Anna Lombroso per il Simplicissimus

È sicuro, all’Italia piacciono i record. Se prima ogni lardo di Colonnata, ogni pistacchio di Bronte, ogni palazzo municipale, ogni monumento rupestre in Val Camonica, ogni trullo, ogni orto botanico, poteva a ragione aspirare ad essere annoverato nell’elenco dei patrimoni irrinunciabili dell’umanità, se potevamo rivendicare di detenere il primato con più siti inclusi nella lista dell’Unesco, adesso potremo passare alla storia per un’altra eccellenza, nera, stavolta, tanto vergognosa che grida vendetta al cospetto del passato, del presente, del domani.

Proprio come per gli ispettori della Michelin che si presentano in incognito per levare via una forchetta a chef improvvidi che sbagliano la cottura delle cape sante e fanno impazzire la sauce bernaise, si attende la visita sotto copertura degli inviati dell’Unesco a Firenze, per indagare se la città meriti ancora il doppio riconoscimento che la colloca nel prestigioso inventario: il suo centro storico e  le Ville e i giardini medicei.

Le attenzioni sono puntate sul processo di alienazione del patrimonio edilizio storico e monumentale pubblico e privato, messo all’incanto a prezzi vantaggiosi con la promessa di cambiarne la destinazione d’uso a scopo commerciale, alberghiero e residenziale di lusso, compresa la dotazione di garage sotterranei (21, 6 nel sito Unesco), come era stato propagandato con tanto di siti, materiali pubblicitari, presenza in fiere del mattone, dall’agente immobiliare a Palazzo Vecchio, pronto a vendere non sogni, ma solide realtà.

Ma mica si scava solo per i garage dei condomini di lusso: da anni il succedersi dei bellimbusti del Giglio magico ha in animo di scavare come le talpe per realizzare  una linea tramviaria nel sottosuolo del Centro storico,  oltre che una rete di  tunnel nell’area Fortezza da Basso/Santa Maria Novella: per l’Alta Velocità, sotto la Fortezza da Basso e Piazza della Libertà; per la nuova stazione ferroviaria AV, sotterranea e a ridosso del torrente Mugnone; per le varie gallerie veicolari utili al transito in superficie della tramvia.

Certamente fare largo a una nuova cittadinanza più abbiente, più desiderabile, più elegante impone di espellere quella vecchia, immeritevole di vivere a sbafo in un posto così straordinario. Il processo avviene in due modi, attuare una sistematica politica degli sfratti, cruenta e esplicita, per trasformare il tessuto abitativo del centro in una cittadella di alloggi turistici, B&B, residence. E rendere la vita impossibile agli sgraditi abitanti, ai tediosi indigeni, ai superflui residenti da chissà quante generazioni, che avevano preferito non andare a Rignano,  tagliando i servizi amministrativi, scolastici, assistenziali, limitando la mobilità pubblica, alzando i prezzi degli alloggi e degli approvvigionamenti, riducendo ancora di più le spese di ordinaria manutenzione, in modo che i crolli del Lungarno diventino un’emergenza permanente da sfruttare per convertire l’eccezionalità in profitto, speculazione, corruzione.

E siccome la loro utopia, proprio come la loro lotta di classe, si muove al contrario, disegnando distopie che vanno contro l’interesse generale e il bene comune, trasformerebbero volentieri la città del sole in un complesso di quelli tirati su dal loro urbanista di riferimento, non Mussolini, faro del costruttore Marchini, no, per quanto…, ma il cavaliere di Arcore, che ha voluto replicare su scala i mostri mitologici di Edilnord a Segrate, anche all’Aquila post terremoto.

E come valorizzare la nuova Firenze (vi ricordate che il reuccio quando era podestà lanciò un concorso di idee, malgrado la sua idiosincrasia per ogni tipo di produzione dell’attività di pensiero, con tanto di logo e slogan, in modo da farla finalmente conoscere perfino in Cina?)? se non trasformandola in una combinazione di Eurodisney e Luna Park paesano, privatizzando i luoghi pubblici, perfino quelli di culto, in location per “eventi” aziendali, generando mostre e allestimenti in favore di sponsor, investitori e collezionisti senza alcuna cura per  le ricadute pedagogiche e l’interesse culturale, se non quello di alterare e condizionare le quotazioni del mercato dell’arte grazie a una cornice  unica e illustre.

Sono queste le aree di crisi sulle quali è puntata la superciliosa attenzione degli ispettori. Si sa che stanno arrivando. Tanto che Nardella, il sindaco diversamente Renzi, ha messo in atto un coup de théâtre: invece di far passare l’increscioso sopralluogo sotto silenzio, ha scelto di annunciare lui stesso, con spavalda trasparenza, il rischio che corre la città, mettendo a parte cittadini e istituzioni delle cause, ma soprattutto delle misure che ha in animo di avviare perché i visitatori se ne vadano soddisfatti e la città conservi il suo appeal e la sua posizione.

Presto fatto: nelle more delle critiche sollevate all’amministrazione dall’Unesco c’è anche l’utilizzo inappropriato delle Piazze del centro storico, con spazi espositivi, mercatini, strutture commerciali, “fuori scala rispetto all’equilibrio architettonico degli spazi”, insomma, come qualsiasi turista e molti residenti lamentano, luoghi sacri dell’arte e della storia sono retrocessi a suk, insediamenti non effimeri di bancarelle e commerci che nulla hanno a che fare con la tradizione artigianale della città.

E è proprio là che il dinamico peracottaro n.2 interverrà: i tunnel si scaveranno, gli immobili, se vuole il cielo, si venderanno, i parcheggi trasformeranno Firenze in un simpatico groviera coi buchi per soddisfare sorci avidi e scriteriati, i residenti se ne andranno per far posto al gotha del consumo turistico più dissipato, una Tav, tradito il sogno di arrivare a Lione in meno d’una ora non si sa a far cosa, si potrà vantare con gli amici. Ma almeno, grazie a una tempestiva ordinanza sono già stati proibiti i tappeti stesi a terra  con su le merci etniche, gli spacci di kebab e i mercatini.

L’ometto è radioso di essere andato controcorrente, rottamando il buonismo di tanti che non hanno regolato presenza e attività commerciali dei molesti e sciatti extracomunitari, inglesi compresi forse, proprio quelli che hanno contribuito più di altri alla fortuna turistica della città. E gongola che il suo regolamento esiga anche la tutela dell’identità commerciale “col 70% di toscanità” per i negozi alimentari del centro, sicché possiamo stare tranquilli per il futuro benessere dei norcini del regime, che insieme alla finocchiona potranno spacciare il loro mecenatismo di nuovi Magnifici un tanto al chilo.

È così fiero che ha avuto il coraggio di proporre Firenze, a ridosso dello smottamento del Lungarno, come contribuente eccellente per la ricostruzione di Palmira. Perché sia chiaro, mica  vuol lasciare all’Isis e ai talebani il record della devastazione.