Anna Lombroso per il Simplicissimus
Pare siano già state raccolte 8000 firme in calce alla petizione per sospendere l’insana idea dei creativi spericolati della Rai, quel “Mission”, il reality che dovrebbe erudire, ludicamente e festosamente, sul problema dei rifugiati, quelli che arrivano – quando gli va bene – sui gommoni, sui barconi della disperazione, per essere poi legalmente respinti o reclusi in centri così accoglienti da far preferire il naufragio, in attesa che venga riconosciuto il loro tremendo stato, tanto tremendo da costituire un privilegio rispetto ad altri in fuga da fame, catastrofi ambientali, repressioni apparentemente incruente, come in un non improbabile trailer anche del nostro futuro.
“The mission” insomma si accredita come un reality umanitario, un ossimoro quindi, prodotto dalla RAI in collaborazione con l’Alto Commissariati delle Nazioni Unite per i Rifugiati (ACNUR) e l’organizzazione non governativa italiana Intersos per far raccontare la sofferenza dei rifugiati in Sud Sudan, in Repubblica Democratica del Congo e in Mali ad alcuni VIP tra cui Emanuele Filiberto, Paola Barale, Michele Cucuzza, Barbara De Rossi, Al Bano. E se non lo fermiamo, il primo episodio verrà trasmesso il 27 novembre e il secondo il 4 dicembre.
Ormai è una banalità dire che la spettacolarizzazione ha egemonizzato le nostre esistenze, ha occupato le nostre esistenze, la politica e le relazioni, che ha sostituito la reputazione con la visibilità e che il contagio tocca tutti e quasi nessuno ne è immune nemmeno le più alte cariche, ancora sussiegosamente molto comprese di passati incarichi, motivate alla sospensione di miss Italia ma non di miss gommone, magari nei panni della Barale.
Siamo nel segno della continuità: in fondo abbiamo avuto e abbiamo governi che per la riforma della giustizia si ispirano a Forum, per le strategie in materia di privatizzazione scelgono come quadro di riferimento Ok il prezzo è giusto, per la lotta alla camorra le soap con la Arcuri nelle vesti di Pupetta Maresca, per i piani per l’occupazione giovanile alla sit com, sempre disgraziatamente della Rai “Disokkupati” e per le politiche economiche a Wall Street con Gekko alias Michael Douglas.
Non c’è da stupirsi, anche se in virtù di una sconcertante decodificazione contemporanea del relativismo culturale, è stato sollevato molto scandalo intorno al gioco a premi che metteva in palio un bambino. Con sollievo, in tanti si sono sentiti esonerati da indirette corresponsabilità: succede in Pakistan, hanno diverse concezioni della vita e della morte, come stupirsi, aveva ragione la Fallaci, hanno detto, l’Islam ha poco rispetto di donne e bambini, vuoi mettere l’occidente dove invece sono tutelati e doverosamente protetti e se vengono da fuori accolti e integrati premurosamente.
Molto si è detto sui formidabili effetti della divulgazione in chiave pop o nazional popolare di messaggi, temi e contenuti civili, culturali, artistici, sui benefici dichiarati della promozione di Mozart a colonna sonora tramite spot del cognac, dell’educazione alimentare grazie alla Parodi, della rivalutazione della lingua in virtù di Benigni, della lotta alla criminalità organizzata per i tipi della Mondadori, della revisione del valore del titolo di studio a cura di Giannino.
Sarò snob ma continuo a ritenere questi fenomeni e queste procedure scarsamente efficaci, insomma poco più di prodotti odierni del kitsch, dell’uso improprio, che si esercita per superficialità, ipocrisia, o forse per estendere quel principio di valorizzazione così caro alle ideologie vigenti che promuovono le foreste pluviali trasformandole in parquet per i nostri tinelli.
Voglio dare fiducia anche stavolta all’istituto dell’appello, della firma in calce e della petizione.
Nella speranza che funzioni in questo caso, e ancor più nella difesa della Costituzione, mi avventuro in qualche modesta proposta. Che ne pensa la Rai di un bel reality sul sistema penitenziario, quanto mai attuale grazie alle misure svuota carceri e alla sentenza che ci augureremmo le riempia con qualche eccellente, lanciando un bel concorso di idee sui partecipanti, a cominciare dal papà del savoia dei sottaceti. Propongo anche una sit com per avviare un confronto sulla già tante volte postulata revisione della legge Merlin, ambientata in uan casa chiusa con tanto di olgettine, ex ministre e ministri, bei quarti di veline e virili intellettuali. E perché no, un bel Corrupty, il reality che esplora il brand più profittevole con la partecipazione di alcune personalità del settore, già ampiamente testate. Ah, non voglio dimenticare “Governo”, la fortunata simulazione di una spettacolare compagine di ministri presi dalla “strada”, come indicato con poca fortuna da Battiato, in un Palazzo Chigi virtuale, che così magari fa meno danni, per Rai o Mediaset, è lo stesso, che ormai che differenza c’è?
http://www.change.org/it/petizioni/rai-non-mandare-in-onda-il-reality-the-mission-nomission
Il format prossimo venturo è già stato deliberato da Endemol: Revolution Day, con molotov preparate con bottiglie con l’etichetta della bevanda bene in vista, cartelli e striscioni con scritte libertarie in inglese e anche qualche morto vero, tra gli sponsor ci sarà infatti anche una famosa agenzia di pompe funebri.
Cesare Ragazzi sponsorizzerà a sorpresa la puntata finale. Da alcune indiscrezioni pare infatti che al termine dei disastri emergerà vincente la figura messianica dell’uomo della Provvidenza: un ultrasettantenne bassetto e calvo che, grazie ai prodigiosi toupet dell’equipe Ragazzi, conquisterà i cuori delle pasionarie della revolution e riporterà l’ordine del fare e inizierà un nuovo sogno italiano.
Massimo riserbo sulla sua identità.
quello che mi fa vomitare,non sono i pagliacci pagati,gli autori dementi, ma coloro che hanno acquistato gli spazi pubblicitari, cosa cavolo ci si vende con finte storie umanitarie? assorbenti salvamutande? le nuove merendine? fissatore per dentiere? prodotti per l’igiene? o saponi contro i rodimenti vaginali? ho da tempo chiuso con la tv e sono sempre più contento di averlo fatto!
Ma per far arrivare alla portata di tutti sulle reti nazional-popolari le cause umanitarie, non sarebbe il caso di fare trasmissioni di approfondimento serie, con inchieste giornalistiche, invece che un reality show? Non si deve giustificare questa tendenza alla banalizzazione! Questo tipo di argomentazioni mi ricorda quella a favore di circhi e zoo: “vabbé ma almeno ci fanno conoscere gli animali da vicino, sensibilizza verso di loro, è importante per stimolare il grande pubblico al problema della conservazione”. Tutte scuse! Servono solo a far soldi, e non c’è niente e nessuno, dietro tutto questo, che abbia a cuore la “sensibilizzazione”. Se ci fosse, darebbe vita a ben altre iniziative!
Probabilmente ha ragione lei, ma nutro ancora qualche dubbio…perchè comunque finalmente arrivano alla portata di tutti e sulle reti “nazional popolari” le cause umanitarie. Mi vengono i brividi, in questo le do ragione, all’idea della spettacolarizzazione e all’idea di certi nomi al fianco dei profughi, però c’è un che di fondo che mi fa comunque dire che forse c’è qualcosa di buono anche in questa operazione…Comunque si è arrivati a pensare che certe cause sociali e certi temi possano essere proposti al grande pubblico…certo il come verrà proposto probabilmente susciterà un sacco di polemiche…