C’era una volta la rettifica. Oggi c’è la minaccia, il deferimento, l’utilizzo di siti istituzionali per insultare. E’ il magnifico clima di amore del berlusconismo che si è insinuato nell’informazione e che rivela la sua semplice, barbarica radice: quella di eliminare ogni dissenso. E ogni correttezza.
Lo vediamo bene in questi giorni nel clamoroso assalto alle libertà più elementari. E non solo negli eventi che meritano la prima pagina, che riguardano la televisione, totem e tabù del Cavaliere, ma anche in dimensioni minori, nelle pieghe meno evidenti, nella carta stampata.
Così l’umorale Brunetta ha usato il sito del ministero della funzione pubblica per insultare due giornalisti, Paolo Biondani e Olga Piscitelli, che sulle pagine de L’Espresso hanno pubblicato un servizio sulla drammatica mancanza di medici negli ospedali italiani. Una situazione dovuta anche a iniziative dello stesso ministro.
Ancor prima che l’articolo fosse pubblicato il premio nobel fallito ha cominciato a sparare le sue bordate. Non ha chiesto smentite, semplicemente perché non poteva contestare alcun dato dell’articolo, si è limitato a mostrare i muscoli, ad intimidire, arrivando persino a presentare un esposto all’ordine dei giornalisti, una “lamentatio” priva di qualsiasi sostanza. Se non vogliamo considerare tale la sconcertante realtà di un ministro che ritiene ogni critica come una lesa maestà. Termine che per sua fortuna non ha un diminutivo.
Non è mancato il generico invito a “studiare” che Brunetta fa spesso come si conviene a qualsiasi buon professorino salito in cattedra grazie a potenti appoggi e sanatorie e con un h-index pari a zero. Forse sarebbe il caso che fosse lui a studiare i rapporti fra stampa e governanti nel mondo anglosassone: non dovrebbe essere molto faticoso, potrebbe farlo mentre “traduce” i saggi degli economisti americani.
E’ anche per questa arroganza tanto più evidente quanto più vuota e incarognita che domani andrò a fare anche io un servizio contro Brunetta, qualcosa che non potrà contestare. Sarà una semplice X.