In qualsiasi Paese avanzato c’è una divisione di compiti non solo tacitamente accettata, ma anzi favorita: la scuola nei suoi vari livelli fornisce la formazione di base e specialistica, mentre, mentre il mondo del lavoro dà una preparazione specifica.
Quanto più un paese è avanzato, tanto più questa distinzione si fa netta e per ragioni piuttosto ovvie: le aziende vogliono conservare dentro le loro mura procedure, modalità, metodi o tecnologie proprietarie e per questo sono disposte a pagare un periodo di apprendistato. Inoltre la complessità della conoscenza rende pressoché impossibile fare uscire dalle aule persone già pronte ad affrontare attività complesse.
Ma in Italia con un sistema produttivo micronizzato e spesso di basso livello si sta tentando di ridurre la scuola a un’ancella aziendale, al solo scopo di assecondare il basso livello di entrambe e di produrre qualche futile risparmio contabile alle imprese. Non a caso gli esempi portati di questo circolo virtuoso scuola-lavoro, appartengono all’ Ottocento, in situazioni assolutamente diverse dalle attuali e che semmai richiederebbero tutt’altre modalità.
Ma questo attacco al sapere forzatamente generico della scuola che si traduce in cultura, sia pure fragile, non è bastato. Non è bastata la “rivoluzione” ottusa della Gelmini che giunge dopo anni, se non decenni di decadenza dovuti all’incapacità del Paese nel suo complesso di comprendere le sfide del futuro. Una chiusura e una paura che si aggiunge al sospetto che l’ideologia liberista nutre verso qualunque formazione che possa contraddirla e che non sia solo funzionale al ciclo produzione-consumo. Salvo che un mondo migliore non possa essere individuato in un comodissimo al di là metafisico.
No, non poteva bastare. E così il premier in prima persona si è incaricato di demolire anche l’aspetto educativo della scuola pubblica, quel prodotto nemmeno troppo voluto, che scaturisce anche soltanto dallo stare insieme e dal seguire un minimo di regole. Pure quel viatico così tenue alla cittadinanza consapevole, è risultata molto fastidiosa per il premier e il suo circolo politico-massonico-affaristico che non sa che farsene, che teme la possibilità che qualcuno si accorga delle offese alla propria vita. Loro vogliono pessimi cittadini, aperti alla ingerenza delle loro esistenze e individui solo nei minima moralia.
In un paese come il nostro ricattato e vessato, si cerca con ogni mezzo di promuovere l’ignoranza di massa. Non serve una scuola attenta alle problematiche sociali, dove conta avere delle opinioni personali, dove si sviluppa un sapere non slegato dalla realtà, ma con essa connesso,dove conta molto il senso critico la curiosità, la voglia di affrontare con consapevolezza la vita. Una scuola così incute paura bollata come covo di terroristi che va smembrata e ridotta al lumicino. Ci hanno provato così tanto che oggi la scuola sembra tutto tranne che un luogo d’apprendimento e di conoscenza. Hanno cominciato con accorpare classi con un minimo di 30 alunni impossibile da seguire. Si sono presi il lusso di ridurre gli insegnanti tenendo bloccate le graduatorie, annullare il tempo pieno, cacciare gli insegnanti di sostegno. Insomma hanno fatto come con l’asino che prima gli riduci la biada aumentando il lavoro. Poi gliela togli del tutto fino a quando l’asino muore.C’è un attacco concentrico al sistema pubblico, illiberale e demagogico, in quanto il nostro sistema scolastico ha sempre funzionato e ha sfornato diplomati e poi laureati che la società non ha assorbito attraverso cicli produttivi in quanto i posti migliori servivano per gli amici e gli amici degli amici . Ora non paghi, parlano ancora d’abolire la Storia come materia d’insegnamento e quel che è peggio non favoriscono nessun ricambio, in quanto licenziano e forse assumono persone vicine ai loro intendimenti, promuovendole e facendoli diventare presidi.La scuola pubblica riflette in pieno questo decadentismo voluto. Si sono trasformate in luogo di parcheggio temporaneo e i giovani sono sempre meno motivati, lasciati a se stessi a coltivare un degrado che li riduce al silenzio. L’unico ideale sembra diventato quello dei soldi dei guadagni facili e delle furberie che ti aiutano a scavalcare gli altri. La deregulation assoluta ,la sistematica capacità di aggirare regole e promuovere l’ingiustizia. Ed è un’ingiustizia avere al contempo scuole dotate di ogni confort dove l’apprendimento viene impartito in Italiano e in Inglese, con palestre, giardini per la ricreazione e chi più ne ha più ne metta. Le leggi della segregazione razziale le stanno applicando alla scuola pubblica idonee solo per i figli dei nullatenenti. Dall’altra c’è quella dei ricchi e non importa se un figlio di nessuno abbia più capacità del figlio del riccone. L’importante è stopparlo fare in modo che non riesca ostacolarlo e farlo vivere come un reietto. E’ davvero l’apoteosi di uomini che vivono, pascolano e s’ingrassano nella repubblica del bunga bunga.
ne fa talmente tante, ne succedono talmente tante che non so gli storici come faranno a raccontare il ventennio del sottosviluppo.