La tattica è sempre quella ormai da parecchi anni o almeno da quando la teoria della catastrofe climatica è diventata l’unica ammissibile e praticabile: se le temperature sono inferiori al normale si fa finta di niente, si tace sulla circostanza e se qualcuno lo fa notare si dice che però altrove ha fatto più caldo e dunque mediamente il riscaldamento globale come dogma non può essere smentito. Invece se al contrario ci sono temperature più alte allora si drammatizza e non si va a cercare dove fa più fresco, vale a dire in questo caso nella regione sahariana., ma si prende tutto come la prova dell’imminente catastrofe che può essere evitata solo attraverso la rottamazione dell’economia reale.   “La situazione è terribile, l’asfalto stradale si scioglie sotto le scarpe, le persone sono colte da malore per , gli impianti di aria condizionata stentano a produrre fresco sufficiente” scrive un giornale tedesco. Ma si trattava dell’estate del 1979 che peraltro era stata più calda dell’estate più bollente e siccitosa del secolo, ovvero quella del 2003, dove in Italia non piovve praticamente per quasi 5 mesi. Quest’anno delle anomalie erano attese ( anche se non rivelate)  visto che è uno di quelli sottoposti alle bizzarrie della  Niña ovvero del raffreddamento delle acque nell’area del Pacifico equatoriale che porta siccità e caldo in alcune zone del pianeta, ma tempeste in altre. Ad ogni modo questo riguarda più che il clima i cicli meteorologici di cui non si comprende ancora bene la dinamica, ma è chiaro che l’atmosfera catastrofica va assolutamente mantenuta per non far calare la tensione e così a seguito dell’ondata di caldo viene immediatamente iniettata una dose di isteria collettiva per le conseguenze del caldo record.

Il fatto è però che la drammatizzazione serve in qualche nodo a deformare i dati di realtà anche se l’ondata di calore dovuta all’anticiclone africano esiste realmente. questa isteria è presente al massimo grado in Gran Bretagna dove sembra che si avvicini all’apocalisse ( strano che il governo non sembra avere  paura di quella nucleare) , eppure secondo un recente studio del Lancet Planetary Health , tra il 2000 e il 2019  con  numerose estati calce si sono verificate in media 65.000 morti in eccesso all’anno in Inghilterra e Galles associate al freddo, ma meno di 800 all’anno associate al caldo. In altre parole, circa 80 volte più decessi all’anno sono associati al freddo piuttosto che al caldo. Non c’è ragione di ritenere che queste cifre siano – a parità di condizioni sociali e di morbilità –  molto diverse da altri Paesi posti più a sud perché per esempio tutta l’Europa continentale, compresa l’Italia del nord è mediamente più fredda o molto più fredda  dell’Inghilterra e del Galles in inverno, anche se certamente un po’ più calda nel pieno dell’estate. Ad ogni modo leggendo questo rapporto non si può fare a meno di considerare che che l’aumento del costo delle bollette causato da molti fattori, ma anche, se non soprattutto dalla pazzesca idea dello zero netto in quanto ad emissioni di Co2, potrebbe comportare  molte più morti rispetto alle “prove” di  riscaldamento globale come vengono considerate questa ondate di caldo, perché moltissime persone dovranno tenere al minimo o addirittura spenti i riscaldamenti Dopotutto siamo una specie tropicale e molti esperimenti hanno dimostrato che senza vestiti la temperatura alla quale non sentiamo freddo stando relativamente fermi come accade per esempio di notte è compresa tra 27 e 28 gradi.

Insomma in mezzo al caldo e alla sua insistita narrazione rischiamo molto di più di morire di freddo: se l’interesse dei governi neoliberisti fosse quello di difendere i cittadini dalle temperature estreme, puntare allo zero carb e dunque all’aumento stratosferico dei costi dell’energia è la migliore strategia per ottenere una maggiore mortalità “climatica” per così dire. Sempre ovviamente che i morti per freddo non siano politicamente corretti e dunque non contino nulla.