Il mondo multipolare non si fa certo fermare dalle sanzioni, anzi proprio grazie a queste si va costruendo più velocemente e così un progetto aperto da molto tempo, ma col quale si andava con i piedi di piombo, quello di un’Eurasia senza dollaro,  ha subito una forte accelerazione e venerdì scorso è stata dato ufficialmente il via  al piano per la fondazione di  sistema monetario e finanziario internazionale indipendente tra la Cina e l’ Unione economica eurasiatica formata da Russia  Kazakistan, Kirghizistan, Bielorussia e Armenia. Si crea così un’area di libero scambio dedollarizzata che da sola e senza nemmeno tenere in considerazione le aree investite dalla nuova via della seta o l’Iran con il quale si vanno saldano sempre più rapporti, riunisce oltre 2 miliardi di persone, il Paese con le maggiori risorse minerarie ed energetiche del pianeta, ovvero la Russia e quello con la manifattura di gran lunga più grande della terra ovvero la Cina. Voglio sottolineare questo perché questo sistema, nonostante l’aggressione degli Usa e il furto dell’oro russo,  ha tutte le carte in regola per indebolire definitivamente il sistema di Bretton Woods e dunque l’imperialismo del dollaro, senza il quale le cupole di potere atlantico non possono più creare pandemie e rapine in giro per il mondo.

Il patto euroasiatico sarà basato su “una nuova valuta internazionale”, molto probabilmente con riferimento allo yuan, come indice – base delle valute nazionali dei paesi partecipanti, nonché dei prezzi delle materie prime. La prima bozza di questo accordo storico sarà già discussa entro fine mese. E a quanto sembra l’interesse attorno a questa impresa di liberazione da Washington piace a molti, persino all’Arabia Saudita che potrebbe scambiare petrolio con la Cina in valuta cinese. Evidentemente Riad sta pensando che è meglio giocare tra due poli che essere legato mani e piedi a uno solo che ti può ricattare come vuole  e che forse non conviene confrontarsi con un Iran che ha alle spalle questo enorme potere reale e non solo basato sulla finanza. .

Le ragioni dell’accelerazione le ha spiegate il ministro degli esteri russo Sergey Lavrov al vertice diplomatico di Antalya tenutosi giovedì scorso: “La soluzione sarà non dipendere più dai nostri partner occidentali, siano essi governi o aziende che agiscono come strumenti dell’aggressione politica occidentale contro la Russia invece di perseguire gli interessi delle loro attività. Faremo in modo di non trovarci mai più in una situazione simile e che né qualche zio Sam né nessun altro possano prendere decisioni volte a distruggere la nostra economia. Troveremo un modo per eliminare questa dipendenza. Avremmo dovuto farlo molto tempo fa”. Questo fa comprendere come ormai la misura sia colma e che anche quando si arriverà a un qualche accordo sull’Ucraina che a questo punto è di fatto inevitabile, tanto che il primo ministro israeliano ha invitato tutti a sedersi attorno a un tavolo, le cose non saranno mai più come prima e l’impero non potrà più agire indisturbato, anche perché ormai rappresenta una fetta marginale sia di popolazione, sia di risorse e di fatto non può imporre sanzioni a tutti: le chiacchiere sul “crash dei mercati russi”, la fine degli investimenti esteri, la distruzione del rublo, un “embargo commerciale completo”, l’espulsione della Russia dalla “comunità delle nazioni” e così via, sono soltanto rivolte ai cittadini zombizzati i quali ancora non si rendono conto che le sanzioni sono in definitiva più contro di loro che contro il nemico additato dalle elite. La realtà è che i vecchi assetti di potere e le vecchie modalità geopolitiche  sono entrati in un’ agonia irreversibile e non si può pretendere di mummificarli per sempre a dispetto di rapporti di forza completamente mutati: questo porterà solo sciagure.