente invece vige il silenzio, i fan del governo tecnico con potere sostitutivo della politica, gli entusiasti dei sacrifici come motore non si sa come di sviluppo, i folgorati della severità e dai loden improvvisamente tacciono. Quelli irriducibili richiamano a un temperante pazienza, gli altri proprio come al circolo Pickwick preferiscono parlare del tempo – non del cambiamento climatico, argomento anche quello sottoposto a un cauto attendismo – dell’eclissi della satira senza Berlusconi, dei cari gatti di casa. Oddio anche questa è probabilmente una, sia pure traversale, manifestazione di fedeltà al governo, impegnato a tassare vincite, accanirsi sui pensionati costretti a burocrazie bancarie impervie, a imporre balzelli sul trinciato, insomma a darsi alla vecchia disimpegnata retroguardia invece di aggredire le rendite, affrontare l’evasione, colpire le lobby parassitarie, ribellarsi a talloni di ferro col tacco a rocchetto.
L’aspetto più penoso di questa autocensura è che colpisce soprattutto quella che una volta sbrigativamente avremmo chiamato la “sinistra”, una volta, quando c’era qualche traccia di identità e di identificazione riconducibile a sempre più pallide stelle polari. Ma che oggi è rappresentata soprattutto da quell’anima opaca del paese, remissiva anche nel desiderio, che alla critica ha preferito stabilire un rapporto intimo di complicità con un sentire prepolitico – o forse postpolitico – irrazionale e irriflessivo. Quella che rifiuta l’onere del consistere, la pesantezza del giudicare e dell’essere giudicato, che rifugge la scissione tra quello che si è e quello che sarebbe meglio essere, che soprattutto preferisce la autoassolutoria delega alla faticosa responsabilità.
Quella che pur con schizzinoso distacco si è consegnata allo sbalordito sfaldamento della realtà trasferendo la facoltà di produrla alla nuda potenza della immagine e della narrazione, fino a poco tempo quella illusoria del benessere oggi quella perentoria e coercitiva, ma persuasiva, della necessità che vince su tutto.
Ci sarà certo un ingrediente penitenziale cattolico, ci sarà un istinto all’affidamento a gente apparentemente pratica e molto autoreferenziale, ci sarà la malia dell’eutanasia della sinistra preferendo al faticoso processo di radicamento nella società l’ecumenismo di “cani e porci”, ci sarà l’ebbrezza di partecipare in gran numero all’estinzione di quell’aggregato di culture critiche che dal fascismo in poi, aveva esercitato la funzione di baluardo o meglio di antidoto intellettuale e che oggi sembra evaporato, anche grazie alla perentoria egemonia mediatica. Ma si sta consumando una penosa liturgia di rimozione della verità, della responsabilità e della cittadinanza democratica, una incorporazione ubbidiente nel “potere” attraverso una delega in bianco, siano i professorini, siano i due carolingi, siano gli avventurieri del gioco d’azzardo finanziario.
Se oggi Prometeo se potesse venirci in aiuto dovrebbe accendere le nostre esistenze rabbuiate con una luce, quella della politica.
anonimo 1 sarei d’accordo cone te su basta destra e sinistra, se una delle due categorie nella latitanza dell’altra, non fosse davvero viva e vegeta con il suo patrimonio tradizionale di populismo autoritarismo disprezzo per lo stato e le istituzioni democratiche razzismo e xenofobia.
anonimo 2, si è proprio così nello sfaldamento sociale è maturata grande confusione sotto i cilei, ma è sicuro che i privilegi restano nelle mani di chi è solito detenerli
Completamente d’accordo con Anna. Aggiungerei però che fra i sostenitori del cadavere decomposto di ciò che FU di sinistra, ci sono anche gli appartenenti ad una classe che ha poco da temere dagli ultimi eventi. Persone che davvero possono occuparsi d’altro perché nella posizione di non rischiare nulla. Gente che con la sola presenza ha avvelenato e contribuito a snaturare profondamente posizioni politiche un tempo ben diverse. Pensionati d’oro di ciò che fu di sinistra che ora pasteggiano al coperto con i suoi avanzi, dopo aver tradito tutto tranne che la classe di appartenenza.
Un giornalista indipendente americano (Mark Ames, direttore di exiledonline), per nulla tenero qualsivoglia partito, ebbe a definire il ruolo del partito democratico statunitense (di cui l’omonimo partito nostrano è una copia in tutto e per tutto) come il dover raggruppare l’opposizione alla destra finanziaria e renderla inoffensiva, neutralizzandone il voto – che altrimenti potrebbe finire a qualche movimento di opposizione reale – e assicurandosi che non disturbi lo status quo. Il tutto con una metafora: di un vampiro che carica la sua vittima in auto, lo prosciuga di ogni goccia di sangue, e poi ne abbandona la carcassa a bordo strada.
Basta ragionare di destra e sinistra: come negli USA, qui c’e’ il partito unico finanziario, mimetizzato in due o più “partiti” che non sono altro che correnti dello stesso potere. Le elezioni ormai sono sciocchezze buone solo a mantenere l’illusione.
La sinistra è morta vent’anni fa assassinata dai suoi stessi dirigenti, che si sono affrettati a venderne il cadavere in cambio di attici a Manhattan e barche a vela.