Licia Satirico per il Simplicissimus

Il 29 settembre 1949 Pio XII, nell’Allocuzione ai partecipanti al IV congresso nazionale dei medici cattolici, pronunciò una dura condanna contro la pratica immorale della fecondazione eterologa: «solo gli sposi hanno un diritto reciproco sul loro corpo per generare una nuova vita, diritto esclusivo, non cedibile,inalienabile». Non è quindi un caso che la legge 40 del 2004, clero sensibile,punisca con una pesantissima sanzione amministrativa (da 300.000 a 600.000euro) le pratiche di fecondazione con ovociti o gameti non appartenenti alla coppia. Il fatto è che gli unici paesi al mondo a vietare in qualunque forma l’eterologa sono Italia, Lituania e Turchia, mentre persino l’Azerbaigian –lontano da influenze vaticane – vanta una legislazione più liberale in materia.

Ieri la Corte costituzionale ci ha dato, per qualche ora,l’illusione che le cose potessero cambiare: non solo perché nel 2010 la Corte europea dei diritti dell’uomo ha ritenuto il divieto contrario agli articoli 8e 14 della CEDU, ma soprattutto per il netto contrasto tra l’attuale disciplina e la nostra carta costituzionale. L’illusione si è trasformata in delusione:con decisione pilatesca la Corte ha rinviato gli atti ai tribunali che avevano sollevato la questione di costituzionalità, invitandoli a riconsiderare la questione alla luce di una più recente pronuncia della giurisprudenza europea. Il 3 novembre 2011 la Grande Chambre di Strasburgo ha infatti recuperato (per i capelli) la legittimità del divieto in rapporto alle peculiarità “storico-culturali” dei singoli Stati membri dell’Unione Europea.

Quella della Consulta è una decisione interlocutoria, con cui i giudici prendono tempo nella vana attesa di una modifica legislativa: è probabile che la Corte debba pronunciarsi di nuovo tra pochi mesi, sempre che se ne creino le condizioni. Sì, perché le peculiarità “storico-culturali” del nostro Paese non lasciano troppe speranze sul ripensamento di una norma insensata e crudele, che ha gravi ripercussioni sui portatori di malattie genetiche. Anche l’Azerbaigian ha peculiarità storico-culturali meno invalidanti delle nostre.

Esulta Eugenia Roccella, ex radicale libera ed ex sottosegretario alla salute: «la strada per un nuovo ricorso è tutta in salita e sembra difficile che si possa giungere a stravolgere la legge 40 in questo modo». È quasi un enigma zen: per l’abrogazione di una norma che emargina l’Italia dal resto d’Europa la strada è in salita. Per ora il divieto resta: beninteso, solo per alimentare il turismo procreativo e le discriminazioni economiche tra chi può permettersi di andare all’estero per aggirarlo e chi, invece, resta invischiato nella trama eticizzante che lo accompagna. La Roccella parla di sentenza “ragionevole”, mala presunta ragionevolezza della pronuncia non rende meno irragionevole il divieto: le pratiche di fecondazione eterologa sono sicure, non comportano la perdita di embrioni e non implicano nemmeno la violazione dei doveri di fedeltà coniugale, per la tranquillità dei cattolici.

A ridurre il pericolo di un mercato di ovociti e gameti sarebbe bastato inserire nella legge 40 l’obbligo della gratuità della donazione. I rischi “sociali” della fecondazione eterologa potrebbero facilmente essere ridotti assimilando i figli così concepiti a quelli adottivi,superando di slancio il mito sopravvalutato della paternità biologica. D’altronde, compito laico di una legge non dovrebbe certo essere quello di proibire allo scienziato di “sostituirsi a Dio”, né tanto meno quello di blindare i criteri della generazione umana distinguendo tra eletti e reietti.

La Roccella si scaglia contro la magistratura mossa da motivazioni ideologiche, dando l’impressione di parlare di se stessa (a sua insaputa?). Se il nostro fosse un paese laico dovremmo chiederci perché la procreazione “artificiale” sia meno degna di quella “naturale”, perché porti ancora in sé quel crisma di immoralità recondita di cui parlava Pio XII: lo stesso gettato dalla legge 40 sulla diagnosi embrionale pre-impianto, spacciata scandalosamente per pratica eugenetica. Dovremmo chiederci perché il nostro parlamento sia concentrato sull’embrione e non sulla tutela sociale dell’infanzia e della maternità. Dovremmo chiederci per quale ragione le gerarchie ecclesiastiche diventino interlocutori politici per tutelare le vite in limine e non si preoccupino di punire i sacerdoti pedofili. Dovremmo chiederci perché la Cei ingerisca nelle nostre questioni bioetiche aggirando il pagamento dell’Imu sugli edifici di culto. Dovremmo chiederci, soprattutto,perché attendere l’intervento di una Corte riluttante per modificare una legge che non piace a nessuno. Salvo che a Eugenia Roccella, cui consigliamo un bel viaggio in Azerbaigian.