La foto che vedete potrebbe sembrare solo una curiosità, una chicca simile nel concetto a quella vecchia barzelletta sulla valanga azzurra formata da Ernst Steinmaier, Alois Grunewald, Otto Pichler e dall’austriaco naturalizzato italiano Pasquale Esposito. Invece è una plastica rappresentazione della realtà: l’insieme del sistema educativo e formativo americano che tanto piace ai cretini compulsivi di casa nostra, non funziona più e deve o importare gente preparatasi altrove oppure ricorrere, come in questo caso, all’apporto di comunità in qualche modo autonome dal contesto, con una propria tradizione e spesso scuole separate e gestite in proprio come per l’appunto accade con gli asiatici e con i cinesi in particolare. Non si tratta per nulla di multiculturalità, ma del fatto che la cultura anglosassone asserragliata ormai dentro il pensiero unico e i suoi canoni ossessivi di profitto e privatizzazione e con la sua scala di valori, produce proprio questo. Né si pensi che ciò dimostri – come poteva essere ancora mezzo secolo fa – che sia la forza di attrazione dell’impero a generare queste situazioni. Nei cinque anni appena trascorsi 400 mila laureati di origine cinese, quasi sempre tra gli studenti migliori, sono ritornati nell’ ex celeste impero.
Ecco la squadra americana di matematica che ha battuto quella cinese

Ciò che fa dell’America il più ‘grande’ paese del mondo è proprio questo: accogliere, accogliere, accogliere. «Tenetevi, o antiche terre, la vostra vana pompa – grida essa [la statua] con le silenti labbra – Datemi i vostri stanchi, i vostri poveri, le vostre masse infreddolite desiderose di respirare libere, i rifiuti miserabili delle vostre coste affollate. Mandatemi loro, i senzatetto, gli scossi dalle tempeste e io solleverò la mia fiaccola accanto alla porta dorata». Scritta sul piedistallo della statua della Libertà, 1924.
Come si può approfondire l’affermazione che hanno scuole separate e vivono separati dal contesto?
I cinesi magari torneranno a casa loro ma per quanto riguarda gli italioti direi purtroppo che le cose stanno diversamente. La nostra servile classe politica sta impostando il sistema scolastico sulla base della conoscenza della lingua inglese che facendo il paio con il nostro sempre più conclamato angloamericanocentrismo punta proprio a produrre una risorsa umana predisposta per l’espatrio verso il polo di attrazione anglosassone i cui punti base sono:
– inglese obbligatorio già in prima elementare
– Riforma Madia che prevede per qualunque insegnante di qualunque materia la conoscenza a livello alto della lingua inglese.
– la normativa del Miur che prevede la pubblicazione di qualsiasi tipo di ricerca, anche quella a solo uso interno, in lingua inglese
– il Politecnico di Milano che facendo da battistrada tra le grandi università pubbliche italiane eroga esclusivamente in inglese tutti i principali insegnamenti del biennio di specializzazione. Si concede però che durante la lezione insegnanti e studenti italiani possano scambiarsi qualche chiarimento in lingua madre. Se non ci fosse da piangere bisognerebbe mettersi a ridere.
Che dice la nostra classe politica? I superpatrioti di Fratelli d’Italia auspicano in un prossimo futuro una generazione di giovani italiani che sia perfettamente bilingue italiano-inglese. Probabilmente la “sovranista” Meloni, quella che ha l’abbonamento sulla tratta Roma-Washington s’immagina e spera per il nostro paese un futuro di tipo Hawaiano.