Anna Lombroso per il Simplicissimus
A volte mi succede di sospettare di certi individui troppo manierati, affettati e formali.
Sarà perché il galateo definisce l’insieme di norme comportamentali convenzionali, custodite e trasmesse mediante un codice che stabilisce le aspettative del comportamento sociale di ceti privilegiati, a scopo di riconoscimento e difesa dalla collera, perlopiù legittima, di poveri, marginali, diseredati.
Sarà perché il ceto che di più ha contribuito alla fissazione di quelle regole è quello ecclesiastico, che arriva a farle coincidere con i suoi principi morali, a sancire appartenenza e ubbidienza e non solo della comunità dei fedeli. Il nome “galateo” deriva infatti da Galeazzo Florimonte, vescovo della diocesi di Sessa Aurunca che ispirò a monsignor Della Casa quel celebre libro del “viver civile”, il Galateo overo de’ costumi, primo trattato specifico sull’argomento pubblicato nel 1558.
E infatti quel pretino che ci ha abituato a maniere melliflue, nascondendo autoritarismo e prepotenza sotto i panni untuosi dell’ossequienza ai più forti, e la mano di ferro dell’arroganza in felpati guanti di velluto, degno nipote di altro più prelatizio notabile che si vantava della nomea di Richelieu de noantri, ha sfoderato una inattesa fermezza nel rivendicare – a proposito delle sue vergognose performance di manutengolo dei kazaki e dei loro corrispondenti e servitori italiani – la sua “buona educazione”.
“Rispetto alla conduzione del governo non vorrei che su di me si commettesse un errore di valutazione: che la mia buona educazione venisse scambiata per debolezza in un tempo in cui prevalgono urla e insulti”, ha detto il premier Enrico Letta chiudendo il suo intervento al Senato.
Ma allora è vero che l’etichetta consiste soltanto in comportamenti di facciata al servizio della più squallida ipocrisia. Ma allora è vero che la buona educazione non è l’indicatore dei processi augurabili di civilizzazione di una società, bensì un’arma nelle mani di caste separate e oppressive. Ma allora è vero che il bon ton è un congegno micidiale che perpetua emarginazione e umiliazione in ceti che vogliono affrancarsi da sfruttamento e fatica, anche attraverso l’uso diligente di parole forbite, posate d’argento, buone maniere che li sollevino da solchi bagnati di servo sudor.
Ma allora è vero che bisogna tornare alla collera, alle invettive, alla coprolalia, alle parolacce e agli insulti, che avevamo rimproverato ai neo barbari: berlusconiani licenziosi, leghisti sgangherati, cinque stellati eccellenti, fascistacci triviali.
No, non è vero, è il cattivo uso della buona educazione che è proprio come il cattivo uso della buona politica. È che l’etichetta dovrebbe segnare i comportamenti severi e congrui di èlite attente all’interesse generale, come un marchio di qualità sociale, che certifica osservanza delle regole e delle leggi, a scopo esemplare e dimostrativo. È che un premier dovrebbe reclamare rispetto se se lo conquistasse sul campo con la trasparenza, l’onestà, la lealtà, lo spirito di servizio. È che non basta saper sbucciare una mela con forchetta e coltello o non apostrofare di “culona” la Merkel per ottenere credibilità, esibire autorevolezza e mostrare indipendenza. È che la buona educazione dovrebbe manifestarsi con il rispetto per i cittadini, il loro lavoro, le loro speranze, i loro soldi guadagnati con la fatica.. e la fatica bisognerebbe conoscerla sulla propria pelle per comprendere che le regole dell’etichetta sono quelle della legge morale dentro di noi, della libertà e dell’uguaglianza per essere uomini tra gli uomini, né sopra, né sotto, ma a fianco.
Vero. Le “buone maniere”, come già affermato da Norbert Elias, nascono da un confronto tra aristocrazia e borghesia a chi avesse la puzzetta sotto il naso con le narici più sensibili nei confronti delle classi subalterne. Insomma un modo più raffinato ma non meno schifoso di condurre una lotta di classe ante litteram. Ed è esattamente ciò che sta facendo la parte più livorosa, ipocrita e freudianamente irrisolta del pd in questo momento storico: dimostrare alla propria controparte/servo/padronale che dargli al morto di fame sono bravissimi anche loro. Vedasi la storia delle controriforme di Destra becera da treu in poi, nell’ultimo quindicennio. Personaggi che si qualificano da soli quali roberto speranza ne sono la sintesi più lampante. La ‘so-letta’ costituisce la quintessenza di questi ‘parvenu’ da soppressata calabra.
P.S. Oramai utilizzo la maiuscola per nomi propri di persone e personaggi che la meritano. Non utilizzo la maiuscola per personaggi minuscoli.
” Per non parlare dei sindacati che sono solo un supporto di questa politica antisociale.”
pienamente d’accordo !!!
Per chiunque sia una persona interessata al bene comune non può essere una sorpresa che un seguace di Andreatta sia arrogante e mostri tutto il livore della propria prepotenza. Purtroppo questi esponenti di questa linea politica orientata verso il prevalere del capitale sul lavoro e sui diritti dei cittadini dal 1982 hanno iniziato la loro opera per sconfiggere le rivendicazioni dei diritti dei lavoratori. Potete rendervene conto leggendo l’articolo di Augusto Graziani su Alfabeta che metteva in guardia sulle conseguenze della politica di Spadolini-Andreatta. La sinistra dell’epoca (comunisti e socialisti) non si sono opposti. Addirittura un esponente di quell’ideologia radical-liberista come Prodi è stato assunto come esponente della sinistra. Ora hanno vinto e ci aspetta solo un periodo di compressione dei salari e dei diritti a favore di una livorosa oligarchia di persone che badano solo all’interesse di una parte e che sta conducendo il paese alla vendita all’estero dei beni statali, alla riduzione dei salari reali e alla acquisizione dei beni dei poveri o di chi è ancora in grado di spendere a favore di un ristretto numero di persone. Questa politica ha generato il berlusconismo, la P2, ecc.ecc. Non possiamo più stupirci di nulla, visto che tutti quelli che militano nel PD sono complici di questa operazione contro i diritti del lavoro. Per non parlare dei sindacati che sono solo un supporto di questa politica antisociale.