Anna Lombroso per il Simplicissimus
Non mi è mai piaciuta quella moda dei titoli tutti uguali che a ondate vengono ecumenicamente sparati in apertura dai giornali. Ma oggi quello mutuato da Marquez ci starebbe proprio bene, perché oggi è ancora una volta il giorno del golpe annunciato dal nostro rais in delirio di onnipotenza, come accade all’altro suo amico sull’orlo dell’auspicato precipizio.
“È necessario procedere ad una riforma costituzionale, che finora non siamo riusciti a fare perché nemmeno all’interno della nostra maggioranza eravamo riusciti a trovare l’accordo», parlando a Milano a un convegno della Confcommercio, il Premier dichiara con perentoria sicumera il suo intento eversivo. Lamenta le lungaggini nell’approvazione delle leggi, si duole di tutti gli intralci all’azione del governo, specie da parte di «chi interviene anche se non dovrebbe farlo». «Quando il governo decide di fare una legge, questa prima deve passare dal Quirinale e subire il vaglio di tutto l’enorme staff che circonda il capo dello Stato, staff che interviene puntigliosamente su tutto” .
Per Berlusconi è un vero affronto quello che è costretto a subire da quel cappio al collo, purtroppo solo virtuale, rappresentato dalla Costituzione. E dover passare sotto le forche caudine umilianti dei controlli dei poteri e delle istituzioni democratiche.
Sapevamo che in lui e nei suoi “famigli” alberga una vena ribellista , non amano sottostare alle leggi che ostacolano il loro dinamismo. Con buona pace delle gerarchie ecclesiastiche non piacciono loro nemmeno i dieci comandamenti a soprattutto non vogliono sottostare nemmeno alle regole del Rabbi Hillel che aveva la curiosa abitudine di aggiungerne sempre qualcuna alla prima, da loro fortemente osteggiata: non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te.
La Costituzione poi è proprio una gabbia, un monumento arcaico che sarebbe opportuno abbattere, come le statue dei tiranni una volta tirati giù dal trono. Così intanto per tenersi in esercizio ogni giorno trasgrediscono ad ogni articolo dell’ammuffita impalcatura di questa fastidiosa democrazia, a cominciare da quello che recita: l’Italia è una repubblica fondata sul lavoro, passando per non rubare, non desiderare la donna d’altri in una nobile gara a chi trasgredisce di più e meglio.
Il loro modo di erodere dalle fondamenta una Costituzione fortemente connotata da un approccio ugualitario (non per niente è nata dalla resistenza all’antifascismo) consiste nel confermare continuamente che c’è chi è più uguale degli altri. Ci sono cittadini più uguali, quelli che soggiacciono alle regole dell’affiliazione, dei quali si riconoscono come virtù l’appartenenza , la fedeltà cieca, l’affidabilità. Con effetti che si ripercuotono sul piano morale e ben più sul piano politico con l’erosione dei valori del pubblico interesse e nella sostituzione dell’interesse generale con quello particolare, con le sue intese opache e scellerate, con una circolazione di favori, prebende, prestazioni – ormai sempre più frequentemente sessuali -, corruzione e test di fedeltà cui gli ammessi vengono sottoposti apparentemente in un clima leggero e goliardico di compagni di marachelle, ma che nasconde una combinazione di feroce competizione e servilismo, sopraffazione e prepotenza, nella quale padroni e sottoposti sono legati da un vincolo di corruzione e dipendenza, regalie e intimidazioni, complicità e minacce.
Il dinamismo disinvolto e irrispettoso delle regole, approssimativo e confuso, che nasconde dietro il polverone delle misure d’emergenza e delle opere faraoniche, l’assenza di un disegno organico di crescita del paese e il pervicace inseguimento del profitto personale e del business del presidente imprenditore, non può tollerare che gli vengano opposti limiti vincoli ostacoli, così è dal 1994, che il premier e i suoi ci sfidano e irridono la democrazia manomettendo, svuotando, erodendo principi e capisaldi della democrazia rappresentati dalla carta costituzionale.
Se qualcuno aveva dei dubbi sul disegno golpista di questo aspirante tiranno e sulla sua yubris, oggi può prendere atto della sua dichiarazione di intenti esplicita e chiara. Non ci sono dubbi sul suo disegno autoritario. E non ci devono essere più dubbi sulla necessità con ogni mezzo di difendere non un simbolo, ma un bene essenziale per la nostra democrazia, per la cittadinanza, per la nostra libertà, per l’autorevolezza delle nostre istituzioni.