Anna Lombroso per il Simplicissimus

Come non dare ragione all’amara ed accorata nota di Daniele Repetto sul sacerdote di 51 anni, presunto molestatore di minorenni, che si è suicidato dopo essere stato “smascherato” dalle Iene. Dice Daniele: è giusto processare e condannare una persona via telecamera? Se questo è fare informazione, sono contento di essere “uscito dal giro”.

È che sembra ormai che abbiamo attribuito un poderoso potere sostitutivo alla televisione, destituendo ed esautorando istituzioni, soggetti giuridici, “potestà”.

Che scompaia una ragazza, che si vogliano additare al pubblico le infiltrazioni mafiose al nord, la scelta sembra essere quella di sostituire il palcoscenico, la rappresentazione, la narrazione, alla realtà, e l’invettiva o la predica, alla  denuncia.

Si lo so, dirà la mia amica Luana, solo facendo così si smuovono le pigre procedure delle indagini e si risvegliano le indolenti coscienze di molti. Primi tra tutti,  quelli che per indignarsi guardano più volentieri a teatrini, saghe e format ecumenici che al mondo intorno. E senza troppo scandalizzarci allora usiamolo questo potere. Ha ragione. E ha ragione Daniele, col suo sdegno sano, a puntare il dito contro quelli che nel nostro mestiere preferiscono la spettacolarizzaziazione, l’urlo, lo scherno, senza nessun rispetto, nessuna remora, coi loro  microfoni ficcati davanti alla bocca di orfani e vedove o con le loro telecamere piazzate sotto letti e dietro i paraventi, insomma con una informazione trash che fruga, spia, mette in burla e in ceppi senza curarsi di accertare,  o delle conseguenze.

Ma mi resta l’inquietante sospetto però che tutto questo non sia “naturale” e nemmeno fisiologico. Si certo è frutto della disaffezione, della sfiducia nelle istituzione, dello svuotamento di valori e principi, della diffidenza sacrosanta nei confronti di una classe politica e dirigente motivata solo dal perseguimento del proprio bene piuttosto che di quello generale, di una trama robusta e arrogante di cricche sprezzanti del pubblico interesse,  di poteri forti indeboliti da ambizione, corruzione e da una cultura imperante che dichiara esplicitamente derisione e insofferenza delle leggi.

Ma è sicuramente anche l’effetto voluto di una precisa strategia che sul primato mediatico ha fondato un vero e proprio sistema antagonista a quello democratico, alimentato da pressioni persuasive alla sfiducia, al rifiuto delle regole viste come sterili laccioli, al  ribaldo scherno delle autorità e della Costituzione, spacciati come obsoleti attrezzi, avanzati dal secolo scorso e dalle sue ideologie,  alla privatizzazione della Carta e dei suoi principi.

In tempo di vacche grasse qualcuno si è fatto certamente convincere dalle scorciatoie di una realtà fittizia, facile e illusoria, dove mercati opachi, guadagni illeciti, scambi infami di corpi e di voti e patti scellerati di fedeltà  e affiliazione possano con profitto sostituire leggi, trasparenza, solidarietà, convinzioni, passioni e civiltà. E che un controstato fatto di discutibili amicizie, leggi e commissari speciali,  competenze poco indipendenti e molto prezzolate,  siano autorizzati a esautorare le istituzioni.

Ma ora si rivela che questa erosione dei capisaldi della democrazia, il franare di un patrimonio di idee, convinzioni, principi, l’offesa perpetrata contro la cultura, la conoscenza, la bellezza, il sapere, non pagano:  le scatole di gettoni d’oro sono vuote, si registrano defezioni anche tra i più contigui al tiranno, in vista di una auspicata catastrofe, si è elevato il livello della condanna e della generale insofferenza al despota e ai suoi metodi di governo.

Allora credo non si possa “uscire dal giro”, perché ci siamo dentro e perfino con una nota su Fb possiamo mostrare, e tu Daniele lo riveli senza dubbi,  di non essere caduti in quella trappola.  Di essere capaci scegliere se stare dalla parte giusta, quella degli offesi, della democrazia, delle leggi, del lavoro e dell’istruzione, dell’informazione e della conoscenza. Che restano armi formidabili per la difesa della civiltà e dei diritti.