download (1)I numeri, per fortuna degli elettori, non lasciano scampo alla dirigenza del Movimento 5 stelle: rispetto alle politiche di un anno fa solo il 38 per cento ha riconfermato il proprio voto, un altro 38 per cento non è andato alle urne, il 14% è passato alla Lega, il 4%  al Pd e il 6 per cento si è ripartito fra le altre proposte politiche in campo. Come si può facilmente arguire visto anche  il tipo di competizione elettorale, i tentennamenti continui del governo Conte,  i grossolani errori di comunicazione, lo sfilacciamento delle promesse, la pressione enorme del mainstream, hanno fatto molto meno danni della conversione a un vago quanto inconsistente altro europeismo, sostenuto anche con epurazioni  e isolamenti. Di fatto questo ha significato non solo la resa totale a Bruxelles, ma anche il conseguente abbandono di programmi e promesse possibili solo con una certa elasticità di bilancio. Che poteva essere chiesta visto che altri Paesi come la Francia ne godono e che la Ue non è precisamente un fortino inattaccabile.

 

Perché i Cinque stelle non lo abbiano fatto, subendo per giunta l’offensiva parolaia di Salvini, anti europeista a chiacchiere in quanto e praticamente solo sul tema dell’immigrazione come si addice a un neocon, rimane ai miei occhi un mistero doloroso perché era evidente anche a un bambino che le oligarchie continentali non avrebbero mai e poi mai concesso un qualche passaporto di credibilità al movimento anche di fronte alle bandiere bianche e a un intero banchetto di rospi inghiottiti , che sarebbero andate avanti come schiacciasassi perché hanno bisogno di marionette, non di infidi prigionieri. Ora possiamo anche ritenere che il ceto dirigente sia stato impari al suo compito, che certi impiegati di concetto messi a a giocare al premier, non siano precisamente ciò di cui ha bisogno il Paese, ma la cosa era talmente evidente che viene da chiedersi se davvero chi conta dentro questa forza politica abbia qualcosa a che fare con l’elettorato o se non sia stato già portato sull’altro fronte. E’ un dubbio che viene anche sapendo che in fondo i fili sono tirati dalla Casaleggio associati che di fatto gestisce la rete, che Grillo è di fatto scomparso, che non esiste più quella sorta di comunità politica che si era creata agli inizi. Come ho avuto modo di dire più volte tra l’ira dei fan a tutti i costi, l’espansione stessa del movimento doveva essere accompagnata da una ristrutturazione interna a cominciare da una passaggio della discussione e della selezione dai bit dei meetup e dei blog alle assemblee territoriali, dove ci si guarda negli occhi e le idee, le proposte, le parole d’ordine si confrontano in corpore vili e non in provetta.

Nei giorni scorsi avevo scritto che in caso di superamento del 30 per cento e di crollo dei Cinque Stelle  la Lega avrebbe voluto incassare tutto il premio favorendo elezioni anticipate in autunno in maniera da saldare in veste di padrona il fronte europeista con le destre. Per ora Salvini smentisce (ma questo lo farebbe in ogni caso) e addirittura dice di non pensare nemmeno a un rimpasto di governo. Però ci si dovrebbe chiedere se sia una buona cosa per il movimento che nulla cambi e che si tirino sospiri di sollievo per la magnanimità di Salvini : l’occasione potrebbe essere invece ghiotta per sostituire ministri rivelatisi inefficaci e inattendibili, con altri migliori, per sostituire tecnici come Tria con personaggi meno palesemente legati a Bruxelles e a portare la Lega a condividere le responsabilità finanziarie. Naturalmente questo non conviene affatto al capo della Lega  che dimostra proprio nel non chiedere un rimpasto di governo di puntare ad elezioni anticipate.