L’accusa di complottismo è solitamente la categoria preferita degli ottusi intellettuali e/o morali. Essa è perfetta per chi non è in grado di argomentare o non vuole argomentare per paura del potere oppure per una sua adesione ad esso: non è certo un caso che la parola stessa sia stata coniata dalla Cia dopo l’assassinio di Kennedy per designare chi non credeva alla incredibile tesi che l’attentato fosse stato opera di un unico uomo che lo aveva pensato e attuato in assoluta solitudine. Ma pur essendo un nido per lotofagi contemporanei tanto che per esempio Repubblica può dilungarsi un giorno a parlare del grande reset illustrandone le meraviglie e quello successivo a dire che si tratta di complottismo, esso è assieme all’antifascismo senza fascismo, anche il miglior rifugio dei cosiddetti intellettuali che così possono onorare il potere senza doversi confrontare né con la realtà né con la verità per continuare con i loro minuetti da quattro soldi che sono molto simili al tavolino da trucco delle belle de jour. Ma questo non stupisce affatto e per capirlo bisogna fare qualche passo indietro: già Pierre Bourdieu disse che gli intellettuali erano “un gruppo dominato della classe dominante”, gruppo che non ha nulla a che vedere con il proletariato oppure con i ceti popolari e con il loro riscatto perché in sostanza la loro merce, ovvero il capitale culturale, può essere diffuso e comprato solo dall’elite dominante e dunque deve essere funzionale e coerente ai suoi interessi. Il fatto che tali interessi in alcuni momenti possano coincidere con una rappresentazione alternativa o critica corrisponde esattamente alla drammaturgia sociale dei nostri tempi, ovvero quella del potere che crea il proprio antagonismo per poterlo controllare.

Gli intellettuali non sono nati con l’ illuminismo come solitamente si dice sulla scia di alcuni pensatori come Bauman: allora si trattava ancora di dotti, di scienziati, di pensatori, di scrittori: è solo negli ultimi decenni dell’Ottocento che si va formando questa categoria la quale forse compare in maniera clamorosa sulla ribalta storica  con il celebre “j’accuse” di Emil Zola scritto durante il processo Dreyfuss per condannare i mali della Repubblica: in quell’appassionato intervento si possono notare i due caratteri che permettono di distinguere l’intellettuale come gruppo, ovvero la critica sociale al capitalismo e la critica culturale all’ipocrisia borghese.  L’intellettuale nasce perciò intrinsecamente a sinistra: quello  di destra non è in realtà che una sorta di derivato per analogia e attribuito a uomini di cultura con qualche presenza nei media. E tuttavia già Sorel individuava in questo ceto un nemico del popolo perché  mentre si presentava come interprete e megafono del progresso sociale, in realtà faceva risaltare in primo piano questioni in qualche modo erano marginali a quella centrale, per esempio la religione, l’estetica o altri temi legati completamente alla soggettività. Gramsci a suo tempo, cercò di superare Sorel che per primo aveva individuato come dire i “difetti” di questo ceto , anzi di questa specie di clero laico da cui poi deriverò il termine chierico uiato da Julien Benda, e inventò dal nulla la figura dell’intellettuale organico alla classe operaia: invenzione geniale ma insufficiente perché per forza di cose l’organicità poteva essere riferita non a una classe, del tutto sconosciuta ai chierici organici, ma al partito e una volta finito quello la diaspora era inevitabile. E infatti a partire dagli ’80 ( con qualche anticipazione sessantottina) quando il Pci in Italia, ma anche i partiti che proponevano una via reale e non retorica al socialismo, cominciarono ad entrare in crisi assieme all’Urss, il ceto intellettuale prese ad abbandonare la critica al capitalismo, focalizzandosi esclusivamente sulla critica alla borghesia. Gli anni del berlusconismo sono da questo punto di vista un caso di scuola perché dentro una sostanziale unità di intenti con l’opposizione di centro sinistra, soprattutto sugli assetti e i diritti del lavoro, si è sviluppata un’intensa e quotidiana polemica contro il Cavaliere e i suoi pessimi costumi di vita e la cosiddetta corruzione che tuttavia apparteneva  a tutti: una sorta di epopea  attraverso la quale il vecchio Pc è riuscito a riciclarsi, uscendone come farfalla piddina. .

