Chiare, fresche e dolci acque … già se c’è una battaglia di per sé  limpida e comprensibile per il cittadino è quella per mantenere pubblica la gestione delle reti idriche. Una battaglia giusta sotto molti punti di vista, ma anche efficace, capace di imporre all’attenzione degli ipnotizzati nazionali, una battaglia dell’opposizione.

Ma mica vogliamo rinunciare all’understatement, al sussurro, alla vocina flebile, vero? Guai al mondo. Prima degli interessi della propria base, prima persino di una cinica considerazione elettorale, vengono le esigenze dei vari apparati locali del partito, una lunga e defatigante opera di mediazione e di compromesso che dovrebbe poi tradursi in una proposta di legge.

Perciò il PD dice bel no al referendum “che non è la strada giusta”. Non lo è, secondo Bersani, per la scarsa efficacia e l’alta probabilità che non si raggiunga il quorum. Bella forza: non c’è dubbio che sia difficile ottenere un successo, però almeno ci sono delle possibilità, mentre una proposta parlamentare ne ha zero su zero. E tutti lo sappiamo.

Ma poi, se questa è la convinzione del segretario, cosa impedirebbe di seguire entrambe le strade? Hanno forse paura di essere accusati di incoerenza da Silvio? Tra l’altro è perfino troppo evidente che la visibilità derivante da una legge elaborata nelle segrete stanze con i bilancini degli interessi, non è paragonabile con quella che ha l’adesione a un referendum, a una battaglia generalizzata e destinata ad incontrare favore, non fosse altro che per l’aumento esponenziale delle tariffe dopo la privatizzazione.

Dio solo sa se il PD avrebbe bisogno di uscire dalle sue stanze e dimostrare che è ancora in vita. Soprattutto adesso che nel Pdl stanno emergendo clamorose fratture e c’è il rischio che l’opposizione più dura e visibile si formi al suo interno.

Invece no, devono privilegiare gli interessi e le scelte di questo o quell’amministratore, placare, assicurare, tessere tele e arrivare probabilmente a un compromesso senza né principi, né reale coerenza: acqua gasata con formule di politichese. Sempre che, sotto sotto, l’apparato di partito non sia favorevole alla privatizzazione, faccia soltanto finta di opporsi giusto per non sporcarsi troppo le mani. Del resto costerà molto lavarle dopo il decreto Ronchi.

Questo senza dire che sostenere il referendum comporta anche il rischio di dover scendere in piazza e si sa che il PD è molto restio a farlo: qualcuno potrebbe ricordarsi della sua esistenza. E’  il primo partito al mondo che si ispira al Fu Mattia Pascal.

Ma ironia a parte è evidentissimo che quando si arriva a ritenere prioritari gli interessi di apparato rispetto non solo alle richieste del proprio elettorato, ma anche alla visibilità generale e alla possibilità di guadagnare in termini di consenso, si è in presenza di una malattia grave. Di un’anemia paralizzante.

Mai come in questo è vero che il sangue non è acqua. O viceversa.