Lettera aperta ad Antonio Ricci che tenta un po’ grottescamente di rigettare su altri il degrado dell’immagine femminile di cui è stato invece un pioniere. Testo da inviare a ufficiostampa@mediaset.it
Sabina Ambrogi per il Simplicissimus
Caro Ricci,
ti difendi dall’alto dei tuoi miliardi berlusconiani e lo fai modello Sallusti: principe dei moralisti fai la morale a tutti, chiamandola satira. E questo ti rende un’ancor più mesta espressione dei tempi. Nella tua megalomania da perseguitato (che somiglia tanto a qualcun altro) continui a contrabbandare la manifestazione del 13 febbraio come espressione del quotidiano la Repubblica fatta contro Berlusconi e contro… le veline. Se solo mentre nuoti nei metri cubi di denaro del tuo deposito ti fossi informato delle mille facce della manifestazione e delle mille ragioni, e quali correnti infinite l’abbiano attraversata avresti avuto pudore dei tuoi imbrogli.
Ma come il padrone, ce l’hai a morte con un quotidiano da 600 mila copie contro gli 8 milioni di martellamento di cui disponi. Hai mandato un tuo redattore a mostrare a Finocchiaro, Bindi, Savino, e Dandini una qualsiasi delle immagini di inserzionisti di tv e di quotidiani, contro i quali da anni ci battiamo, facendo vedere, nel servizio di Striscia, che invece si trattava di una foto di Repubblica. Le persone interpellate erano disgustate dalla foto. Come disgusta del resto il 90% della rappresentazione delle donne oggi. Inserzioni che finiscono in contenuti televisivi, televisioni che copiano le inserzioni, inserzioni che infestano le strade. E’ un solo discorso, un flusso ossessionato e univoco. Anche se, non serve un genio, per capire che la televisione ha la responsabilità maggiore. Del resto, se così non fosse, non si spiegherebbe un simile accanimento contro due programmi di informazione settimanale sulla Rai. Non solo avete imbrogliato il filmato di Lorella Zanardo usando le sue stesse parole contraffatte, mostrando a milioni di persone che Lorella si dissociava dal suo impegno, cosa mai avvenuta, ma col servizio di ieri avete mostrato quanta paura vi fa la sempre più crescente impopolarità delle veline o altre donne in -ine, al punto che annaspate come disperati per azzerare ogni protesta. Ti fanno guadagnare le veline eh Ricci?
C’è da dire che quando blogger e attiviste e associazioni protestano con gli inserzionisti che danno da mangiare, e molto bene anche a te Ricci, ricevono da anni puntualmente risposte deprimenti tipo: “è roba da vetero femministe (essere femministe per gente rimasta agli anni’50 deve avere dei risvolti angoscianti ), “è roba da moralisti”, “ è ironico” (il più gettonato), fino al must “ ma le modelle sono libere di posare con il culo all’aria”, come se una foto fatta per vendere una saponetta a più persone possibile, improvvisamente, diventasse una questione privata tra industria e modella. E come se la stessa immagine declinata nella stessa maniera da anni e diventata l’unico modo per comunicare alle consumatrici fosse frutto di una trovata creativa straordinaria, e unica soprattutto. Fateci pace una volta per tutte con questa cosa: le donne non devono essere liberate sessualmente. Da nessuno più ormai. E’ così. Siamo usciti dagli anni’70. Da un pezzo. Le donne si devono guardare semmai dai rigurgiti anni ’50, dai vari Ferrara che tentano di fare carriere politiche occupandosi di libere scelte delle donne, o dei vari prelati che dicono che “ se sono violentate è colpa loro”, o dalle varie Santanché “in quanto donna e madre” ,come da tutto il moralismo parrocchiale della tv italiana. Il minimo comune denominatore della manifestazione del 13 è stato anche il senso di vergogna provato dalla collettività. Sicuramente il fattore scatenante e ultimo è stato il presidente del consiglio e un esecutivo che dovrebbe occuparsi delle donne (maternità, asili, assistenza agli anziani, carriere, accesso al lavoro: hanno appena aumentato le rette alle mense degli asili che significa che chi non lavora, sta a casa ad accudire figli, e il 53 % delle donne in Italia sono disoccupate). Invece paghiamo un presidente del consiglio e un parlamento di fannulloni per sostenere e giustificare uno che si occupa con le donne, e che paga profumatamente. Negandolo, perché moralista. Alcuni pezzi della sua privata catena di montaggio li fa invece pagare a noi. Natalia Aspesi che moralista non è, ma con uno smaccato gusto del paradosso, alle Invasioni Barbariche, affermava che tutto sommato: “fare la prostituta di alto bordo” non doveva essere mica così male. E molte donne infatti stanno capendo come mai incontrano tante difficoltà malgrado meriti e grandi competenze se il sistema di reclutamento legittimato da governo e esecutivo è appunto quello della prostituzione. Quindi siamo passati dalla libertà di prostituirsi al dovere di prostituirsi. Le veline e derivati in -ine rappresentano, ovvero comunicano come messaggio a milioni di spettatori da trent’anni una donna che non esiste, che non ha competenze, che è decorativa. E soprattutto non rappresenta le donne italiane, infinitamente più avanti rispetto alla redazione di Striscia che è rimasta agli anni 80 e ci sta ancora liberando sessualmente. Non ci sono tracce né di ironia né di spettacolo (Heather Parisi faceva spettacolo ad esempio) né di necessità. Questo malumore diffuso ha fatto dire alla Aspesi che donne così utilizzate ( cioè pagate per non essere competenti) sono come “animali da circo”. Appunto, servono a captare l’attenzione e intrattenere, un prodotto del marketing dell’imbroglio, grazie al solo fatto di muoversi istericamente nello stesso modo. Cioè quello che Repubblica e come ben sai tutti gli altri quotidiani riceve dagli inserzionisti, per te, è invece contenuto, sul quale non solo non operi nessuna scelta, ma lo hai incentivato, allargato, reso catena di montaggio. E hai fatto pure peggio. Con effetto straniante, le due povere veline sono state catapultate fuori dal loro ruolo decorativo. Vestite stavolta con camicetta rosa e rouches e inquadrate non più dal sedere hanno recitato il testo scritto per loro, che le ha rese ancora più tristi. Hanno precisato alla Aspesi che non vogliono fare la prostitute. E chi aveva mai pensato questo di loro? Ma il fondo del barile, senza nemmeno più il barile, è stato toccato quando hanno detto che così: “ si offendono le loro famiglie”. Quindi hanno detto di essere brave ragazze, cosa che nessuno aveva mai messo in dubbio, manco fossimo dei Sallusti o dei Ricci qualsiasi, ma l’hanno pure ributtata sulla famiglia. Manco fossero Berlusconi che parla al clero. Per le famiglie delle ragazze, invece consigliamo i commenti sotto i video di you tube, per vedere che sentimenti familiari e per nulla violenti, ispirino. E per niente frutto appunto del moralismo.
Comunque grazie ai tuoi imbrogli Ricci tutti gli inserzionisti sono chiamati in causa. Compresi quelli di Striscia, e ci auguriamo si concluda al più presto la stagione delle -ine per dare spazio alla modernità del paese.