La convinzione di essere ancora a sinistra nasceva e ancora nasce dal fatto che una grossolana vulgata del marxismo identificava in tutto e per tutto il capitalismo con la borghesia, come fossero interamente sovrapponibili e dunque azzannando il grande borghese si azzannava anche il capitale. Mai idea è stata più peregrina e lo posso ben dire visto che questa atmosfera mi ha personalmente sfiorato per qualche tempo. In realtà però proprio questo equivoco iniziale è diventato poi l’alibi per aderire alle parole d’ordine del capitalismo, sentendosi liberi di farlo perché nel frattempo si prendevano di mira i “pregiudizi borghesi” in merito all’immigrazione  dovuta peraltro alle guerre scatenate dal capitalismo stesso, ma di cui si evita di parlare o al razzismo vero o ultimamente sistemico o alle questioni di genere che sono diventate le uniche battaglie per le quali comodamente combattere catafratti sul trono del soggettivismo assoluto. La battaglia contro la discriminazione di minoranze di qualsiasi tipo è diventato il surrogato della  tensione all’uguaglianza sociale che secondo molti pensatori, a cominciare da Norberto Bobbio era il carattere distintivo della sinistra. Ma quella eguaglianza è ormai irraggiungibile perché si fondava sulla sovranità economico – monetaria dello Stato e dunque sulla possibilità di fare politiche in senso egualitario, di creare tutele con il welfare e prevedere una redistribuzione del reddito. Venuto meno questo in nome di una omologazione planetaria sotto istituzioni non elettive e determinate dal denaro che sono ormai la buona novella della finta sinistra, viene anche meno la tradizionale dicotomia politica sinistra – destra  che è tenuta in vita grazie all’esistenza residuale di gruppi che si auto situano all’estrema destra permettendo di simulare una qualche differenza. Ma è il potere che gestisce questa commedia come si è visto in maniera inequivocabile a Roma quando è venuto fuori, dal fonti ufficiali, anzi dalla stessa ministra dell’Interno Lamorgese, che si è lasciata via libera all’assalto della sede Cgil da parte dei gruppuscoli di estremisti lasciati agire in tutta libertà per poi denigrare tutti i manifestanti. Non è certo un caso se ormai si diventa fascisti se si nega una dicotomia ormai inesistente al di fuori dello spettacolo politico messo in scena dai suoi impresari.

Così alla fine a forza di colpire i vizi della borghesia gli intellettuali e con essi anche il residuale popolo della sinistra hanno completamente assorbito il realismo capitalista che consiste nel ritenere che la struttura economica sia unica e immutabile,  Deus sive oeconomia  e che chi non pensa che sia viva nel migliore dei mondi possibili è un pazzo che va discriminato e colpito. Sì perché non è che si voglia mettere fine alla discriminazione in sé che è invece il senso stesso del sistema capitalista che si propone come battaglia da cui gli ottimati escono vincitori, ma solo trasformarne la mappa secondo i criteri della convenienza della soggettività assoluta, dove non hanno nemmeno più senso le libertà sociali e individuali, espresse nelle costituzioni, sostituire dai vaghi diritti umani che possono essere facilmente gestiti come si vuole. Le vere libertà  possono essere soppresse con un pretesto che sta diventando sempre più evidente e che arriva persino a negare le cure pur di affermare obblighi, controllo biometrici a tappeto anzi incitano persino alla censura violenta. Ed è davvero uno spettacolo patetico e ridicolo vedere la cosiddetta “intellighenzia” plaudire alle più assurde misure e alle più scoperte menzogne, per assicurarsi che il padrone compri il loro capitale culturale. Solo che così facendo, dimostrano di avere solo merce avariata e di scarsa qualità, qualcosa che tra un po’ non sarà più necessario comprare per assicurarsi il controllo delle opinioni. Saranno dei vaccinati qualunque.