Mi voglio togliere uno sfizio, perché ne ho sentite tante sul termine vaiassa in questi giorni davvero vaiassi, che alla fine mi sono lasciato andare alla mia insana passione etimologica. La parola in napoletano come ormai sappiamo, ha il significato di abitante dei bassi ( vascio) e per estensione persona sguaiata, serva o anche, ma molto raramente zoccola.

Come si vede il significato è distante mille miglia dalla figura della Mussolini  da quel suo aplomb all’inglese, dai quei suoi canottoni navigati e dal quella sua  perspicacia politica.  Diciamo la verità, vaiassi si nasce e lei modestamente lo nacque.

Ma in realtà la storia della parola è assai più affascinante degli eventi e dei personaggi che l’hanno portata alla ribalta. I “vasci” napoletani non derivano dal latino classico bassus, cioè basso, ma dal tardo latino vassus che vuol dire servo, venuto a sua volta dal germanico gwassalw (si legge guassal) che appunto vuol dire servitore. E da cui sono derivati i termini vassallo, vassallaggio, valvassore (vassus vassorum nel latino medioevale, vassallo dei vassalli).

E anche qui con la Mussolini, non ci siamo proprio: una persona così autonoma, per carità.

Naturalmente tra il significato di bassus e vassus, così come di gwassalw,  non c’è troppa differenza, anzi metaforicamente il servaggio è proprio l’essere più bassi. Ma questo non deve stupire: 3000 anni fa lingue italiche, germaniche e celtiche erano ancora praticamente la stessa lingua. Quando non eravamo caduti ancora così in vasso.