
Negli anni ’80 un intellettuale francese, passato su posizioni liberiste, Jean François Revel, scrisse un saggio sulla conoscenza inutile, ovvero su quei fatti che sono noti, scritti, diffusi, ma che non arrivano all’opinione pubblica, che misteriosamente non sembrano avere efficacia nell’orientare idee e umori delle persone.
In parte ciò è dovuto allo sbarramento mediatico, al rumore di fondo dell’informazione, ma io credo anche alla disponibilità di ascolto che nasce da fattori emotivi oltre che razionali.
Ne abbiamo una prova con le rilevazioni di WikiLeaks che in gran parte riguardano cose che già si sapevano o si sospettavano o erano facilmente deducibili, ma che non avevano la forza di penetrare e di fare opinione. Apprese invece come rivelazione di un segreto, lette altrove cominciano ad avere una qualche efficacia. Ed è per questo che la caccia ad Assange si fa più stringente e i media internazionali si preoccupano per il fatto di essere stati spodestati dall’esclusivo rapporto di mediazione con l’opinione pubblica.
In Italia proprio in questi giorni abbiamo un caso di scuola della conoscenza inutile. E’ uscito un libro in cui si dimostra che Bossi è stato effettivamente iscritto al Pci, cosa che il leader della Lega aveva sempre fermamente legato. Ma che l’Umberto fosse stato comunque vicino a pariti o movimenti di sinistra era noto e pubblicato decine di volte come dimostrano, a solo titolo di esempio, i due documenti che allego e che risalgono uno al 2008 e l’altro addirittura al ’93:
Così come era ampiamente noto che Bossi fosse un bugiardo assoluto e un cialtrone che alla prima moglie aveva detto di essersi laureato in medicina (con tanto di festa di laurea) e di svolgere la sua opera al Policlinico di Pavia, mentre se ne andava in giro per bar, come dimostrano questi due articoli una del ’94 e il secondo più recente, del 2004:
http://www.corriere.it/Primo_Piano/Politica/2004/11_Novembre/11/bossi_stella.shtml
Ricordo bene di aver letto le stesse cose in una lunga intervista sul settimanale Oggi alla fine degli anni ’80 o inizio ’90 (purtroppo non sono riuscito a recuperarla) nella quale la prima moglie raccontava per filo e per segno queste disavventure. Eppure nonostante la rivista avesse il proprio pubblico proprio nel cuore del futuro elettorato leghista, non sembra che la cosa abbia avuto la minima efficacia. Scrivi e riscrivi, ma la notizia non “arriva”, non sembra disponibile ad essere elaborata.
Ecco perché si cerca in tutti i modi di bloccare WikiLeaks: non solo per ciò che pubblica, ma per la disponibilità più alta a far “funzionare” quelle informazioni.
Certo quella di Wiki è una informazione bruta, la conoscenza richiede elaborazione, collegamento, cultura. Però accontentiamoci che almeno susciti il primo elemento del processo, cioè l’attenzione. Tutto il resto temo che sia da costruire o meglio da ricostruire visto che abbiamo troppi input e troppo poco controllabili rispetto alle capacità di elaborazione. Fossimo computer saremmo andati in overflow, da esseri umani di troviamo in un labirinto.
A me sembra sempre di più che viviamo inclusi per non dire reclusi nella società della comunicazione, ed in molti casi dell’iper-comunicazione, della sovra-comunicazione. Dominati dai mass-media, dipendenti anche non volendolo. Uomini e donne sottoposti ad una giornaliera esposizione mediatica di formidabili proporzioni. Al tempo stesso disponiamo di una scarsissima base informativa, soprattutto quella che studia la capacità di auto-informazione, legata ad azioni e attività informative. E quindi una minima quantità di informazione rispetto all’enorme complessità del mondo, e sopra questa scarsa informazione, come una nebbia agitata e confusa c’è un’enorme quantità di comunicazione, cioè di messa in comune di riflessioni, commenti, interazioni su questa piccola quantità di dati che subiscono un enorme trattamento e spesso una potente manipolazione.
WikiLeacks contribuisce alla fornitura di dati ma non sono sicura che contribuisca alla conoscenza, all’accesso e alla partecipazione. Per questo la ritengo utile forse necessaria,ma non sufficiente. Forse, sembrerò retorica, perchè non ha contenuti “etici”