Anna Lombroso per il Simplicissimus

Ci sono avvenimenti che fanno srotolare quel groviglio di filo spinato che abbiamo in gola, che sciolgono l’iceberg piccolo o grande che ci alberga dentro, che ci fanno sembrare praticabile la profezia laica di un mondo ospitale, addomesticato, solidale.

L’appuntato scelto della Guardia di Finanza Giuseppe Casuccio: “Spostavo la barra a destra e a sinistra, ma il timone era impazzito, il barcone andava per i fatti suoi. Vedevo gli scogli avvicinarsi, non ho avuto altra scelta, ho lasciato la marcia ingranata e ho aspettato l’impatto, ma sapevo che l’elica in movimento ci avrebbe in qualche modo “ancorati” evitando che la barca si rovesciasse. Poi è successo il finimondo”. Giuseppe Marotta  sommozzatore della Guardia costiera: “Non potrò mai più dimenticare gli occhi di quei bambini, alcuni di pochi mesi, che mi venivano lanciati dal barcone. Quando li staccavano dalle braccia del padre o della madre iniziavano a gridare o a piangere dalla paura e a me venivano i brividi”. Marco Persi, tenente della Guardia di Finanza: “Abbiamo creato una catena umana d’emergenza e mano nella mano abbiamo cominciato a salvare uno ad uno i migranti sul barcone. Solo le grida dei colleghi che ci dicevano “stanno finendo, stanno finendo” ci hanno dato la forza di tirarli fuori. E quando abbiamo saputo che erano tutti vivi, tutti, è stato uno dei momenti più belli della nostra vita”.

Leggevo in questi giorni Martha C. Nussbaum che a proposito di giustizia, giustizia attiva e ingiustizia inattiva, quella che fa sopportare l’iniquità, cita Cicerone: vi sono quelli che per desiderio di tenere custodite le loro sostanze o per una tal avversione contro gli uomini, dichiarano di attendere solo ai loro affari. Costoro, se sono esenti da una specie di ingiustizia, incorrono però nell’altra: disertano l’umana società perché non conferiscono ad essa né amore, né attività, né denaro”.

Certamente questa accidiosa indifferenza non è grave quanto la professionalizzazione della disumanità.  Oggi sappiamo che gli sbarchi hanno un mandante. Si chiama Zuhair Adam, è un alto ufficiale della marina libica, che fa parte di un gruppo di ufficiali  venuti in Italia all’epoca dei respingimenti per partecipare ai corsi di formazione sulle tecniche di pattugliamento. Chiamiamola protezione incivile: la missione di organizzare la logistica dell’infamia e della vergogna è stata affidata a qualcuno che ha maturato competenza cinica e criminale,  proprio in casa dell’amico del cuore di Gheddafi.

Ma io credo che tra i diritti se ne debba  annoverare uno “obliquo” oggi messo in discussione: quale tipo di aiuto le persone hanno il diritto di aspettarsi dagli altri qualora abbia luogo un torto. E quale sia in questo caso il nostro dovere umano. Non impedire un’offesa non è paragonabile a un’aggressione attiva? Non è ingiustizia sia pure passiva non impedire una ferita, una prevaricazione, una sottrazione di diritti? e l’astensione quindi non diventa un danno inferto agli altri?

Ormai esercitiamo una irreprensibilità che sconfina nell’accidia e nell’indifferenza e applichiamo questa astensione, dai reati ma anche dall’impegno, anche nel riconoscersi in una comunità, nel vivere nella polis, nel tutelare diritti e dignità.

Schierarsi,  realizzare l’idea stoica dell’invulnerabilità del volere il bene dalle contingenze anche a proprio rischio, oggi produce eroi, piccoli e domestici o grandi loro malgrado. Si ricordano oggi le vittime del terrorismo e celebriamo degli uomini che ben oltre un dovere malretribuito hanno molto semplicemente esercitato umanità salvando altri uomini.

Non dovremmo avere bisogno di questa  grandezza che affiora come fiumi carsici, non dovremmo avere bisogno di figure tragiche ed epiche, basterebbero piccoli uomini, basterebbe una normale appartenenza alla civiltà e all’umanità, capaci di rivendicare i diritti di libertà, in grado anche di attuare resistenza individuale agli ordini dell’autorità che tenta di violarli, così come di superare gli interessi individuali per promuovere cittadinanza solidale e responsabile e costruire un patto sociale. E di annettere ai nostri progetti di vita, proprio per allontanare la minaccia della barbarie, il contributo altissimo e laico della spiritualità, della morale e della politica: scambiare la domanda di quantità con quella di fraternità, equità, ospitalità, compassione, convivenza.